Granarolo si concentra e scommette sull’alta qualità del made in Italy

La riorganizzazione attuata nel 2008, con la cessione
di rami d'azienda considerati non più strategici, è
stata decisiva al fine di riportare in equilibrio i conti del
Gruppo Granarolo. Che per poter mantenere la leadership, nel sempre più competitivo mercato del latte
fresco, ed operare con successo negli altri business,
ha deciso di attuare un'ulteriore concentrazione pro-
duttiva, trasferendo nel grande complesso industriale
di Pasturago di Vernate (Mi) le produzioni di latte uht
di Novara e quelle di yogurt di Castel San Pietro (Bo).
Obiettivo: eliminare ogni possibile sovrapposizione
di costo ed investire sullo sviluppo. I due stabilimenti
saranno chiusi entro l'anno, ma “grazie agli investi-
menti, il processo di concentrazione industriale non
comporterà esuberi”, sottolinea il presidente Luciano
Calzolari
, che illustra a Gdoweek le scelte strategiche
che sottendono al nuovo piano industriale.

2009 anno nero per l'economia mondiale: come
ha vissuto la crisi un'azienda che poggia il proprio core business su un prodotto basico qual è
il latte?

Nonostante l'alimentare sia anticiclico, anche noi abbiamo avvertito la flessione dei consumi, non tanto
perché le famiglie abbiano ridimensionato significati-
vamente il consumo di latte, yogurt e formaggi, quanto
perché in molti casi hanno sostituito i prodotti di marca
con quelli a marchio privato o di primo prezzo, oppure
si sono rivolte al discount. Detto questo, non ci aspettiamo che la ripresa ci porti chissà quali benefici come
potrà essere per altri settori e, comunque, per quanto
auspicabile, prima di arrivare a incidere sui consumi
avrà bisogno di tempi lunghi. Anche perché la crisi
ha avuto un grosso impatto sull'occupazione e sarà
molto difficile risarcire i posti di lavoro che sono andati
perduti.

Anche voi avete operato un'importante ristrutturazione: con quali costi e quali benefici?
Abbiamo attuato una profonda riorganizzazione industriale, ponendo come centrale non solo l'efficienza complessiva del sistema produttivo, ma anche la salvaguardia dei livelli di occupazione. Oggi, con l'assetto a 5 stabilimenti abbiamo raggiunto il punto massimo di ottimizzazione conseguibile nell'attuale contesto nazionale. Da qui in poi gli ulteriori obiettivi di efficienza industriale potranno essere perseguiti solo lavorando sui processi interni a ciascun stabilimento, con un'azione congiunta che riguarda gli impianti, le tecnologie e la professionalità degli operatori.

Il riassetto industriale recentemente ultimato comporterà rinunce a livello di copertura geografica, o maggiori costi distributivi?

Assolutamente no, anzi abbiamo raggiunto un assetto più funzionale, e quindi una razionalizzazione dei costi. Proprio sulla logistica abbiamo un bel progetto che partirà dalla prossima primavera, del quale è ancora prematuro parlare.

Insomma, siete pronti ad affrontare il 2010 con un certo ottimismo …

In effetti, i risultati economici oggi ci sono, e come Granarolo possiamo vantare un bilancio solido. Ma come gruppo integrato viviamo due diverse realtà: se da un lato quella industriale si è assestata, quella della filiera dei nostri soci allevatori sta soffrendo terribilmente a causa del crollo dei prezzi registrato nel 2009. Paradossalmente in Italia si continua a importare latte, quando in realtà abbiamo un'eccedenza di produzione interna a causa del blocco dell'export di grana e parmigiano.

Qual è la ricetta di Granarolo per uscire da questa impasse?

Sul latte non possiamo resistere all'impatto delle private label che in pochi anni hanno raggiunto il 25% di quota di mercato. Quindi dobbiamo sostituire le quote di mercato perse nel latte fresco investendo su prodotti a maggior valore aggiunto. Innanzitutto continueremo a puntare sull'alta qualità, un prodotto che ha permesso ai produttori di latte fresco di non appiattirsi nell'area commodity. Oggi, rappresenta il 40% delle nostre vendite latte fresco a volume e ora vogliamo riversarne i plus -di qualità, italianità e affidabilità- nell'area dei prodotti trasformati: yogurt e formaggi freschi. In particolare, nel 2010 investiremo nel settore caseario, potenziando la produzione di mozzarella e stracchino Alta qualità. Abbiamo investito, in termini di risorse umane, anche sulla R&S per poter contare nei prossimi anni su dinamismo e innovazione di prodotto.

E in termini di canalizzazione?

Anche se ci sono alcune aree geografiche in cui possiamo affondare un po' di più, negli ultimi anni abbiamo ottimizzato la copertura del canale moderno, quindi diciamo che la a copertura in gdo è ormai satura. Infatti, ora intendiamo investire soprattutto sul tradizionale e sull'horeca, e in particolare su latterie e gelaterie, per le quali abbiamo allo studio una serie di iniziative ad hoc.

Problemi di marginalità con la gdo?

Diciamo che noi ci siamo attivati da subito per recuperare le efficienze necessarie: un processo che dovrebbe riguardare tutti gli attori della filiera, compresa la gdo. Inoltre, stiamo lavorando sull'ottimizzazione della logistica, ma non possiamo certo permetterci di inseguire chi propone una bottiglia di latte a 80 centesimi. E comunque non è adeguato lavorare solo sul prezzo… soprattutto sull'alimentare e in particolare sui deperibili.

A parte il latte, quali sono le aree che hanno risentito di più e di meno della contrazione dei consumi?

L'area dei prodotti funzionali ha sofferto particolarmente per via del posizionamento di prezzo, ma riteniamo sia comunque un'area strategica sulla quale intendiamo continuare ad investire. Mentre un chiaro segnale di ripresa negli ultimi mesi è arrivato dal latte biologico, soprattutto dalle regioni del Nord Italia. Anche questa è un'area che intendiamo potenziare: siamo l'azienda con la presenza più significativa in questo segmento e vogliamo sfruttare questo plus, anche perché crediamo che la domanda sia destinata a crescere parallelamente alla domanda di sicurezza. Oggi come oggi, stiamo insistendo molto sul tema dell'origine nazionale della nostra materia prima, anche perché i consumatori comprendono l'idea di filiera corta, che per i prodotti freschi è vissuta sempre più come sinonimo di qualità e affidabilità. E visto che non tutti possono vantare questo plus che invece ci contraddistingue, abbiamo deciso di giocarcelo con determinazione.

A proposito di filiera corta, ritiene temibile la concorrenza dei distributori automatici di latte fresco?
Assolutamente no, è un fenomeno già in calo. Dopo l'entusiasmo iniziale, sia gli allevatori sia i consumatori si stanno rendendo conto che quello del latte fresco è un mercato estremamente delicato, fatto di qualità e di servizio. Infatti, ci risulta che a oggi le dismissioni ormai superino le nuove aperture.

In una campagna dell'anno scorso spiegavate quanta energia siete riusciti a risparmiare soltanto alleggerendo il peso delle bottiglie: il vostro impegno nel campo dell'eco-sostenibilità continua?
Certamente. Riduzione imballaggi, ma anche impianti di cogenerazione, monitoraggio aziende agricole, ottimizzazione trasporti sia a monte sia a valle: i prossimi bilanci avranno sempre più questo taglio di concretezza in termini di comportamenti ecostenibili. Ci crediamo perché alla lunga si ottiene un doppio vantaggio: si preserva l'ambiente e si ottimizzano i costi, ma puntiamo più sui fatti che sulle parole, più sui numeri che sugli slogan. Un'azienda di marca “virtuosa” può fare molto in termini di educazione ambientale dei cittadini, ma lo deve fare con serietà, altrimenti si rischia di banalizzare il tutto.

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