Coop: vogliamo innovare lo scaffale e renderlo distintivo

Per Coop, è il momento di un cambio di passo nella gestione delle mdd, con ruoli differenziati a secondo delle categorie, da declinare sul territorio. La nuova strategia raccontata da Domenico Brisigotti, direttore commerciale di Coop Italia, che spiega anche come cambia il rapporto con l'idm (da Gdoweek 10, 15/6/2022)

Per Coop, è il momento di un cambio di passo nella gestione delle mdd, con ruoli differenziati a secondo delle categorie, da declinare sul territorio

“l l punto centrale di questa strategia che ci porterà nel giro di pochi anni a una quota del 50% delle nostre mdd sul fatturato non è quello di sostituire i prodotti di marca, ma di caratterizzare la nostra insegna rendendola più distintiva. Un’operazione complessa, che ha l’obiettivo di dare maggiore impulso all’innovazione delle nostre linee a marchio e dei prodotti di marca, alla ricerca di una nuova relazione con l’idm, più profittevole per entrambi”. Parte da queste affermazioni Domenico Brisigotti, direttore commerciale food di Coop Italia, per spiegare i motivi che hanno portato il terzo gruppo italiano a immaginare una trasformazione radicale del ruolo delle mdd, del negozio, dei rapporti con l’idm ...

Domenico Brisigotti, direttore commerciale food di Coop Italia

Parole chiare, eppure molti pensano che stiate semplicemente riducendo in maniera consistente la presenza dei prodotti di marca in tutta la rete Coop.
Sarò ancora più chiaro: non abbiamo intenzione di ridurre il ruolo dei prodotti di marca, ma ci sono dei distinguo da fare. Quando parliamo di marca, ci riferiamo a un mondo composito di brand e prodotti, di cui fanno parte sia quelli con una forte equity che conferiscono valore al punto di vendita sia altri che, pur ben conosciuti dai consumatori, rappresentano in realtà delle estensioni di gamma che non soddisfano bisogni, reali o latenti, dei consumatori, con il risultato, quindi, che non conferiscono valore né al punto di vendita né al conto economico. Per questo, oggi la nostra principale preoccupazione, accentuata dal contesto di mercato, riguarda la volontà e la determinazione di rendere i nostri negozi sempre più distintivi e remunerativi.

Di fatto, una revisione, anche se non per tutti ...
Sarà progressivamente ridotto lo spazio a scaffale per quei brand deboli e poco redditizi, che non permettono alle nostre insegne di ottenere distintività e capacità economica, elementi tassativi per avere oggi, ma soprattutto domani, un ruolo di riferimento come retailer. Abbiamo tracciato un percorso chiaro, almeno per noi, nel quale chiediamo all’industria di marca di svolgere un nuovo ruolo: collaborare per dare valore ai nostri negozi e alle nostre insegne. Questa distintività viene affidata, in primo luogo, alle nostre linee a marchio che stanno vivendo una profonda trasformazione, ma, allo stesso tempo, chiediamo alle marche di fare la loro parte. Vogliamo che la relazione gdo-idm si evolva, passando da quella indifferenziata e orientata solo in funzione di market share e contribuzioni a un’altra focalizzata sulla ricerca di innovazione. Per questo siamo convinti che anche l’industria potrà trarre benefici da questa nostra scelta, che richiederà, al contrario di quanto avviene oggi, tempi più lunghi per definire nuovi progetti e prodotti.

Parole che sembrano adatte più alle grandi imprese, che a quelle di piccole e medie dimensioni.
Non è detto: vogliamo relazioni più equilibrate, che permettano di fare ricerca e trovare il prodotto giusto per noi. Vuol dire impegnare insieme risorse, finanziarie e culturali, per un obiettivo comune. Un approccio che premia chi ragiona in termini innovativi.
E l’innovazione non è una questione di dimensioni aziendali, ma di capacità di intuire le nuove tendenze e leggere le esigenze dei consumatori. Il tutto in un mercato molto dinamico, nel quale le categorie si evolvono, a volte anche banalizzandosi. Tutto questo implica un confronto più profondo e condiviso tra Coop e l’industria di marca, con maggiori garanzie di esprimere innovazione, distintività e valore.

Concetti validi anche per i copacker?
Certo, al punto che stimiamo di ampliare il loro numero aggiungendone oltre 250 ai 500 attuali. Una conferma della fiducia nella qualità del panorama produttivo italiano.

Come si declina tutto questo nella rete di vendita?
Siamo partiti da un ragionamento semplice: Coop è un brand con una sua equity riconosciuta la sua evoluzione passa per proporre un’offerta più ampia e ricca. Questo, per noi, significa superare le intelaiature rigide dello scaffale suddiviso con logiche di articolazione verticale tra mainstream, linee speciali e premium, per privilegiare un visual a nuvola, più aderente alle esigenze dei clienti. Per questo, vogliamo creare a scaffale visual a stella, a macchia, che si espandono progressivamente per sottolineare la ricchezza dell’offerta in termini di ampiezza e diversificazione. Ad esempio, lavorando sui momenti di consumo, come la colazione, in fase di inserimento nei punti di vendita della nostra rete con la nuova veste.

Cambia anche il ruolo del buyer ...
Certo: evolve dal ruolo squisitamente tecnico di negoziatore del prezzo, per diventare una figura in grado di dialogare ad armi pari con il mondo industriale e confrontarsi sul processo di innovazione.

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