Il fashion trova spazio e consensi in griffe Mdd

Praticità, vestibilità e accessibilità economica: ma dietro lo sviluppo delle private label nell’abbigliamento c’è molto altro. Obiettivo: offerta esclusiva (da Gdoweek n. 1/2018)

Non solo food: la grande partita internazionale dei prodotti Mdd si gioca anche sul fashion a marca privata, elemento emergente nell’offerta di alcune catene generaliste che, in questo modo, sbarcano in un segmento capace di un forte potere di attrazione, di riversare valore sul brand/insegna e garantire margini più interessanti rispetto a tantissime altre categorie merceologiche e contribuendo alla loyalty. Ma non è solo una questione di appealing d’insegna. Si tratta anche di tattica commerciale: per una catena generalista offrire un’offerta di abbigliamento “a marchio” equivale a costruire una barriera contro le sirene d’Ulisse rappresentate dagli specialisti del fashion online (come Zalando) e contro Amazon, che proprio nel fashion continua a crescere nel Vecchio Continente.
Secondo alcuni analisti, il settore dell’abbigliamento negli Stati Uniti varrebbe 275 miliardi di dollari l’anno e le private label lo stanno modificando in maniera rapida e profonda, scuotendo le fondamenta di una situazione competitiva che sembrava congelata da moltissime stagioni. Amazon, Walmart, Target e anche l’ultimo arrivato Kroger, stanno modificando il mercato. Due i fattori di successo espressi oltreoceano: l’espansione del cosiddetto “active wear”, ossia abbigliamento semplice e sportivo, perfettamente in target con i frequentatori delle grandi superfici, e una certa disaffezione dei Millennials rispetto al logo e alla griffe. Ultima catena in ordine di tempo negli Usa a saltare sul carro dei prodotti di abbigliamento a marchio è Kroger, che introduce Our Brand, una linea pensata per un “modern lifestyle”. Secondo alcuni analisti, il piano prevede un investimento di 9 miliardi di dollari in tre anni e introduce un cambio di direzione alla strategia di Kroger rispetto alle Mdd, visto che finora la larga parte della sua offerta riguardava prodotti food. Ma dietro lo sviluppo delle private label nell’abbigliamento c’è molto altro. D’accordo la praticità, la vestibilità e l’accessibilità economica: ma finché i valori veicolati dai capi d’abbigliamento firmati dai retailer sono solo questi, difficile pensare a una crescita delle vendite. Da questa constatazione sono partiti i retailer che hanno voluto scrollarsi di dosso l’immagine di abbigliamento a marchio come sinonimo di vestiti e accessori a basso costo e a modeste pretese. A cominciare da Asda che, attraverso la collaborazione con il designer Geroge Davies, ha creato una linea esclusiva di abbigliamento. Dopo questo apripista negli anni 90, altri retailer hanno seguito la stessa strada, affidandosi a designer e stilisti di grido che hanno legato il proprio nome a linee di abbigliamento “massive”, anche per i più piccoli. Proprio nell’abbigliamento a marchio rivolto alla fascia kids, Target ha dato vita a una case history di successo con il suo brand Cat & Jack, che in un solo anno dalla apparizione sugli scaffali ha fatturato circa due miliardi di dollari. Idem in Gran Bretagna dove, secondo la società di ricerca Kantar Worldpanel, nel 2016 sono stati spesi 3,6 miliardi di sterline per capi di abbigliamento acquistati nella gdo generalista. Oggi, Tesco, Sainsbury’s, Marks and Spencer si affidano a stilisti di fama e guru del fitness per firmare linee con contenuti qualitativi sempre più rilevanti. In Francia, a guidare la tendenza sono i grandi magazzini. Risale al dicembre 2016 la presentazione ufficiale della prima collezione di moda firmata con il brand Galeries Lafayette, nata sotto la direzione creativa della stilista Laetitia Ivanez che per lavorare a questo progetto ha messo in stand-by la sua griffe Prairies de Paris. La linea di abbigliamento a brand Galerie Lafayette offre capi dal forte contenuto stilistico, che capitalizzano il prestigio dell’insegna; in questo caso importante anche per l’effetto souvenir che sfrutta il forte flusso turistico su Parigi e l’allure che viene riconosciuta in fatto di eleganza alla capitale francese. Un plus che appare evidente nella scelta di un altro competitor, Le Bon Marché, il quale ha lanciato da un paio di anni una linea di abbigliamento a marca d’insegna con cui offre tutti gli evengreen dello stile “parisienne”, dalla maglietta a righe al trench beige, cui affianca alcuni capi che anticipano le tendenze viste dai buyer alle settimane della moda nel mondo. Per un progetto analogo la catena Printemps ha scelto lo slogan “essential luxury” riunendo la sua offerta di abbigliamento e accessori sotto l’unico brand d’insegna e facendone, in pochi mesi, il marchio più venduto nel reparto della pelletteria sia in termini di volumi che di giro d’affari. Un risultato a cui ha concorso, sicuramente, anche l’esposizione privilegiata nei punti di vendita, con spazi dedicati nei punti chiave dei grandi magazzini. Qualcosa si muove anche in Italia, dove la situazione è agli albori. Qualche tentativo era stato fatto nel passato (come la linea etica Solidal Coop firmata dalla stilista inglese Katharine Hamnett) ma senza grandi risultati. L’operazione più importante è stata quella di Carrefour con la sua linea di abbigliamento di qualità e stile a un prezzo attrattivo a brand Tex, che è stata accompagnata da un merchandising innovativo, considerato un elemento imprescindibile per rendere l’esperienza di acquisto piacevole. Così il look del reparto ricalca l’ambientazione delle boutique specializzate: uno spazio aperto e una disposizione dei capi di abbigliamento per universi concettuali (casual, urbano, sport) e con servizi innovativi e altamente tecnologici, come il camerino virtuale e il digital mirror presenti negli store di Carugate e di Nichelino. Un progetto che ha dato i suoi risultati, visto che il comparto del tessile ha visto crescere le vendite in Italia tra il 5 e il 10% l’anno. L’ultima novità è la decisione di Lidl di portare anche in Italia la sua linea di abbigliamento a marchio Esmara appena sottoposta a un importante upgrading grazie alla collaborazione con l’ex top model Heidi Klum. “Il nostro obiettivo è riuscire a trasferire anche al comparto tessile la formula commerciale vincente che abbiamo sviluppato nel food, affermandoci come player nel settore dell’abbigliamento -spiega Alessia Bonifazi, responsabile comunicazione di Lidl Italia-. La collaborazione con Heidi Klum porta Esmara a un livello superiore. Ci aspettiamo di diventare un nuovo punto di riferimento nel segmento fashion”. In Italia, l’assortimento della linea “Esmara By Heidi Klum” è entrato in tutti i punti di vendita da pochi mesi e comprende una selezione di capi dell’intera collezione. L’offerta è concentrata durante le cosiddette “Lidl Fashion Week”: settimane tematiche che si ripetono più volte l’anno in tutto il mondo.

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