Cambiare premesse e promesse

“Il cambiamento è il futuro che irrompe nella nostra vita” così diceva Giuseppe Nardella. L'editoriale della direttrice Cristina Lazzati (da Gdoweek n. 4)

Il cambiamento arriva, talvolta celebrato, talaltra inaspettatamente; senza invito si presenta alla porta.

Un paio di settimane fa, premiando i progetti dei giovani universitari per la decima edizione del Think Tank Award, ho ascoltato il cambiamento, l’ho guardato negli occhi dei giovani volti presenti, nei volti dei meno giovani pronti a mettersi in gioco, a cambiare le regole.

Osservando tutto questo, ho colto l’ineluttabile: cambiare registro significa fare una rivoluzione, abbandonare non solo i percorsi, ma gli emisferi in cui ci muoviamo. Cambiare il modo di insegnare, quello di assumere, i processi. In sintesi: cambiare le promesse e le premesse. Semplicità, qualcuno ha detto, è la parola chiave. Sembrerebbe facile ma non lo è affatto, le lotte di potere interne si aprono con il cambiamento, la paura frena, fa tremare i polsi, rende tutto più difficile. Incredibilmente, c’è chi oggi inneggia alla paura, la incoraggia, sostiene che sia positiva, perché rende prudenti. Io non lo credo. Al contrario, credo che la paura indebolisca, rallenti i processi e non sia in grado di fermare il cambiamento, ma lo renda un nemico, che nel tempo distruggerà chiunque abbia osato ostacolarlo.

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