Intervista a Lamberto Biscarini su come sviluppare i consumi

Se la memoria non ci tradisce la battuta folgorante la scrisse in uno dei suoi imperdibili Controcorrente
Indro Montanelli: "Ci sono Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo. L'Italia è un Paese in via di sottosviluppo". A leggere i dati sul nostro Paese presentati ai forum economici viene da pensare che Montanelli avesse visto lungo, e certo la lettura dei
numeri presentati al convegno milanese di Indicod-Ecr "Tornare a crescere, rilancio dei consumi e sostegno alle famiglie italiane" non sembrano smentirlo. Il compito di indicare in apertura dei lavori i vincoli e le ricette per una ripresa è spettato a Lamberto Biscarini, partner & managing director per l'Italia di The Boston Consulting Group. Lo abbiamo incontrato a margine del convegno.
"Sono quattro i vincoli da eliminare perché i consumi grocery possano tornare
a crescere; i primi sono strutturali -dice l'ingegner Biscarini a Gdoweek- e si tratta di tre peculiarità del nostro Paese e che sono l'invecchiamento della popolazione,
il basso livello dell'occupazione femminile e l'incidenza delle spese obbligate dovute
alle mancate liberalizzazioni; il quarto vincolo, che condividiamo con gli altri partner
occidentali è la congiuntura macroeconomica".

E con il divario Nord Sud come la mettiamo? Non c'è nessun altro Paese, avanzato
e non, in cui si registri un gap tra aree del
territorio così evidente ...

Questo, purtroppo, è un aspetto molto
meno eliminabile degli altri; se non ci
sono riusciti in 150 anni la prospettiva che si possa trovare una soluzione in tempi brevi appare davvero improbabile.

A partire dalle sue premesse, sembrerebbe proprio che si debba dare ragione a chi parla di un Paese in declino, o no?

No, non è così; mi pare che l'aggettivo che descrive meglio il nostro paese sia "distratto"; siamo il Paese dell'ultimo momento: i tre temi che abbiamo citato sono lì bene in vista da diversi anni e non ci sono piovuti addosso. In altri paesi si è provveduto con una scelta di tempi più appropriata.

Venendo al tema del convegno: anche se non si può dare spazio alla rassegnazione e alla mitologia del declino, le prospettive del grocery non lasciano molto spazio all'ottimismo ...

I consumi grocery negli ultimi cinque anni sono cresciuti in misura minore rispetto all'aumento dell'inflazione. Nel 2009 c'è stata una battuta d'arresto e per la prima volta anche la distribuzione moderna, che aveva sempre guadagnato quote di mercato, è stata costretta ad arretrare. Il 2010 ha visto una piccola crescita, che sicuramente va letto come un segnale positivo, ma le prospettive per l'immediato futuro appaiono poco chiare perché, al di là delle difficoltà congiunturali che prima o poi saranno superate, i fattori strutturali che abbiamo citato incidono sul reddito disponibile delle famiglie.

Proprio perché la gdo cresce meno e la domanda di beni grocery langue, non si capisce dove ci sia necessità di consentire l'apertura di nuove strutture di vendita e nemmeno quella di orari di apertura più ampi.

La sua osservazione sarebbe corretta se tutto il Paese fosse come la città in cui ci troviamo, dove la gdo è presente in maniera capillare e garantisce efficienza e concorrenza. Ma se ci spostiamo da qui, si scopre che, in realtà, esistono notevoli asimmetrie nelle possibilità di godere dei vantaggi di una distribuzione modernamente organizzata. Come dicevamo prima, se il valore delle vendite grocery è salito in termini nominali meno dell'inflazione ciò e stato possibile anche per merito della gdo che ha contenuto i prezzi, quando le materie prime aumentavano a due cifre, e ha quindi permesso a una parte del Paese di limitare i danni della recessione. Ci sono zone intere dell'Italia, e non solo nel Sud di cui parlavamo prima, ma anche nel vicino e ricco Nord Est, dove la presenza della gdo è largamente inferiore al potenziale e alle necessità della popolazione.

