Il visual è ricerca di contaminazioni narrative, un passaggio da cultura scientifica a espressività

Intervista a Paolo Lucchetta, fondatore di RetailDesign (da Gdoweek n. 17)

 

Paolo Lucchetta, fondatore di RetailDesign srl, che si trova all’interno di Vega Parco Scientifico e Tecnologico di Venezia, si occupa da vent’anni di progetti in campo retail con un approccio multidisciplinare in un territorio che spazia dall’architettura al design, dalla moda alla comunicazione. Ci racconta la sua visione sul visual design.

Quali sono le tendenze dominanti in tema di visual merchandising?
Sono in linea con quanto emerge in generale nel retail, che sia indipendente od organizzato, nel tentativo di comunicare la distinzione della proposta. Si tratta di un passaggio da una cultura, quasi scientifica, di quelli che venivano definiti i criteri espositivi ad una maggiore contaminazione con gli elementi più espressivi ed artistici dell’allestimento, come l’arte dell’illuminazione, il rapporto con lo spazio, le contaminazioni con il design, le scritture, gli oggetti, il cibo. Definirei queste tendenze ricerca di contaminazioni narrative.

Quali sono oggi, secondo lei, i negozi o le insegne più efficaci in tema di visual merchandising? Può citare qualche esempio virtuoso?
L’arte di disporre le cose nello spazio, l’arte definita da un famoso e illuminante libro sull’argomento di Leonard Koren, “Arranging things”, è una sensibilità che nasce spesso dall’arte e poi si esprime nella moda, nel design, nel food, senza apparentemente indicare un settore privilegiato. Anzi spesso la fertilizzazione incrociata delle idee tra diversi ambiti produce i risultati migliori. Vorrei segnalare alcuni esempi nel mondo della moda organizzata internazionale che, secondo me, sono degni di nota, perché rappresentano innovazione e capacità di replica della cultura dell’innovazione come elemento distintivo e peculiare del posizionamento del brand. Penso a quella che considero l’accademia delle intersezioni tra arte e moda, Dover Street Market, alla creatività dei migliori studenti delle scuole di design applicata agli allestimenti di Anthropologie, ai racconti delle collezioni sotto forma di display dei nuovi formati di Urban Outfitters, e alla narrazione della forza dei prodotti ispirati dai guardaroba della gente comune ben comunicati dagli
spazi di & Other Stories.

Viviamo in un mondo affollato di messaggi in cui è difficile affascinare il consumatore in store. Quali potrebbero essere le tendenze vincenti per il futuro?
Uscire dal guscio delle tecniche professionali e saper vedere le complessità del mondo come una ricchezza di fonti di ispirazione, esplorando con curiosità e passione ambiti disciplinari e culture diverse. Per completare il percorso verso il retail di successo, a questa fase ideativa i migliori designer e retailer sembrano saper affiancare, meglio di altri, precisione e innovazione di processo che consentono alla creatività di diventare elemento fondamentale del posizionamento del proprio progetto, considerando l’ideazione, la formazione e la condivisione delle culture un asset essenziale della propria presenza nel complesso modo delle cose.

I caratteri grafici sembrano essere il must del momento. Scritte sì o no?
Le parole, se opportunamente dosate, sono elementi fondamentali delle nuove narrazioni. La difficoltà sta nell’equilibrio tra le componenti della narrazione. La tendenza non è assoluta e non va in una sola direzione. Eccessi di testo e di scrittura possono essere noiosi e controproducenti quanto invece stile e capacità di interpretazione possano essere gradevoli e positivi nell’esperienza dello shopping. Tutto eleva la necessità di competenze artistiche e di contenuti elevati, nuovi profili professionali in grado di saper cogliere i linguaggi della nuova modernità del retail, quella travolta e ispirata dal mondo di internet che così profondamente sta cambiando le regole dell’esperienza della relazione tra luoghi, cose e persone.

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