Il retail visto con gli occhi dei Millennials

Dal Think Tank idee innovative e disruptive dove primeggia l’idea di ibridazione e di spazi hub. La parola ai professionisti che hanno premiato i progetti vincitori a Marca Bologna (da Gdoweek n. 2/2017)

Il mondo del retail è da sempre molto attento all’innovazione e il Think Tank Award, il progetto nato cinque anni fa da Gdoweek e dall’Università Commerciale Luigi Bocconi, ne è sempre stato testimonianza. I progetti vincitori nelle rispettive categorie, premiati quest’anno, per l’edizione 2015-2016, in occasione della fiera Marca di Bologna, sono riassunti in queste pagine: ne abbiamo parlato con le aziende e i professionisti coinvolti nella giuria, chiedendo loro di fare un bilancio ed evidenziarne le tendenze.

Gli occhi dei ragazzi rappresentano per tutte le aziende un’importante apertura verso l’innovazione. “La loro presenza è fondamentale -afferma Mario Gasbarrino, presidente e Ad di Unes-: noi adulti dobbiamo dare loro spazio e accettare qualche errore”. Rispetto ai progetti, prosegue l’Ad, “Ho rilevato la tendenza a portare sull’offline i vantaggi del digitale, con una maggiore interazione, in modo da rinnovare l’esperienza d’acquisto verso una maggiore personalizzazione. È stato interessante osservare come alcuni lavori candidati abbiano trasformato in opportunità di business il soddisfacimento di esigenze sino ad ora inesplorate in ambito retail. Inoltre, uno sforzo trasversale è stato quello di affiancare al modello di business principale altre modalità di ingaggio a volte molto distanti dall’attività primaria. Apprezzabile anche la capacità di identificare nuovi modelli a partire da settori tradizionali, senza snaturarli”. Un dato evidenziato anche da Eleonora Graffione, presidente del Consorzio Coralis: “Per assurdo, la generazione che oggi ha 20-30 anni è ipertecnologica, ma anche tradizionalista sotto certi aspetti. La proposta di format legati alla mamma e alla nonna, qualcosa di vicino e accogliente, è un segnale da cogliere”.

In questo contesto, lo store subisce una trasformazione. “Da luogo dove avviene una transazione commerciale diventa un ambiente vitale dove è piacevole ritrovarsi e vivere una vera esperienza, elemento che dà molta ispirazione per  i nostri pdv -afferma Grégoire Kaufman, direttore merci e marketing di Carrefour Italia-. Non a caso si torna ai valori della famiglia: è il contro-effetto della modernità. Un’altra tendenza è quella del cibo come benessere e cura, e l’ambiente, tendenza che si allarga dal food a tutte le categorie. Da sottolineare, l’ecosistema che si è sviluppato tra digitale e store fisico, con un rinnovato interesse per il negozio tradizionale”.

Paolo Mamo, presidente e Ad di Altavia Italia, evidenzia, invece, “la maggiore maturità dei Millennials verso la tecnologia, molto presente e mai prevaricante. Nel progetto vincitore, Hubdate, lanciano un ponte per la costruzione di un linguaggio comune con una generazione diversa”. Citando la visione Olivetti, Mamo spiega come i giovani posseggano la capacità di cambiare orizzonti e punti di vista. “Su questa base abbiamo costruito Altavia Lab, laboratorio di ricerca e sviluppo, attivo dal 2016 e focalizzato sui giovani talenti. Il tema è integrare questa creatività con il resto dell’azienda in un mix armonico di esperienza e visione. Il mio sogno è accogliere in azienda più del 30% di persone sotto i 30 anni d’età”. Certo l’autoreferenzialità rimane un rischio, ma ...“vince l’innovazione, perché un’idea veramente nuova e geniale è di per sé fattibile. E nel retail tradizionale sono spesso proprio le idee a mancare”.

Progetti complessi e accurati nella fase di ideazione e progettazione, sottolinea Francesco Morace, presidente di Future Concept Lab: “In chiave di people knowledge innovation, ho visto proposte sviluppate a partire dall’ascolto sul campo dei potenziali consumatori, sulla base di ipotesi di ricerca precise. Infine la ricerca all’ibridazione del pdv come spazi hub”. Anche la tendenza alla sintonia con l’identità valoriale dei rispettivi gruppi di lavoro viene apprezzata da Morace, accanto all’attenzione a nuclei generazionali considerati poco interessanti in passato, quali kids o senior. “Viceversa, si percepiva una certa sfiducia nell’osare format con un maggiore portato di innovazione”. Difficile raggiungere l’equilibrio tra fattibilità e innovazione.

“Ritengo  che  il  coinvolgimento  dei  giovani,  all’interno di determinati processi, sia fondamentale -dichiara Marco Bordoli, Ad Crai Secom-, perché consente a tutti di ampliare le “vedute” attraverso stimoli interessanti e creativi. In questa edizione del Think Tank sono state presentate idee brillanti che mi hanno colpito molto e di cui farò tesoro per trarre spunti di applicazione futuri”.

L’aspetto interessante secondo Giorgio Santambrogio, presidente Adm e Ad di Gruppo VéGé, non sono solo i progetti in sé, quanto “l’avere ben intercettato le esigenze di un target nuovo come i Millennials, anche a livello transnazionale. Occorre però fare sempre attenzione ad integrare armonicamente l’innovazione estrema con il mainstream e questo ruolo deve essere assunto da un top management d’esperienza e nel contempo aperto. Ai ragazzi in ogni caso suggerisco di essere maggiormente orientati non solo verso una realizzazione prototipale ‘one shot’, ma piuttosto verso qualcosa che si può replicare su larga scala. Avere una fucina di idee come questa è comunque intrigante perché permette di elaborare intuizioni che diventano nuovi progetti”. Ma allora quanto deve pesare la considerazione sulla fattibilità economica? “Poco o niente -risponde Gasbarrino-: è più importante che l’idea sia vincente e disruptive; alla sostenibilità si penserà dopo. A meno che la realizzazione dell’idea non prosciughi tutte le risorse dell’azienda”. Anche Kaufman sottolinea come i giovani facciano invece fatica a fare cose totalmente diverse: “Dov’è il sogno vero? La costrizione economica per un progetto di questo tipo secondo me non ha molto senso, mentre ce l’ha a livello pedagogico. Se facciamo il conto economico di una innovazione prima di farla vivere, la uccidiamo subito”.
Troppo ancorati a un layout tradizionale, invece: questo il parere di Eleonora Graffione, presidente del Consorzio Coralis: “Ho visto tante buone idee, ma non un progetto che mi abbia davvero emozionato. Forse la scuola è troppo ancorata al passato, e infatti spesso la vera formazione avviene in azienda. Purtroppo però, il passaggio generazionale è difficile, quindi interveniamo con corsi di formazione e occasioni di lavoro che mettano insieme le generazioni”; eppure, “Diverse idee mi sono piaciute molto -dichiara Mario Galietti, responsabile divisione Shopper Based Design di Procter & Gamble- anche se alcuni progetti che, scritti meno di un anno fa erano novità sul mercato, oggi non sono più tali perché qualcuno li ha realizzati. Nell’insieme, però, ho trovato grande maturità nel ripensare i format in chiave innovativa, a volte con elementi di ingenuità legati all’inesperienza. Ma, si sa, il retail probabilmente è uno dei business più articolati e complessi”.

Certo è che la voglia di lavorare nell’ambito del retail cresce. “Non riusciamo a soddisfare tutte le richieste che crescono molto anche per conseguenza dell’online -spiega Sandro Castaldo, Università Bocconi che di Think Tank è stato uno degli ideatori-; eppure un numero crescente di studenti dei nostri master finisce per lavorare presso le principali insegne, mentre, poco tempo fa, ad attrarre era soprattutto l’industria di marca. L’importante è che l’Università dia strumenti che possano essere implementati facilmente e non una conoscenza solo teorica”.  Secondo Monica Grosso la percezione della carriera nel retail si divide in due: da una parte i Paesi più avanzati (Francia, Stati Uniti, Uk), dove c’è domanda anche perché i ragazzi considerano la gdo uno sbocco formativo importante; dall’altra Spagna e Italia, dove esiste meno consapevolezza da parte dei giovani di questo settore economico, anche se l’interesse per il retail cresce se si parla di livello executive.  Certo è che, in questi ultimi 5 anni, il Think Tank Award ha visto una notevole evoluzione dei progetti, a vantaggio della dimensione tecnologica e della multicanalità; non sono mancati sviluppi concreti grazie sia a incubatori universitari sia all’interesse delle aziende. “Hubdate è sicuramente il progetto più interessante, perché controintuitivo -prosegue Castaldo-. Gli altri erano più autoreferenziali e focalizzati sul target del futuro, i giovani, che probabilmente tra 20 anni avranno dimenticato il format super, puntando sull’ibridazione”. Da sempre i progetti vengono focalizzati sui temi del momento, “dalla rivitalizzazione del food o alla multicanalità, un tempo nuova -spiega Grosso-; oggi, la preferenza va ad ambiti come la sostenibilità e green”.

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