Zalando: il nostro ruolo? Connettere piattaforme

Non ci sono negozi fisici nei programi dell'e-tailer berlinese, ma la volontà di mettere a disposizione il proprio know how per brand e negozi di prossimità (da Gdoweek n. 15)

Numeri in crescita per Zalando annunciati questa estate: +24,4% per i ricavi nel Q2 2016 e +1,6% per i margini, cui si aggiunge una costante spinta innovatrice per il marchio di e-fashion berlinese che può contare su una base di 18,8 milioni consumatori attivi, con un carrello medio di 66 euro. Il Bread&Butter, la fiera trade trasformatasi in evento fashion consumer, si è appena concluso con il tutto esaurito e 20 mila visitatori paganti, la campagna Tv globale è pronta, è stato lanciato un nuovo magazine digitale, annunciato il secondo magazzino satellite in Francia e parecchi test in corso.

La forza delle private label
Componente importante nel rendere unica l’offerta di Zalando, e completare la rosa dei prezzi, sono le private label, la cui percentuale sul fatturato varia dal 10 al 20% a seconda dei mercati. “Per la loro gestione abbiamo creato la sussidiaria Zlabels (https://zlabels.com) -afferma Matteo Bovio, corporate communication di Zalando-. Sono brand con target e caratteristiche molto ben definite, alcuni best performance, come in Italia Zign, Anna Field, Mint&berry, cui stiamo dando autonomia perché possano vendere anche in altri canali, senza temere cannibalizzazioni”. Così, le scarpe da uomo Zalando si possono già trovare su Asos, gli abiti Anna Field su Amazon Usa, vari brand su Tmall di Alibaba. I prezzi di Zalando sono tendenzialmente allineati al livello full price dei brand, ma “dipende dalla categoria -precisa Bovio-: nel fast fashion, forte su Zalando, l’entry level è piuttosto basso. Molte pl hanno prezzi più bassi perché si collocano in questa fascia, anche se questa affermazione non vale per tutti i brand”.

L'intero articolo su Gdoweek n. 15

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