L’elasticità al prezzo cresce poco con la crisi

La rincorsa al taglio prezzo e alla promozione più spinta sono davvero la scelta strategica migliore in una fase di crisi? No, o meglio, non lo sono sempre e soprattutto non lo sono per tutte le categorie del largo consumo.
La risposta si può ricavare dalle analisi sull’elasticità al prezzo che Nielsen sta conducendo; ne parliamo con Maria Grazia Bolognesi e Romolo de Camillis, rispettivamente Custom Analytics Director Italy & East Med. e Director Retailer Service Italy.
Per elasticità al prezzo si intende la reattività della domanda al variare del costo di un bene. “Un approfondito studio compiuto negli Stati Uniti -dicono i nostri interlocutori- ha dimostrato che l’elasticità è meno accentuata di quanto ci si sarebbe aspettato; i risultati infatti evidenziano solo leggeri spostamenti nei periodi considerati”. Questo nonostante da tutte le indagini sui consumatori si evidenziasse una sempre più spiccata propensione al risparmio.

Lo studio

L’analisi condotta negli Usa ha preso in esame 300 prodotti a marca industriale e di insegna di 50 categorie del largo consumo e si è articolata in tre diversi step temporali: 2007, primo semestre 2008, secondo semestre 2008, in un arco temporale complessivo che ha visto dapprima l’incremento drammatico dei costi delle materie prime, riflessosi in un aumento proporzionale delle commodities (pane e pasta, latticini, oli) e dopo lo scoppio della bolla finanziaria. “Lo studio dimostra non solo che nonostante la congiuntura i movimenti della domanda sono stati complessivamente limitati ma anche che esistono significative differenze tra le categorie: sono più sensibili al prezzo gli item di cui ci si approvvigiona con maggiore frequenza, come gli yogurt, gli snack e le bevande e i prodotti a lunga conservazione come il latte Uht, mentre hanno un comportamento più rigido i freschi, i prodotti di maggiore prezzo unitario (la ricerca Usa indica come barriera i 5 dollari, circa 4 euro), tutto quello che si acquista con minore frequenza o si presta a una lunga conservazione in frigorifero, i surgelati e i freschi”.

Le Private label

Un aspetto interessante dello studio riguarda le Pl, che mediamente registrano un’elasticità al prezzo inferiore del 30% rispetto ai prodotti di marca. “Apparentemente è un paradosso perché i rincari appaiono più evidenti quando il prezzo di partenza è più basso -aggiungono Bolognesi e de Camillis- ma in realtà chi acquista un prodotto a marchio è già convinto di fare una scelta di convenienza. Questo come altri aspetti della ricerca a nostro avviso si adatta anche alla realtà italiana”. Risvolti pratici per Idm e Gdo? “Conoscere l’elasticità al prezzi -concludono i nostri interlocutori- comporta due importanti conseguenze nei punti di vendita: il primo è che si possono effettuare promozioni mirate su prodotti e marchi per i quali si rivelerebbero efficaci, la seconda è che consente una razionalizzazione dello scaffale con una scelta forse più limitata di prodotti, ma più efficace e utile anche per il consumatore”.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome