2002: Mario Monti su liberalizzazioni e consumi

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"Sono convinto che la promozione di un ambiente concorrenziale non esclude affatto interventi pubblici finalizzati ad obiettivi di interesse generale, anzi spesso essi sono indispensabili a tutela dei consumatori degli operatori, dei lavoratori, della società".

Mario Monti, Gdoweek 2002

Mario Monti, fu intervistato da Anna Bartolini, giornalista esperta di consumerismo e membro del Consiglio Consumatore dell'Unione Europea, all'inizio del 2002, il tema del momento era l'adozione della bozza del regolamento di esenzione per categoria da parte della Commissione Ue, che avrebbe portato alla cancellazione dell'esclusiva di distribuzione degli autoveicoli da parte dei concessionari.

Il tema, quello che vi proponiamo, erano le liberalizzazioni.
Ecco che cosa dichiarava allora Monti ...

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Una giustificazione che viene spesso avanzata

per limitare la concorrenza è la protezione del consumatore. Come vede il rapporto fra regolamentazione settoriale e tutela della concorrenza?

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Ogni mercato ha bisogno di regole, e di una rigorosa
verifica del loro rispetto. Sono convinto che la promozione di un ambiente
concorrenziale non esclude affatto interventi pubblici finalizzati ad obiettivi
di interesse generale, anzi spesso essi sono indispensabili a tutela dei
consumatori, degli operatori, dei lavoratori, in sostanza della società intera.
Ma devono essere proporzionali alla realizzazione del pubblico interesse che
intendono perseguire.

Nei settori da poco liberalizzati e quindi ancora
caraterrizati da operatori dominanti (gli ex-monopolisti), una regolamentazione
ex-ante è necessaria per permettere la progressiva apertura alla concorrenza.
In questi casi c’è complementarietà fra regolamentazione settoriale e regole
generali della concorrenza. Mano a mano che il settore si liberalizza, la
regolamentazione specifica deve diventare meno intrusiva e lasciare il posto
alla normale applicazione delle regole generali, consentendo al mercato di
operare con la flessibilità necessaria. E’ quello che avviene, ad esempio, nel
settore delle telecomunicazioni. In linea generale definire il numero degli
operatori ammessi, i loro ambiti territoriali, così come i prezzi minimi e le
restrizioni all’advertising non sono strumenti idonei a correggere le
insufficienze del mercato (market failures), mentre appaiono molto più adeguate
misure volte a definire norme di qualità e le restrizioni qualitative
all’accesso.

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Per quanto riguarda in particolare il settore del commercio, l’Italia lascia alle Regioni il compito di legiferare in materia. Se queste decisioni entrano in collisione con le regole del Trattato in materiadi concorrenza, può la Commissione intervenire? Qual è il confine tra regolamentazione europea e quella di un singolo Stato?


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Innanzitutto, vorrei sottolineare che, nell’ultimo decennio, la
riforma della regolazione delle attività economiche è stata significativa in
tutti gli Stati membri, grazie in particolare all’instaurazione del mercato
unico, che ha sostituito quindici sistemi regolatori diversi con un unico
ordinamento-quadro che definisce le grandi linee normative, lasciando ad ogni
paese membro le disposizioni particolareggiate. L’Italia si è positivamente
inserita in tale tendenza, con risultati significativi in termini di
semplificazione, riduzione di vincoli regolamentari, e qualità della
regolazione.

Per quanto riguarda la recente modifica federalista della
Costituzione che affida maggiori poteri regolatori alle autonomie regionali e
locali, mi preme sottolineare che il nuovo testo dell’articolo 117 della
Costituzione stabilisce che le leggi, statali e regionali, devono comunque
rispettare i vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, tra i quali vanno
certamente incluse le regole della concorrenza.

Riguardo alle modalità più efficaci per garantire che la
regolazione, anche più particolareggiata, abbia un effetto pro-competitivo,
vorrei ricordare la segnalazione dell’Autorità Garante della Concorrenza e del
Mercato del 16 gennaio scorso, dove suggerisce diverse procedure di “democrazia
economica” per incentivare l’adozione di “best practices” regolamentari sotto
il profilo della concorrenza.

L’Autorità sottolinea le potenzialità positive di un tale
sistema, in quanto può assicurare che la disciplina dei vari mercati e settori
economici sia in armonia con le diverse esigenze delle differenti aree
geografiche.

 

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