Negozi, custodi di storia e valori

Sono la casa del brand, il luogo in cui si cercano conferme su chi è e cosa offre. E la tecnologia, in questo, c’entra poco. La visione di Chiara Endrigo, cofondatrice di Visual Display (da Gdoweek n.2)

Il digitale è ormai una fluida entità che invade tutto e ci trasporta ovunque. I negozi, invece, si trovano ancora in un posto ben preciso, nel quale scegliamo di entrare superando una linea spaziale. A fronte di una quotidianità dove il digitale diventa fonte di connessione, ma anche di alienazione, il punto di vendita deve ritrovare un ruolo umano e rassicurante. Questa la visione retail di Chiara Endrigo, cofondatrice dell’azienda creativa e di progettazione Visual Display.

Qual è la funzione del negozio oggi?

Il ruolo del negozio fisico per noi oggi è quello di rimettere al centro la relazione umana con la persona e con il brand, ovvero quello che si è un po’ perso con l’evoluzione digitale. Il retail così torna a dover svolgere un ruolo esperienziale e di concretezza. Da un punto di vista progettuale, si tratta di dare voce in modo autentico ai valori delle marche. Di esperienza si parla già da anni, ma oggi è tempo di metterla in atto concretamente e la tangibilità del retail ci chiama a farlo.

Cosa significa a livello progettuale?

Oggi all’interno dello spazio retail siamo chiamati a fare scelte prima di tutto funzionali attraverso il layout. Prima ancora di decidere il colore del pavimento e degli arredi dobbiamo rispondere a un’altra domanda: cosa vogliamo far fare alla persona? Prima non ci chiedevamo questo perché si era automaticamente orientati alla vendita, oggi non è così: si è alzata l’asticella delle possibilità oltre lo scontrino. Le stesse aziende sono meno orientate alla vendita del prodotto e più al coinvolgimento, all’interazione con il marchio. Nella moda, ad esempio, si rinuncia a uno spazio in più per esporre i vestiti in favore di qualcosa di diverso, come un salotto.

Che incidenza ha la digitalizzazione attualmente?

Devo ammettere che, per quanto riguarda la nostra esperienza, all’interno degli spazi retail il classico schermo come touchpoint non è già più tanto richiesto. Il punto di vendita torna ad avere una funzione più pura e l’esperienza digitale passa più dal dispositivo mobile della persona e dell’app che dal layout. Il digitale è ormai interiorizzato nelle persone: non è un elemento progettuale imprescindibile, perché un brand si possa dire innovativo nel retail. È come se il negozio stesse diventando una “terra di mezzo”, dove le persone possono paradossalmente staccare e disintossicarsi, toccare con mano ciò che hanno già ricercato online, come fonte di sicurezza e conferma. Per questo tutti i contenuti che i brand veicolano sul digitale oggi devono essere sostenibili, ovvero rintracciabili nel mondo fisico con coerenza.

Può citarci un progetto emblematico in tal senso?

Il concept store Filling Station Motel (Udine, 2018 ndr) sviluppato con Eni e dedicato agli amanti delle due ruote: si tratta di un luogo che riunisce workshop, osteria, negozio di abbigliamento e condivisione di eventi legati al mondo delle moto e della musica. Un progetto che unisce contaminazioni diverse, creato partendo dal desiderio nel nostro cliente, che ci ha visto immaginare tutto fin dall’inizio a partire dalla location: un vecchio hangar Eni Agip. Il tutto è ispirato ai motel Eni Agip degli anni Cinquanta. Abbiamo cercato di ridare vita a servizi del passato, ma in modo contemporaneo. In generale anzi c’è un ritorno dell’heritage passato, la volontà di ripescare il bagaglio culturale di un’epoca dove le relazioni avevano ben diverso valore.

Il made in Italy quanto incide nel racconto instore?

Sicuramente molto, se il brand è un vero made in Italy. Cambia come si sceglie di veicolarlo. Anche nella comunicazione del made in Italy ritorna un concetto di autenticità, senza gesti forzati. Il valore del made in Italy, infatti, spesso soffre di una comunicazione ridondante, spesso pacchiana e ripetitiva. E noi cerchiamo di evitarlo, come esemplifica il nostro progetto Slowear Venezia a Tokyo. A metà fra concept store e spazio di ricerca, questo negozio nei suoi 90 mq di superficie unisce sartorialità, italianità, stile e ospitalità, con una nuova anima meno rigorosa e più eclettica.

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