Kelly Services: per essere contenti in azienda il segreto è un buon rapporto con il capo

L'azienda per gli italiani sembra essere rimasta quella governata dal "capo" che spesso coincide con il "proprietario", a lui affidano le aspettative, le possibilità di evoluzione di carriera, le speranze.

Raccomandare il proprio datore di lavoro
Oggi funzionano i network d'impresa, il team di dirigenti, la governance collaborativa, eppure : "Spesso si afferma che i dipendenti non lasciano l'azienda, lasciano il capo -ha dichiarato Cristian Sala, direttore generale e finanziario di Kelly Services-. Per questo motivo, il datore di lavoro dovrebbe agire attivamente per trattenere e attirare i talenti, migliorando la comunicazione con i propri dipendenti e offrendo maggiori opportunità di formazione". Ma il capo lo sa? Un affetto che va oltre le più rosee previsioni: "Un indicatore chiave della soddisfazione dei dipendenti è la disponibilità a raccomandare il proprio datore di lavoro" continua Sala. Però solo il 29% degli intervistati si sente in tutta coscienza di voler consigliare il proprio capo ad amici o colleghi.

Reputazione aziendale e leadership
In cima alla scala valoriale per i lavoratori ci sono reputazione aziendale e leadership. A livello globale, infatti, la scelta di lavorare e crescere in un'impresa dipendono da: la cultura e la reputazione aziendale (26%), le opportunità di crescita personale (21%) e la retribuzione (10%). Ma nel caso in cui si debba di giudicare la reputazione di un potenziale datore di lavoro, il 75% degli intervistati prende in considerazione l'offerta di un'occupazione stabile, seguita da una forte leadership (50%) e dall'innovazione aziendale (43%).

Il rapporto con il datore di lavoro è un elemento chiave
Secondo i dati della ricerca, il rapporto con il proprio datore di lavoro gioca un ruolo fondamentale sul morale, sulla qualità del lavoro, sulla job satisfaction e sulla retention dei dipendenti. Infatti, il 60% degli intervistati in Emea (Europa, Medio Oriente e Africa) dichiara che i propri diretti responsabili hanno un impatto notevole sul loro livello di soddisfazione , mentre in Italia, la percentuale scende al 56%.
Giustamente gli analisti di Kelly Services danno indicazioni sulla base delle risposte degli intervistati, su cosa dovrebbe fare il capo per migliorare la job satisfaction dei propri dipendenti?
Per il 51% gli intervistati italiani vorrebbero che il proprio datore di lavoro offrisse più opportunità formative; il 47% desidererebbe maggiore chiarezza sulle mansioni da svolgere; il 24% gradirebbe poter operare con maggiore autonomia; il 21% vorrebbe che il proprio lavoro fosse riconosciuto e valorizzato.

Settori più sensibili al rapporto con il capo
Gli italiani che sentono che il rapporto con il proprio capo influisce maggiormente sulla job satisfaction sono quelli che lavorano nell'Healthcare (37%), nel Finance (36%) e nell'Engineering (32%). "Il difficile scenario economico ha messo a dura prova il rapporto tra datore di lavoro e dipendenti. In questo contesto incerto, è fondamentale gestire fin dall'inizio l'onboarding dei neoassunti, facendoli integrare nell'organizzazione, in modo da fidelizzarli all'azienda e accrescere la job satisfaction", conclude Sala.

Kelly Global Workforce Index
Il dato sull'importanza del “capo” del datore di lavoro, fa parte della più ampia indagine Kelly Global Workforce Index, sulla soddisfazione sul lavoro e rapporto con i propri superiori che risultano in merito alle analisi legate alla job satisfaction. Kelly Services ha raccolto e risposte di più di 120.000 persone di 31 Paesi, di cui circa 7mila in Italia, con un particolare focus sui tre gruppi generazionali principali: Y (19-30 anni), X (31-48 anni) e Baby Boomers (49-66 anni).
Secondo il sondaggio, a livello globale, solo il 48% dei lavoratori che ha cambiato azienda nell'ultimo anno è felice del nuovo ruolo. La percentuale più alta si riscontra nell'Apac (Asia e Pacifico) 64%, seguita da Emea (43%) e dalle Americhe (41%).
A livello generazionale, invece, i più soddisfatti sono gli appartenenti alla Gen Y (54%), rispetto al 47% della Gen X e al 40% dei Baby Boomers.
In Italia, invece, si dichiara soddisfatto il 46% dei lavoratori, a fronte di un 12% non lo è per nulla. Tra le motivazioni dell'insoddisfazione c'è la delusione delle aspettative (19%), la difficoltà d'inserimento all'interno del team (13%) e un lavoro poco stimolante (13%). Inoltre, il 22% dei lavoratori italiani ha dichiarato di voler cambiare lavoro per potenziare le proprie competenze e per un avanzamento di carriera; il 13% per un lavoro più stimolante; l'11% per una migliore retribuzione e il 9% per un miglior equilibrio tra lavoro e vita privata.
Tra i dati più importanti dell'indagine, nel contesto italiano:
Il 44% degli intervistati ha cambiato lavoro nell'ultimo anno.

I più soddisfatti del cambio lavoro
I lavoratori più soddisfatti di aver cambiato impiego nell'ultimo anno sono quelli appartenenti al settore IT (48%), seguiti dal Finance (40%) e dall'Healthcare (37%). In media, la frequenza con la quale si cerca un nuovo impiego va una a due volte la settimana (29%), mentre il 34% ha dichiarato di tenere d'occhio le offerte quotidianamente. Agli occhi del lavoratore, tra i criteri presi in considerazione per valutare il lavoro ideale, al primo posto per il 54% c'è la sede di lavoro, seguita dalla reputazione aziendale o del brand (53%), dalla cultura aziendale (51%) e dalla performance finanziaria (48%).

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