Programma fedeltà: il punto in Italia

Programma fedeltà Cristina Ziliani
L’Osservatorio Fedeltà presenta i dati sui programma fedeltà delle aziende. Dobbiamo puntare sulla personalizzazione per creare engagement del cliente

Si è svolta a Parma la 22esima edizione del convegno annuale dell’Osservatorio Fedeltà. Quest’anno il tema è stato incentrato sui nuovi confini della loyalty ridisegnati dalla continua innovazione e dalla velocità con cui il mondo e le esigenze dei consumatori mutano. Ad aprire i lavori la padrona di casa, Cristina Ziliani, che racconta l’attuale scenario internazionale e italiano: “Mai come quest’anno ci sono tanti fenomeni che stanno entrando nell’orbita del loyalty management. Alcuni, come l’omnicanalità, sono con noi da tanto, altri sono più recenti; altri ancora non ce li aspettavamo, come l’inflazione”.

L’omnicanalità è un elemento di cui, a oggi, il mondo del retail ha compreso il valore. L’Osservatorio Fedeltà ha analizzato i dati di alcune aziende che hanno introdotto processi e servizi omnichannel, da cui derivano risultati interessanti: i clienti che fanno acquisti anche dall’app spendono da 2 a 4 volte di più di chi compra solo in store; i clienti che si muovono sull’omnicanalità spendono 3 volte in più rispetto ai clienti che prediligono solo il negozio fisico; i clienti che aggiungono un canale digitale hanno un retention rate del 98%. Oggi la loyalty si gioca lavorando su tutti i touchpoint allo stesso modo.

Brand e retailer

In Italia per realizzare una strategia di fidelizzazione il 69% delle aziende fa uso di un programma strutturato di fedeltà basato sulla membership dei clienti. Il vero problema sta nella qualità del programma e nella sua personalizzazione, dalla cui analisi deriva una visione diversa da parte delle società che hanno aderito al questionario: ben il 38% di esse considera i programmi fedeltà un centro di costo. “E’ una percentuale alta -commenta Marco Metti, business development manager di Dunnhumby-. Le aziende reagiscono come vent’anni fa, con i volantini degli ultimi prezzi senza considerare che un buon loyalty program per i propri clienti, basato sui dati, porta valore e risultati concreti”.

Il successo di un programma fedeltà si riversa sia sul consumatore, soddisfatto, sia sull’azienda in termini di guadagno. “Siamo legati al rapporto tradizionalista che abbiamo con il nostro cliente -spiega Felice Ciniglio, senior sales incentive & rewards di Edenred-. Dobbiamo testare cose nuove con coraggio”.

A dimostrazione che i programmi loyalty delle aziende italiane non sono abbastanza evoluti, ancora una volta ci vengono in aiuto i dati dell’Osservatorio Fedeltà. Infatti, il 65% del campione interpellato afferma che, se potesse ripartire da zero, creerebbe un programma fedeltà diverso rispetto a quello attivo in azienda. Le variabili su cui le società spingerebbero sono maggiore sostenibilità ambientale, digitalizzazione e, fattore cruciale, personalizzazione.

Evoluzioni del programma fedeltà

Il 77% delle aziende italiane ha un loyalty program basato sulla raccolta punti. Non è una novità, il consumatore è abituato a questo tipo di reward specialmente nei supermercati. Si tratta di un dato che supera anche il benchmark internazionale, con il 54% delle società che fornisce una carta fedeltà fisica. Si deve fare di più, con strumenti dedicati e più attrattivi; un esempio potrebbe essere rappresentato da nuove modalità di pagamento: “Incorporare loyalty e pagamenti può essere una strada interessante -commenta Gaetano Giannetto, fondatore e Ad di Epipoli-. Big come Walmart o Kroger l’hanno fatto, introducendo uno strumento di pagamento nel proprio club”.

Redemption e premi

La seconda ricerca sviluppata dall’Osservatorio fedeltà studia i touchpoint delle insegne, ma anche secondo il parere dei panelist che si sono succeduti sul palco, la principale debolezza dei programmi di loyalty italiani è rappresentato dai vantaggi offerti ai clienti: sconti o offerte sono proposti dal 79% delle aziende. Ma nella maggioranza dei casi, queste offerte sono uguali per tutti, senza personalizzazione che dovrebbe essere il vero tassello di congiunzione tra la distribuzione moderna e il consumatore di oggi. Inoltre, emerge che il modello standard di raccolta punti è poco apprezzato se concerne la riscossione di premi con l’aggiunta di denaro; e si tratta di un modello molto diffuso in Italia.

I programmi di fedeltà, quindi, devono essere realmente vantaggiosi per i consumatori, e per le aziende devono divenire una voce di costo giustificata da un conseguente rendimento e una processo di fidelizzazione funzionale.

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