La distribuzione del futuro sarà multiproposta

Nel 1957 l'apertura dei primi supermercati in Italia diede l'avvio alla distribuzione moderna alimentare che, considerato il mezzo secolo trascorso e lo stadio evolutivo a cui è giunta, tanto moderna non è più. In questi cinquant'anni si è passati, per fasi diverse, dall'applicazione tale quale della formula basata sul self-service e sulla vendita di prodotti grocery, al gigantismo delle aziende e delle superfici, frutto della globalizzazione e dell'internazionalizzazione del sistema economico. Il ciclo attuale, che si è avviato dopo il 2000, ha assunto connotazioni più precise con l'adozione dell'euro, in coincidenza della quale, le imprese hanno sistemato i conti economici, ma non le vendite e la soddisfazione dei clienti.

Il declino dell'iper
Gli effetti della concentrazione delle insegne sulla competitività e lo sfavorevole trend dei consumi hanno messo in crisi il modello di business con il quale la distribuzione aveva conquistato un ruolo egemone nei confronti del consumatore e dell'industria. A complicare le cose è intervenuta anche la ventata di innovazioni proveniente dai leader della distribuzione non-food. L'iper, non più protagonista del centro commerciale, vittima del gigantismo della galleria da lui stesso voluto, lascia il passo al rilancio della prossimità, cede il ruolo di grande attrattore alla galleria, in una tendenza complessiva, però, i cui risultati sono deludenti per tutti i format. All'involuzione della distribuzione che ha fatto leva sulla dimensione sono state date risposte diverse a seconda dei mercati e della cultura specifica delle imprese che vi operano. La “scuola francese”, specializzata in grandi superfici, negli ultimi dieci anni ha sperimentato molti concept nel tentativo di dare maggiore e nuova efficacia a tutti i format. Da questo grande ripensamento, che ha visto in prima fila Auchan, Carrefour e Casino, è uscito il nuovo ipermercato Carrefour, Maxi Simply di Auchan e poco più. Sono peraltro restati immutati i poli concettuali su cui si è costruita in questi cinquant'anni la distribuzione moderna alimentare: la prossimità, la grande superficie e il discount, coniugati con la variabile del servizio e il binomio un'insegna, un format.

Vicini al consumatore di riferimento: la proposta multiformat
Nello stesso periodo la distribuzione anglo-svedese ha capovolto i termini del problema e ha puntato su modelli di punto di vendita flessibili rispetto al target a cui si rivolgono, di diverso format e location, tutti identificati dalla stessa insegna, e da sue eventuali declinazioni, che rappresenta l'uniformità dell'offerta e dello stile di relazione con il consumatore. Capita così che un'insegna specializzata nella cartoleria - per esempio WhSmith - proponga una serie di merceologie e servizi diversi a seconda che si trovi in un centro commerciale, in un aeroporto o in una strada commerciale e lo stesso può dirsi per Boots che usa la farmacia come attrattore per proporre, a seconda delle opportunità offerte dalla location, lampadine o tramezzini o altro. Oppure come H&M che propone 19 diversi cluster di prodotto, in funzione della location o, infine, come Tesco che usa la sua insegna per format, location o specializzazioni diverse (come per esempio la farmacia) con un'offerta di prodotti e di servizi che hanno tutti un'unica identità, stile, qualità e convenienza vicini al loro consumatore di riferimento. I risultati delle insegne che hanno adottato l'approccio anglosassone multiproposta, multiformat, senza limiti merceologici e di funzione, tutti concepiti nell'ambito della stessa insegna, basati su un'unica scala di valori e guidati dalla filosofia della centralità del consumatore, sembrerebbero indicare che questa sarà la via maestra lungo la quale si incamminerà la distribuzione dei prossimi anni.

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