La novità abita nei pop-up store

Il sociologo Zygmunt Bauman dice che oggi viviamo in una società liquida. Liquida perché l'identità e l'appartenenza hanno perso significato e le strutture sociali sono diventate fluide. Tutto si fa più rapido, si dissolve e ricostruisce da un giorno all'altro. In questa liquidità nascono anche, in diversi punti del pianeta, modalità di distribuzione che nulla hanno a che fare con i parametri abituali: luoghi che oggi ci sono e domani scompaiono. Sono i pop-up store, che avevano già fatto capolino in passato ma hanno iniziato a vivere ora un successo un po' cult. Da New York a Parigi, da Tokyo a Berlino, i pop-up store compaiono al'improvviso nel contesto urbano e - altrettanto rapidamente - si dissolvono.

Il palcoscenico
Nel porto di Barcellona, nell'area commerciale sul mare, si può trovare uno strano luogo chiamato Contenedor (letteralmente, contenitore) colmo di creazioni di una griffe francese. Poi ci torni il mese dopo e scopri che Contenedor è cambiato: colori e arredamento diversi, look e commessi differenti. Guardi meglio e ti accorgi che è cambiato anche lo stilista, ora è un americano. Contenedor è un punto di vendita con un calendario che lo rende simile a un teatro: ogni mese cambia faccia e va in scena un nuovo stilista.

Scatola o contenuto
Il programma è pubblicato online e affisso in loco. Succede allora che le persone affluiscono, mese dopo mese, per amore di novità e non per fedeltà. O forse no, perché è a Contenedor che sono fidelizzati. Che pasticcio! Come si calcola, per esempio, la percentuale di ritorno sul punto di vendita? Sull'anno o sul mese? E qual è la marca: la scatola o il contenuto? Contenedor è mono-marca? Sì, c'è uno stilista per volta. Anzi, no: scusate ce ne sono dodici all'anno. Contenedor è liquido, per dirla con Zygmunt Bauman. La sua fluidità è così evidente che tutti i punti di vendita tradizionali disposti all'intorno ingrigiscono al confronto: appaiono ingessati, sono uguali a se stessi.

La velocità
Nike ha aperto un pop-up store a Soho per lanciare un nuovo modello di scarpe. È durato quattro giorni, hanno venduto tutte le scarpe e chiuso bottega. La visibilità mediatica ha generato molto più valore dei costi sostenuti e i ricavi erano - tirate le somme - solo la ciliegina. I pop-up store non sono un negozio, sono un medium in cui si vende. Si pianificano come le campagne pubblicitarie, si gestiscono come negozi. Gap ha montato un pop-up store a bordo di un pullman e ci ha girato gli Stati Uniti andando nei luoghi d'incontro dei ragazzi che vestono Gap, nelle piazze e agli angoli di strada. Ben concepito, perché le marche diventano fluide se imparano a duettare con le città liquide. Città che non vivono più intorno a un'architettura urbana (la via dello shopping, la piazza degli incontri) ma diventano luoghi di transito caratterizzate da un concept: per Milano la moda e il design, per Berlino l'arte contemporanea e le nuove tendenze, per Parigi l'eleganza, per New York il postmoderno e così via. Questo significa che le città liquide stanno diventando più simili alle marche e che le marche devono sintonizzarsi: stupire con il nuovo a Barcellona, cogliere le opportunità a Londra, essere on the road in Usa. Le città diventano liquide e non basta più il presidio del territorio, l'architettura urbana perde valore di riferimento e il vostro negozio in centro non è più un santuario. Che dirvi? Liquidità, risponderebbe Bauman. 

La lezione dei pop-up store  
• Rinunciare al presidio del territorio quando l'architettura urbana tende a scomparire.
• Se le mura restano fisse l'assortimento viene calendarizzato: ma non per stagione, meglio se a ritmi mensili, settimanali e su molteplici collezioni.
• La fedeltà premia la capacità di sorprendere; l'adiacenza diventa un rischio di monotonia.
• Se le mura invece spariscono, allora si può pianificare: assortimento e servizio diventano campagne di comunicazione.
• Oppure l'insegna stessa si trasforma in servizio a inseguimento: per essere disponibile nel momento e nelle modalità necessarie.

*Politecnico e Bocconi di Milano

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