Food made in Italy

Se per gli americani il food “made in Italy” è fonte di golosità, il mercato americano per i produttori italiani è altrettanto “goloso”. Oggi, sono in aumento le aziende italiane che fanno la maggior parte del loro fatturato sui mercati stranieri e in particolare in territorio americano, per contrasto ce ne sono altrettante che negli anni sul mercato a stelle e strisce ci hanno lasciato sangue e denari. Proprio per studiare più da vicino questo fenomeno, Gdoweek ha deciso di aprirsi una “porta” sull'America avviando una collaborazione editoriale con Alta Cucina, una Epicurean Society, come l'hanno definita i tre manager che l'hanno fondata, che segue con occhio esperto tutto quanto avviene nel mondo del food made in Italy in Usa ....

Quali sono oggi gli aspetti più apprezzati del food made in Italy? Quali le merceologie più richieste ...
Sicuramente una superiore qualità e gli aspetti salutistici legati alla dieta mediterranea. Tra le categorie merceologiche dominano ancora olio d'oliva, pasta, conserve e formaggi e vini. Una categoria emergente è quella dei salumi, nonostante le barriere all'importazione.

Che cosa significa "educare il consumatore" quando si parla di italian food sul mercato americano?
La combinazione di tre elementi: a) moltiplicare le opportunità di assaggio e confronto; b) illustrare e documentare il differenziale qualitativo del prodotto made in Italy; c) suggerire vantaggi e modalità di impiego chiari e riconoscibili. Il consumatore americano è curioso e aperto a nuove modalità di consumo soprattutto nel fuori casa, ma ha una cultura gastronomica di base piuttosto povera, che può limitare l'adozione di nuovi prodotti nell'ambito domestico.

Quanto il retail è o sa essere collaborativo in questo senso?
Non è facile generalizzare, ma sicuramente quanto più il retailer è coinvolto nella distribuzione di prodotti importati e “nuovi”, quanto più è sensibile a questi aspetti.
Quale è il livello di cultura che si può incontrare presso i buyer dello specialty food delle grandi catene Usa?
La stragrande maggioranza dei buyer nel mondo specialty sono molto preparati, conoscono l'Italia e i suoi prodotti, partecipano a fiere e convegni. Possono essere il primo prezioso alleato per un produttore italiano. Spesso le aziende che si affacciano per la prima volta sul mercato Usa sottostimano questo aspetto. Nella grande distribuzione il panorama è meno coerente, per molti buyer una category vale l'altra ma capita di imbattersi in buyer preparatissimi sul prodotto.

Quali sono gli aspetti che deve privilegiare un produttore italiano per meglio poter promuovere i suoi prodotti in Usa?
Innanzitutto, in via preventiva, dedicare tempo e risorse allo studio del mercato americano in relazione ai propri punti di forza e debolezza. Alla dimensione teorica e numerica del mercato Usa, che ovviamente attrae le aziende italiane, si contrappone il fatto che solo un segmento di consumatori è immediatamente ricettivo rispetto ai prodotti italiani, ma questo segmento è geograficamente disperso su un ambito continentale. Modulare tempi e investimenti di ingresso è un fattore chiave. Troppe aziende italiane ritengono di potere saltare questa fase e quasi sempre ne pagano le conseguenze.

Su quali canali puntare inizialmente?
Con tutti i limiti di certe generalizzazioni, tradizionalmente non c'è dubbio che è la ristorazione a veicolare nuovi prodotti e nuovi consumi e non necessariamente solo quella italiana. Un esempio curioso, tra i tanti, è che alcuni noti ristoranti non italiani hanno introdotto a NY piatti basati sulla fregola sarda; quanti italiani conoscono la fregola sarda? Il canale ristorazione almeno in una fase iniziale genera volumi più rapidamente e migliori margini. Il canale specialty è il passaggio contestuale e/o successivo. Ma una serie di recenti evoluzioni come la crescita di catene quali Whole Foods (cioè lo specialty che diventa grande distribuzione), o il sempre maggiore ricorso da parte di grande catene a private label made in Italy, aprono prospettive e opportunità nuove e diverse per le aziende italiane.

... e su quali strumenti di comunicazione ...
Poche aziende italiane raggiungono distribuzione e volumi tali da poter ricorrere alla televisione. In casi di elevata distribuzione, in aree geografiche concentrate, la radio può essere uno strumento flessibile e non eccessivamente oneroso. In generale, gli strumenti ideali sono quelli che combinano assaggio ed education, da eventi mirati a stampa, trade o consumatori alle degustazioni sul punto di vendita.

Come Alta Cucina, quali sono gli strumenti che siete in grado di offrire ad una azienda italiana di food (or wine) che si vuole affacciare sul canale americano?
Alta Cucina è organizzata come un club gastronomico che comprende migliaia di membri appartenenti a varie categorie, consumatori ma anche ristoratori, retailer, importatori, stampa di settore. Le aziende italiane hanno subito, quindi, a disposizione un'immediata e mirata “captive audience”. Le nostre attività comprendono un sito di natura editoriale che pubblica articoli sul mondo dell'enogastronomia italiana, un sito e-commerce che distribuisce prodotti di specialità e un calendario di eventi tutti volti a collegare il mondo produttivo italiano, la distribuzione e il consumatore. Sarà di prossima apertura l”Epicurean Center” che svolgerà un'attività continuativa di iniziative rivolte, di volta in volta, al trade, alla stampa e ai consumatori, in collaborazione con chef e produttori italiani. Riteniamo che l'insieme di queste attività rappresenti una piattaforma unica a disposizione delle aziende italiane. Siamo in grado di modulare la nostra offerta in base alle esigenze delle aziende e del loro stadio di sviluppo sul mercato Usa. Chi è più consolidato sul mercato ci utilizza per comunicare direttamente al consumatore, mentre chi si sta introducendo sul mercato è più interessato al contatto con trade e stampa.
Un esempio recente è Sensofwine NYC, un evento organizzato in collaborazione con Luca Maroni, che ha visto circa 400 addetti ai lavori e circa 700 consumatori partecipare in due separate sessioni a una degustazione di circa 50 produttori italiani di vino, alcuni consolidati sul mercato, altri in fase di sviluppo e altri per la prima volta presenti negli Usa.

(Guarda il video ...)

Amo il cambiamento e lo vivo con passione, mi occupo di marketing e retail da vent'anni, ho diretto on e off Gdoweek e da qualche anno anche Mark UP. Prima, ho seguito con altrettanta passione cinema e lifestyle, ho scritto di moda e di ristoranti, ho lavorato per la televisione e per la radio. Ho vissuto almeno tre vite e nessuna mi ha annoiata.

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