La distribuzione e il caso Luxottica

La quotazione di Luxottica, uno dei pochi campioni di Piazza Affari, ha subito nel corso degli ultimi mesi, dopo un lungo periodo di risultati esaltanti, una flessione importante le cui cause sono state attribuite dagli analisti di Borsa alle incertezze che gravano sull'economia americana e alle pessime performance del dollaro nei confronti dell'euro. Fra le scelte strategiche su cui si basa il successo del gruppo fondato da Leonardo Del Vecchio spiccano innanzitutto le acquisizioni di marchi tecnico-stilistici sempreverdi come Ray-Ban, Persol, Vogue, sinergiche agli accordi di licenza stipulati con diverse griffe del lusso, da Dolce & Gabbana a Ralph Lauren, e l'acquisto di catene “retail” in Usa - quattro dagli inizi del 2006 a oggi - che hanno portato Luxottica alla creazione di una gigantesca rete di punti di vendita. Come succede in questi casi, la società di Agordo fa sapere che tutto va bene, vendite e utili del prossimo anno registreranno risultati record. Queste notizie e recenti iniziative come l'acquisizione di Oackley sembrano supportare questo ottimismo. Se si guarda, però, il fenomeno dal punto di vista della distribuzione ottica le ragioni di gioire diminuiscono. Se è vero che per merito di Luxottica e Safilo, e grazie al boom delle griffe, la distribuzione ha trovato spazi di crescita impensabili, è anche vero che tale fenomeno ha contribuito alla diffusione degli occhiali da sole in tutti i canali di vendita, facendo perdere alla distribuzione ottica specializzata la supremazia della protezione del benessere visivo.

I problemi di una posizione dominante
Luxottica ha così acquisito una situazione dominante nei confronti della distribuzione a cui ha sottratto capacità contrattuale e di progettazione e la possibilità di decidere quali marchi trattare e come, facendo venire meno quel rapporto dialettico fra distribuzione e industria che, anche quando diventa conflittuale, è all'origine della crescita dei mercati. Nel portafoglio Luxottica vi sono una trentina di brand fra marchi di proprietà e in concessione, almeno due volte l'anno ogni marchio immette sul mercato una nuova collezione le cui novità, in assoluto, sono molto poche e pochissimi i modelli di successo. Accadono così due inconvenienti: i modelli di successo sono consegnati con ritardi enormi e con un sistema frazionato assai oneroso per gli ottici; gli altri modelli, alcune centinaia, restano invenduti nei punti di vendita. Il mercato dei prodotti ottici vive in funzione dei bisogni visivi delle persone e solo in parte modesta per la vendita dell'occhiale da sole come accessorio di moda. I consumi attraversano una fase di stagnazione dovuta anche alla mancanza di competitività dell'offerta che origina il seguente paradosso: il peso preponderante della montatura rispetto alle lenti - che sono la principale ragione di esistere del prodotto - sul prezzo finale di un occhiale da vista. Non è quindi casuale che fra i problemi di gestione degli ottici, il principale sia quello delle montature invendute, che trae origine da un rapporto in cui le ragioni della controparte distributiva, in termini di possibilità di selezione e assorbimento delle collezioni e di quantità e qualità dei modelli immessi sul mercato, non sono tenute in nessun conto.  

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome