Silver e senior, i dimenticati dal retail

di Manuela Soressi

I baby boomer sono diventati nonni. Ma la società quasi non s’è accorta. E così i figli del dopoguerra sono diventati la maggioranza se non silenziosa quasi silente, perlomeno alle orecchie dei retailer. Non c’è spazio per loro nei temporary store alla moda, nei vegan bar, nei gourmet shop e nei bio supermarket, tutti creati per il pubblico degli hipster. E pensare che sono una fetta di popolazione sempre più significativa: se nel 2000 erano il 12,3% della popolazione mondiale nel 2050 saranno più di 2 miliardi. Difficile non accorgersene.

Anziché miopia chiamiamola presbiopia, in onore al target di cui stiamo parlando: quello degli over 55. Non più giovani, non ancora anziani. Non più considerati consumatori focus, non ancora espulsi dal mass market. Per loro è stato coniato un’efficace etichetta: si parla di “silver economy” e c’è chi, nel mondo, la prende molto sul serio. Oggi, secondo Merrill Lynch, a livello mondiale la silver economy muove qualcosa come 7.000 miliardi di dollari, che nel 2020 diventeranno ben 15.000 miliardi.

Riconoscere e sfruttare il potenziale della silver economy è, dunque, importante per i retailer che devono individuare nuovi percorsi di crescita per il futuro e che trovano in questi consumatori un target sottovalutato, anche rispetto alla disponibilità economica e al loro interesse a spendere per conservare le abitudini di consumo, lo stile di vita e le comodità a cui si sono abituati in 50 anni di ininterrotta crescita economica.

Il discorso vale ancora di più per i 50-65enni, cresciuti nell’era del lusso accessibile, attenti alla qualità della vita e disponibili a mettere mano al portafoglio per avere il meglio. Una fascia di consumatori, tra l’altro, che, in fatto di shopping experience, è molto esigente (soprattutto nel mondo del lusso) e ama negozi ben forniti, di facile lettura e con alti livelli di servizio, come emerge da una ricerca di Euromonitor.

 

Cosa fa il retail ?
A livello di retail, poco si fa per il target dei senior e ancora meno per i silver. Le case history di chi ci ha provato sono praticamente sempre le solite, vecchie di una decina d’anni e, in alcuni casi, la crisi del retailing non le ha risparmiate. Vedasi il caso del supermercato Adeg Aktiv Markt 50+ di Salisburgo, che comunque va considerato una tappa fondamentale di questo percorso perché ha stabilito un primo paradigma che, all’inizio, ha funzionato molto bene. Il concetto centrale è rendere la spesa più semplice adattando il punto di vendita alle esigenze di un target più agé. Quindi, corsie più spaziose e scaffali più bassi per facilitare i movimenti, cartelli grandi per garantire maggiore visibilità e leggibilità, luci più intense per mostrare meglio le merci, pavimenti in materiali antiscivolo e un chiosco per l’health service per una maggiore sicurezza. Attenzione all’età anche per gliaddetti di vendita, tutti over 50enni, appositamente formati per relazionarsi con questo tipo di clientela.

Il format di Salisburgo è diventato così il benchmarch per chi voleva colpire i silver e i senior. Come ha fatto Tesco con il suo punto di vendita di Newcastle progettato insieme all’Institute for Ageing and Health e caratterizzato non solo da un assortimento sperifico per gli over, composto, ad esempio, da molti piatti pronti basati su ricette tradizionali, creme per pelli mature e confezioni monoporzione con pack ad apertura facilitata, ma anche la strutura architettonica, con porte automatiche, sottofondo di musica classica, bilance per pesare frutta e verdura con voci elettroniche, carrelli più leggeri e aree per il relax.

Il progetto più articolato e di più ampio respiro è quello della tedesca Edeka che, dal 2009, ha avviato il progetto “Real Life” per rendere più facile lo shopping a tutte le generazioni, in particolare quelle che hanno bisogni speciali come neo mamme con passeggino al seguito, disabili e anziani. Il nuovo format avviato da Edeka ha avuto un immediato riscontro e in tre anni ha aumentato le vendite del 25%.

Una performance eclatante che ha attirato l’attenzione di altri retailer, anche se, nell’ansia di diventare “elderly friendly”, non sono mancati gli scivoloni. Il più noto è quello di M&S che, accusata di essere troppo tradizionalista, ha deciso di rinnovare completamente la sua linea d’abbigliamento. Provocando un’immediata levata di scudi dei fedeli clienti, disorientati da abiti troppo moderni, troppo corti e stretti, troppo scollati e sbracciati. Risultato: parziale marcia indietro, con allungamento maniche e orli degli abiti.

Non solo food
Mall, department store e concept store sono stati più reattivi e veloci nell’individuare la potenzialità della silver economy, in particolare in Estremo Oriente, dove alcuni Paesi (principalmente il Giappone, dove il 33% della popolazione ha più di 60 anni) si trovano a far fronte alle sfide di una società decisamente anziana. È proprio a Tokyo infatti che si conta la maggior concentrazione di store e centri commerciali pensati per pubblico over 50 e per i pensionati che, dopo una vita dedicata al lavoro, si trovano con molto tempo libero e tanti risparmi da spendere. Logico, quindi, che i retailer li stiano “coccolando”. Takashimaya, tra i più famosi department store con beni di lusso, ha ristrutturato i suoi punti di vendita per essere più vicino a questi consumatori, mentre il competitor Daimaru Matsuzakaya ha dedicato un ampio spazio alla nuova insegna Madam Selection che offre abbigliamento di alto livello per over 50. Altri gruppi, come Aeon, propongono un’offerta tailor made (ad esempio linee di biancheria intima che si adattano a un corpo maturo e un ampio reparto di ottica) e servizi ad hoc, come la consegna a domicilio gratuita degli acquisti, e linee telefoniche dedicate per fare gli ordini parlando con un operatore anziché digitandoli sul computer.

L’altro canale che ha colto le potenzialità della silver economy è il web, dove i grandi e-tailer hanno creato canali dedicati allo shopping a misura di “pantere grigie”, come 50+ Active and Healthy Living Store di Amazon.

E in Italia?
L’Italia non è un paese per vecchi, ma qualcosa comunque si sta muovendo. Da alcuni anni, in tutti gli store Naturasì sono comparse lenti d’ingrandimento per permettere a tutti di leggere più facilmente le etichette dei prodotti in vendita. Unes e Rossetto propongono sconti ai senior, mentre Coop e Basko hanno il servizio di consegna gratuita della spesa a domicilio per anziani e disabili. Basko, inoltre, consente anche di ordinare la spesa attraverso un apposito numero verde. Sono interventi più organici quelli realizzati da Coop e Conad, soprattutto tra Emilia-Romagna e Toscana, dove molti punti di vendita giocano un importante ruolo sociale. Una vocazione che i due retailer hanno assecondato, inserendo spazi dove sedersi e leggere il giornale, creando aree relax e permettendo anche di entrare nel negozio con il proprio cane al seguito, affetto sempre più importanti per silver e senior.

Scaffali bassi ed ergonomici ed etichette a scaffale più grandi e leggibili caratterizzano anche il format di vicinato Coop.fi di Grassina (Fi). Sempre Unicoop Firenze ha appena inserito una sezione di oggetti per anziani nel suo sito di e-commerce piuscelta.it.

Intanto il Gruppo Gabrielli, che ha già introdotto la segmentazione per cluster d’età nel suo programma fidelity (e due giorni a settimana applica sconti del 10% agli over 65 e del 15% agli over 75), ha approfondito le esigenze di questo target fotografandone richieste e comportamenti d’acquisto. Dalla ricerca condotta con Life Trend Lab, emerge che gli over 60 sono più interessati ai prodotti a Km 0 (31,1% contro una media del 27%) e a confezioni piccole (25,5% contro il 21% di media). Inoltre, il 60,7% dei senior vorrebbe che il supermercato desse più spazio a prodotti locali e di stagione ritenuti più sicuri e economici, oltre che indicatori di attenzione a un consumo responsabile. Le aziende cominciano a prendere coscienza che l’avanzare dell’età media della popolazione porterà inevitabilmente a cambiamenti dei principi cardine della progettazione di un punto di vendita, dove gli spazi dedicati alla socialità e alla sosta avranno un ruolo maggiore di oggi. Non solo: anche i pesi e le misure dei prodotti merceologici esposti cambieranno per segmentarsi in modo più chiaro per fasce di prezzo e per tema (come gli scaffali dedicati ai diabetici, agli ipertesi e agli anemici). Lo auspica anche la Società italiana di gerontologia e geriatria che ha lanciato l’idea di creare aree dedicate alla dieta degli anziani dove poporre cibi arricchiti di vitamine, prodotti per una dieta equilibrata e cibi di qualità a basso costo per far spendere circa 15 euro al giorno per i 3 pasti principali.

In conclusione, realizzare un punto di vendita a misura di silver e senior non sembra così complesso. Se non altro perché questi consumatori non puntano all’apartheid: anzi, non vogliono affatto uno “spazio protetto” frequentato solo da coetanei, ma solo una serie di servizi e soluzioni che li aiutino a fare la spesa con maggiore tranquillità e piacere, oltre che in tutto relax. Non si tratta solo di aspetti concreti e razionali: c’è anche la gratificazione di veder riconosciuti dall’insegna i propri specifici bisogni (anche quelli inespressi) e di sentire che l’insegna e i brand sono nella possibilità di crescere e di evolvere insieme a loro.

 

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