Ma i consumi grocery non stanno diminuendo, soprattutto perché si sono moltiplicate le opportunità di consumo? Una volta ho sentito dire da un manager di una primaria azienda alimentare italiana: "Il mio concorrente per gli snack non è solo i mio competitor naturale, ma anche la Tim con le carte prepagate per i messaggini" …

È anche così: più cresce il reddito più scende la quota percentuale dedicata al grocery. Se esaminassimo la struttura di consumi di un paese africano, con tutta probabilità, scopriremmo che quasi il 100% va in alimentazione. Da noi, un concorrente del grocery è il consumo alimentare fuori casa, e si tratta di un caso di cannibalizzazione tipico delle società avanzate. Quello che invece non funziona, è il fatto che le spese dell'alimentare e della cura casa si stanno riducendo in termini di valore assoluto e non solo di share e che questa riduzione sta avvenendo a causa dell'aumento delle spese obbligate, che possono salire quasi indiscriminatamente, grazie a rendite di posizione che si potrebbero eliminare in breve, se solo lo si volesse.

Com'è cambiata nel tempo la composizione della spesa?
Dall'andamento dei valori della spesa negli ultimi 40 anni rilevati dall'Istat, si evidenzia che il grocery ha ceduto quote a tutte gli altri capitoli di spesa; dal 1970 a oggi, sono stati persi ben 11,3 punti di share. Per curiosità devo dire che la voce con il maggiore aumento (3,6 punti) è proprio quella delle comunicazioni. Il manager che mi ha citato, evidentemente, parlava a ragion veduta ...

Il primo punto da lei citato è quello forse più duro da gestire, l'andamento demografico ...

L'Italia detiene il primato dell'invecchiamento della popolazione insieme a Germania e Giappone; il problema nel medio periodo non impatterà solo sul mondo dei consumi, ma metterà a rischio anche l'attività delle aziende. Da una nostra recente ricerca, dal titolo Creating people Advantage, è emerso che è crescente il peso della fascia di lavoratori tra 50 e 65 anni. Il nostro Paese è il primo in Europa per anzianità dei propri lavoratori ed entro il 2020, senza un cambiamento di rotta, il peso dei dipendenti con alta anzianità raddoppierà in quasi tutti i campi. Nella PA gli ultra cinquantenni, oggi, sono 1 su 3, tra 10 anni saranno più della metà. Nel giro di qualche anno molti di questi lavoratori andranno in pensione. La fuoriuscita di tante risorse quasi in simultanea sia dalle aziende che dalla Pubblica Amministrazione potrebbe mettere in serio pericolo, non solo i conti pensionistici, ma anche l'attività stessa delle aziende che perderanno un patrimonio di esperienza.

Insomma, si è ricreato il Roberto, il famoso Asse Roma Berlino Tokyo. Gli altri Paesi che cosa stanno facendo?

In entrambi i Paesi si attuano programmi specifici per gestire il rischio demografico e favorire un ricambio generazionale senza rotture di continuità; per farle solo un esempio, in Germania il colosso energetico RWE si sta rivolgendo alle università per cercare giovani da reclutare e da formare per tempo. Ma si tratta come dicevamo all'inizio, di non distrarsi dai problemi.

Infine: al convegno Indicod-Ecr proponete incentivi alle famiglie con figli e affermate anche che le donne devono lavorare di più. L'impressione è che le parti politiche che spingono per il quoziente familiare vedano una donna come angelo del focolare. Non è così?

Che ci sia una visione ideologica come quella da Lei indicata è indubbio, ma comunque, l'incentivo va dato in priorità alle donne, perché la crescita del nostro Paese, e qui non mi riferisco solo ai consumi grocery, richiede obbligatoriamente più figli all'orizzonte e più donne percettrici di reddito.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome