Distribuzione, come rimotivare i clienti all’acquisto

Le discussioni sui cicli di vita di prodotti, processi o formule distributive sono sempre state interessanti. Negli anni '80 vi erano fior di pensatori della nostra business community che ipotizzavano un tracollo della tipologia dei cash & carry. Superata la soglia del terzo millennio, invece, la formula del cash & carry intelligentemente orientata all'horeca non solo è in auge, ma conquista gradualmente quote di mercato relative. Nell'area del dettaglio, qualche anno più tardi, altri sommi profeti del retail italiano ipotizzavano un declino “dei piccoli” preconizzando uno scenario di desertificazione commerciale (sullo stile francese) con un impero commerciale fatto dagli ipermercati padroni del mercato e la distribuzione “dis-organizzata” giocare un mero ruolo di vassallaggio. Certamente, il mercato della Da (distribuzione associata) in questi ultimi anni è notevolmente cambiato, ma ci si può permettere di osservare che, all'interno del ciclo di vita, siamo di fronte a una nuova e feconda maturità.

Le ragioni del cambiamento
Quali le principali cause di questa nuova “renaissance”? Dal lato della domanda, il contesto in cui ci troviamo vede un cittadino il cui reddito disponibile pro capite è inesorabilmente fermo da anni e soprattutto registra un reddito pro famiglia in calo. In più, ci troviamo in una situazione di frustrazione psico-commerciale: i consumi sono fermi e i desideri insoddisfatti. Inoltre vi è un progressivo decalage della dimensione delle famiglie e contestualmente un aumento delle medesime: in sintesi una numerica sempre maggiore di nuclei familiari, più piccoli e con pochi denari a disposizione. Nei comportamenti d'acquisto, oltre a una marcata polarizzazione dei redditi (e relativi consumi) sintetizziamo ulteriori particolarità: la bassa concentrazione degli acquisti, l'eterogeneità dei comportamenti intra-cluster reddituale, la frammentazione della spesa e soprattutto la non volontà di “tornare indietro” ossia a rinunciare a conquiste commerciali effettuate. Se intrecciamo queste caratteristiche a quelle degli ipermercati risultano palesi i punti di debolezza delle grandi superfici: distonia rispetto ai trend demografici, leadership di convenience sottratta dai discount e category killer. Ecco quindi dal lato della domanda il substrato nel quale una Da attenta ha nuove chance. Ma come approfittarne dal lato dell'offerta?

Approccio verso il cliente
Rimotivare la reason why del processo di shopping: “il piacere di fare la spesa” non è soltanto il claim di un'importante insegna della Da italiana, Sidis, ma deve diventare la parola d'ordine di ogni shopping expedition. Offerta meno appiattita: parafrasando un grande imprenditore del retail italiano… “un gatto non è una piccola tigre”. Ergo: scelte forti su una nuova profondità assortimentale “cum grano salis”. Nuove identità di layout per differenziare anche strutturalmente il piccolo punto di vendita. Marche commerciali premium: chi legifera che in ogni categoria vi deve essere necessariamente la marca commerciale? Promozioni “one shot” nel non-food: creano traffico, convenience e aspettative.

Funzioni d'impresa
Scelte nette e precise tra ruoli di sede e di singola impresa: le storiche duplicazioni e aree grigie raddoppiano solo i costi. Razionalizzazione delle insegne sul territorio: logiche di semplice geomarketing dovrebbero portare al monoinsegna o simile. Centralizzazione della logistica: perché il continuo proliferare di doppioni di piattaforme, perché non effettuare per esempio sharing di laboratori di gastronomia centralizzati? Monsieur De la Palisse direbbe che è ovvio, ma se la Da vuole vivere da protagonista il futuro del retail e giocare un ruolo importante nel proscenio commerciale italiano deve avere un approccio al cliente da artigiano, ma nel contempo una professionalità da industriale nella prassi, nell'impostazione e nelle funzioni d'impresa. Questa è la vera sfida, ma è anche l'unica strada percorribile.

L'approccio pentadimensionale vincente
Gli asset da trasformare in opportunità:

1) Data is power. Trasformare i dati in informazioni ad alto valore aggiunto. Armonizzare intelligentemente dati scanner, comportamentali, geografici e socio-demografici sintetizzandoli in prassi di contatto con i clienti.  

2) Fresh is better. Ripensare le piccole superfici come piccole boutique del fresco ricentrando l'intera offerta, con due parole d'ordine: servizio (ma non necessariamente assistito) e marginalità.  

3) Single. Lavorare moltissimo sulla gastronomia. Laboratori centralizzati per i piccoli pdv per avere prodotti per target minimi. Monoporzioni, take away, IV e V gamma, pane, prodotti sfusi.  
4) Private label. Sostenere continuamente i margini con un'assidua, pervicace e attenta politica sulle marche commerciali. Il centro non esiste più: polarizzare sulle categorie di destinazione e su quelle strabasiche.

5) Service-service-service. Perché la benzina costa sempre di più, ma la fila ai self-service nei distributori non cresce? Il retail deve semplificare la vita dei clienti e la variabile prezzo ritorna importante e non più vitale.

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