Sicurezza alimentare: fiduciosi e diffidenti in sostanziale pareggio

Un responsabile acquisti su cinque considera
oggi i prodotti alimentari sicuri tanto quanto lo
erano quindici anni fa, ma l'opinione del rimanente
80% si spacca in due: un 40% circa li ritiene
più sicuri e un altro 40% meno sicuri. Interessante
è il fatto che dietro a questi due paritetici
gruppi di acquirenti, esistano due target
che si differenziano per profilo: chi si dimostra
fiducioso sul tema è prevalentemente “young
adult”, di istruzione e ceto sociale alto e residente
al nord ovest; chi è più critico è di estrazione
socio-culturale bassa e abita prevalentemente
al sud. Sostanzialmente differenti anche
le motivazioni a supporto della propria posizione
sull'argomento: più ricche ed articolate
quelle di chi vede i prodotti alimentari più sicuri
ed afferenti innanzitutto ad un riconosciuto
maggior livello di controlli (72%), quindi ad
un miglioramento delle tecniche produttive
(60%), di conservazione (50%) e di confezionamento
(47%). Chi nutre insicurezza, invece,
adduce come principale ragione la minor naturalità
dei prodotti -più conservanti, Ogm-
(84%), e secondariamente una maggior attenzione
al prezzo che alla qualità degli stessi
(33%). Questo è un primo inquadramento sull'argomento
“sicurezza alimentare” che si
evince da una ricerca condotta ad aprile 2009
da Ipsos Italia in esclusiva per Gdoweek su
un campione nazionale rappresentativo dell'universo
responsabili acquisto.

Memoria corta? Non proprio
Qual è il grado di preparazione e quindi la sensibilità
sul tema sdella sicurezza alimentare dei
responsabili acquisti? Elevato il livello di notorietà
delle crisi alimentari occorse nell'ultio
ventennio: il 93% degli intervistati ne ricorda
correttamente almeno una. Emergono tra tutti
i fenomeni di natura epidemiologica quali
quelli riguardanti le carni - mucca pazza 74%
e aviaria 55% -, quindi altri inerenti a problemi
di controlli sulla produzione (formaggi avariati
39%, vino al metanolo 27%). Ma gli italiani sentono
di aver ricevuto sufficienti garanzie sul fatto
che i rischi alimentari siano stati superati (e
implicitamente che non riaccadranno)? In
realtà non tutti. E forse, la spaccatura di opinione
sulla sicurezza alimentare descritta precedentemente
dipende proprio dalla percezione
di una media rassicurazione agita in merito:
infatti il 50% degli intervistati si ritiene non
sufficientemente garantito in materia. Il sentiment
prevalente è che sono mancate contromisure,
soprattutto in tema di “severità dei
controlli” (81%), sanzioni più severe per le
aziende coinvolte (38%) e norme legislative
più stringenti (33%). In questo contesto le categorie
merceologiche viste più a rischio sono
il pesce (40%) e gli insaccati (31%). Carne, latticini,
frutta e verdura sono annoverati tra i prodotti
piuttosto sicuri: se questa è una realtà, bisogna
però mettere anche in evidenza che
una quota variabile tra il 30% e il 40% degli intervistati
considera queste categorie poco
controllate/poco sicure. Infine, in merito al
baby food gli intervistati non nutrono sostanziali
dubbi sulla sua sicurezza (solo il 6% si dichiara
insicuro sui controlli fatti).

Rassicurazioni e rischi percepiti

Quali sono i fattori che impattano maggiormente
sulla percezione di sicurezza di un alimento?
Nell'ambito dei freschi la provenienza
del prodotto è sicuramente un elemento determinante:
più del 50% dei rispondenti la citano
come un ingrediente di garanzia per la sua
sicurezza. Seguono, ma ad una certa distanza,
l'aspetto del prodotto (20%) e la data di
scadenza (19%). Nei confezionati, ritroviamo
la data di scadenza (36%) e in aggiunta a questa
la lista degli ingredienti (30%); marca e tipo
di confezione contribuiscono a garantire sicurezza
del prodotto per poco meno del 20%.
In generale i prodotti freschi sono visti come
più sicuri (47%), probabilmente perché per loro
natura ci si aspetta che siano maggiormente
sottoposti a controlli. Seguono, quasi pariteticamente,
i prodotti provenienti da agricoltura
biologica (43%) e, con esplicita contrapposizione
concettuale, i prodotti di marca (29%),
ove il brand è il garante di qualità, e i prodotti
del contadino (27%), l'archetipo della naturalità
e genuinità.
Quali sono invece i fattori precipui di rischio visti
dagli acquirenti? A seguito di sollecito, lne
esce un elenco piuttosto ricco e composito,
con livelli piuttosto assimilabili di considerevole
preoccupazione: cattiva conservazione dei
prodotti e muffe; additivi chimici (conservanti,
coloranti ...), residui chimici da agricoltura,
scarsa qualità e/o contaminazione delle materie
prime e infine ormoni.

Commento a cura di Raffaella Merlini,
responsabile new business di Ipsos Italia
(ha collaborato Fiorenza De Vincenzi)

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