La valorizzazione dello spazio-prodotto

Negozi dal design che esalta il contenuto, perché i materiali parlano. La visione dell’architetto Fabio Fantolino (da Gdoweek n. 10)

Punti di vendita dalla personalità forte ed equilibrata, dal layout capace di valorizzare correttamente l’assortimento grazie a progetti ragionati, dove la conoscenza dei materiali e il dialogo tra gli stessi non possono venire meno. Così l’architetto Fabio Fantolino delinea la propria filosofia in ambito retail.

Cosa significa oggi progettare un punto di vendita?

L’architetto oggi deve conoscere il design, saper coordinare e gestire altri professionisti di pari livello per creare un progetto perfetto sotto tutti gli aspetti. Qualunque ambiente si progetti, soprattutto retail, andrà in giro per il mondo, in rete, sui social e così via.

Lo spazio di vendita dovrà rispondere alle specifiche esigenze del cliente. Si parte dal capire il pubblico al quale ci rivolgiamo e dalla tipologia merceologica, per passare a un discorso più tecnico di layout. Nel lusso la vendita è più assistita, nel fast fashion è più libera. C’è poi il livello intermedio. Tutto questo porta a progetti diversi.

Cambia qualcosa da un settore retail all’altro?

La qualità del design non cambia: cambia l’audience, alla quale ci si deve rivolgere con coerenza. Un retailer alimentare che guarda al mondo bio dovrà usare materiali naturali, perché questi parlano, indicano e instradano, costruendo una storia. Per questo bisogna conoscerli e usarli correttamente. Abbiamo ad esempio creato un negozio di borse e bijoux low cost in piazza San Carlo a Torino per l’insegna De Wan, che ha voluto valorizzare l’assortimento con un contenitore più pregiato, in grado di proiettare il prodotto verso l’alto.

Qual è il negozio che vorrebbe progettare?

Un negozio molto trendy, modaiolo, ma non necessariamente per il settore moda. Avrei voglia di creare un mood molto forte. Il negozio ideale deve avere tanta personalità e il progettista deve poter osare.

Oggi, un po’ per volontà del cliente, un po’ perché si gioca in difesa, si tende a dar vita a progetti piatti. Il prodotto deve essere al centro, ma va spinto.

Come farebbe, invece, un supermercato?

Quello che sento che manca nel super oggi è un’identità differenziante che non comunichi solo il prezzo basso. Serve un ambiente che impreziosisca la merce e riesca a spingerla meglio, pur lasciando il prezzo basso invariato. Si ha sempre paura che un ambiente troppo bello trasmetta un senso di costo elevato, ma questa non è una strategia di design. Non vedo infatti differenza negli ambienti attuali tra i supermercati e il discount.

Pensi che bello entrare in un super più arioso, morbido, coordinato e pensato sempre per la grande massa, ma in grado di comunicare un’idea e un’identità uniche. Un esempio è Eataly, che pur essendo posizionato alto nei prezzi e anche nei costi strutturali, è riuscito nell’esaltazione reciproca tra contenitore e prodotto. Certo, i supermercati non possono fare Eataly, ma devono comunque avere un progetto di contenitore che sappia valorizzare il loro prodotto. Bisognerebbe fare come Eataly, ma rivolgendosi al proprio target e alle proprie categorie. Oggi, invece, ci si affida nei progetti a chi conosce i percorsi di vendita, ma non a chi sa creare un’identità di design accattivante per vendere.

E la tecnologia?

La tecnologia applicata ai materiali, invece, crea materiali con caratteristiche elevate a livello estetico a un costo contenuto. Un esempio di questo tipo viene da Zara, che ha creato location con design da boutique, ma con materiali a costo più contenuto rispetto al mondo luxury, per vendere prodotti a prezzo basso. Un lavoro che consente all’insegna di posizionarsi in zone centrali vicino ad Hermés, diminuendo la percezione di prodotto economico (pur mantenendolo tale) e con un’identità distintiva.

Ci fa qualche esempio di suo progetto rappresentativo?

Il ristorante Dash Kitchen di Torino è tra quelli che mi ha dato più soddisfazione. I due piani progettati per la Rinascente di Torino, invece, hanno rappresentato uno step formativo importante per la possibilità di collaborare con project manager di alto livello, perché ogni piano per Rinascente deve avere la propria identità. La chiave del successo di Rinascente sono stati non a caso il design e la capacità di Vittorio Radice di selezionare designer importanti.

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