Birra, punto di attrazione per il negozio?

di Davide Bernieri

La birra è sul punto di diventare la “next big thing” della distribuzione moderna italiana. Analisti, operatori e retailer concordano sulla gdoweek022015_pag20possibilità di espandere il consumo della bevanda in gdo, sulla falsariga di quanto già successo sia con il vino una decina di anni fa sia con l’acqua minerale in store selezionati.

Dall’estero
Esempi interessanti di innovazione nell’offerta vengono dall’estero, in Paesi nei quali la birra ha un consumo radicato e il prodotto, e il suo modo di venderlo, ha già completato questo iter evolutivo. Whole Foods, per esempio, è la punta di diamante dell’esistenza di un rapporto proficuo tra distribuzione moderna e birra. Con l’apertura del Whole Foods Market a San Josè in California, inaugura il suo primo microbirrificio all’interno della rete. Si tratta di una struttura di 600 mq realizzata sul tetto del nuovo edificio, che avrà annesso un pub, aperto anche all’esterno, con una rotazione di 22 spine e la possibilità di consumare pasti e snack, freschi e bio. Ma tutta la rete Usa di Whole Foods ospita sale di spillatura e degustazione di birra artigianale, a sancire un legame stretto tra la catena premium e la craft beer. “La presenza di un microbirrificio e di una sala di degustazione di birra artigianale -dichiara Wesley Miller, che ha seguito lo sviluppo del progetto dello store di San Josè- ci permette di interagire con la nostra offerta di prodotti specialità, proponendo ai clienti percorsi di degustazione e di abbinamento. Le nostre birre brassate sono servite in-store fresche alla spina, con una resa qualitativa eccellente”.
Altrettanto interessante è l’esperienza di 99 Bottles, beer shop specializzato di Pittsburgh (Usa) che propone un’offerta di 500 etichette, esposte in banchi refrigerati, per migliorare il grado di conservazione (soprattutto per le molte birre artigianali non solo pastorizzate) e offrire un servizio aggiuntivo al cliente. Elemento distintivo è la possibilità di acquistare birra artigianale sfusa, riempiendo le proprie bottiglie in vetro e attingendo da una rotazione di 30 fusti provenienti dai migliori birrifici artigianali americani. Da citare anche il caso di Tørst, l’unico ristorante premiato con stelle Michelin a non servire vino: al Tørst di Brooklyn si consumano solo birre artigianali, da un banco di 21 spine e da una carta di 100 etichette. Nessuna concessione al folklore e all’immagine classica della birra, un po’ rozza e semplice: il layout del Tørst si snoda tra marmi, specchi e reminescenze liberty. A conferma che la birra sta diventano sinonimo di eleganza e di distinzione.

Primi segnali dalla gdo
L’Italia è una nazione birraria di recente sviluppo e, in questi ultimi cinque anni, il settore ha vissuto una stagione di grande cambiamento, determinato dall’affermazione delle etichette artigianali, oltre 400 produttori sparsi da Nord a Sud, che hanno definitivamente frantumato la canonica tripartizione tra bionda, rossa e scura puntando, invece, su birre speciali che esprimono un legame sempre più stretto con il territorio.
Sullo slancio di questo fermento la gdo italiana è impegnata nel valorizzare la categoria aumentando spazi e assortimenti, favorendo al massimo soluzioni che accrescano la conoscenza della birra presso il cliente medio del supermercato e giustificare così i margini ma anche i prezzi delle specialty.
Spiegare i diversi stili internazionali, le modalità di consumo, gli abbinamenti consigliati sono elementi chiave di questo retail mix. Anche perché, la concomitante frenata delle vendite Horeca incentiva a riportare tra le mura domestiche i consumi tradizionalmente fuori casa. “Siamo di fronte a una categoria in profonda evoluzione -dichiara Enrico De Stefano di Simply Italia- nella quale il cliente si aspetta prodotti con caratteristiche differenti, a maggiore gradazione alcolica o con aromatizzazioni più intense. In coerenza con questi cambiamenti e forti dei dati positivi sulle birre speciali, cresciute a doppia cifra lo scorso anno, stiamo lavorando sull’ambientazione. Così, nel Simply di viale Corsica a Milano, abbiamo iniziato una nuova strategia espositiva, che espone le birre speciali vicine al vino, mondi in molti casi omogenei come tipologia di consumo e battuta di cassa, in particolare nel formato da 75 cl. Abbiamo anche previsto una serie di stopper che illustrano al cliente provenienza, temperatura di servizio, bicchiere adatto e alcuni suggerimenti di abbinamento. Questa operazione ci ha dato ottimi risultati, con una maggiore penetrazione delle speciali nelle scelte dei nostri clienti che ci ha convinto a estendere queste soluzioni su tutta la rete”.

Vendita alla temperatura giusta
Luca Migliavacca di Unes, sottolinea la strada che c’è da fare. “Pensiamo allo scaffale del cioccolato -spiega-: solo pochi anni fa si trovavano poche tipologie di prodotto, oggi assistiamo a un’esplosione, al di là della classica bionda. Questo significa che un retailer attento ai segnali provenienti dal mercato deve ampliare l’offerta e mettere questo scaffale al centro del retail mix. Da parte nostra, nel nostro supermercato U2 a Buccinasco (Mi), abbiamo cercato di mettere l’accento su specialità, birre aromatizzate o ad altra gradazione, inserendole, anche come test, in un armadio refrigerato chiuso per incentivarne l’acquisto. Inoltre, vorremmo evidenziare a scaffale le caratteristiche dei vari stili, la loro provenienza, la corretta temperatura di servizio e qualche abbinamento. Sempre più i nostri clienti sanno cosa significa bere una birra d’abbazia belga o un’India Pale Ale (abbreviata con l’acronimo Ipa), nota per l’intensa aromatizzazione di luppolo. A fronte di questa comunicazioni ed esposizioni, non a caso, i consumatori informati sono disposti a spendere di più pur di acquistare un prodotto con caratteristiche d’eccellenza. Di certo queste attività sul pdv per affermare un nuovo concetto di birra saranno estese a tutta la nostra rete”.

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