La distribuzione deve conoscere meglio i clienti

Per quanto riguarda i consumi alimentari la debolissima crescita nominale è stata nel 2007 inferiore all'inflazione: la spesa reale, quindi, diminuisce. Eppure - lo segnala Federalimentare - aumenta l'incidenza della spesa di prodotti alimentari sul totale dei consumi: dal 16,2% al 17,7% in due anni. Qual è la spiegazione? Una delle possibili risposte è nella parola crisi. Dal 2000 al 2007 il reddito medio degli italiani è inesorabilmente diminuito. Se in un'economia in crescita la quota destinata alla spesa per prodotti alimentari decresce a favore di quella per consumi meno legati ai bisogni di base, è naturale che nei periodi recessivi accada il contrario. Inoltre, l'aumento dei prezzi al consumo degli alimentari è stato nell'ultimo anno superiore all'inflazione, nonostante il ruolo di calmiere della distribuzione: o più precisamente della concorrenza all'interno della distribuzione moderna, che ha assorbito una quota dell'aumento registrato nei listini dei produttori. Vi sono poi spiegazioni da ricercare nei comportamenti dei consumatori a loro volta riconducibili a mutamenti sociali e culturali: per indagarle bisogna, però, uscire dalla logica della rappresentazione univoca e sintetica dei fenomeni medi di massa e provare a entrare nello specifico di situazioni particolari la cui somma determina il risultato.

Interpretare le esigenze
Per una parte dei consumatori italiani, per esempio, si può riscontrare un orientamento della domanda verso prodotti alimentari di maggior valore e prezzo più elevato, valore che può essere ricercato nella qualità o nel contenuto di servizio. Non a caso, oltre che per i piatti pronti, nel corso degli ultimi sette anni, nonostante la noncrescita dei redditi, è aumentata la spesa per consumi fuori casa. Si tratta di un fenomeno generale e generalizzabile? Probabilmente no. Questa tendenza interessa particolari segmenti di popolazione, fra i quali i single, che secondo Federalimentare spendono in termini di consumi procapite mediamente circa il doppio di chi vive in famiglia. Anche questa può essere, però, una generalizzazione fin troppo facile e pericolosa se assunta come unica spiegazione. I single si differenziano molto, così come le famiglie, e ogni consumatore evoluto che si trova davanti all'ampiezza e alla profondità delle offerte, dei canali e dei luoghi d'acquisto tende ad adottare una molteplicità spesso difforme in materia di scelte e comportamenti.

La necessità di ridefinire i modelli interpretativi
In questa situazione un'offerta di livello medio, buona per ognuno e per tutte le stagioni, o per ogni occasione, non è in grado di stimolare la ripresa dei consumi alimentari. Dobbiamo rassegnarci a un mercato interno che in termini di volumi non può crescere più di tanto. Ciò significa che le possibilità di sviluppo delle singole imprese di produzione e distribuzione si giocheranno in un clima sempre più competitivo, a scapito dei concorrenti. Il successo dipenderà dalla maggiore capacità di interpretare non tanto i consumatori in quanto tali ma i loro mutevoli bisogni e la loro predisposizione a fare acquisti nelle più diverse condizioni ambientali e sociali. Per fare ciò è innanzitutto necessario ridefinire i confini dei mercati e lo stesso marketing, utilizzando chiavi di lettura nuove e integrative dei modelli d'interpretazione fino a oggi utilizzati. Solo così sarà possibile indirizzare in modo mirato ed efficace le strategie d'innovazione di prodotto e servizio (per canale e per occasione), che rappresentano la molla principale per ritrasmettere vivacità ai consumi.



*TradeLab

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