Le joint venture non funzionano in Cina

È recente l'annuncio dell'uscita di Fiat dalla joint venture (Jv) con Nanjing. Attratta nell'orbita di Saic, cioè della principale impresa automobilistica cinese, Nanjing si è mostrata reticente alle richieste di investimenti in nuovi prodotti e iniziative commerciali avanzate dal socio italiano. La lista dei fallimenti, o almeno “logoramenti”, di joint venture in terra cinese include nomi eccellenti come Peugeot, Foster's (birra), Fletcher Challenge (acciaio), insieme a molti altri nelle telecomunicazioni. E sono inoltre diversi i casi di imprese che rivedono la loro presenza in Cina dalla forma joint a quella wholly, cioè rinunciano a un partner locale per diventare interamente proprietarie (e padrone) del business. Le alleanze costituiscono matrimoni di convenienza e, dunque, sopravvivono fintanto che questa convenienza sussiste per entrambe le parti. Se questo è vero in generale, lo è ancora di più in un contesto come quello cinese, dove la mutevolezza del contesto industriale e legislativo può modificare rapidamente il bilancio delle convenienze. La Wholly Foreign Owned Enterprise (Wfoe) è società a esclusivo capitale straniero, capitale che può essere conferito in valuta estera, macchinari e impianti, diritti di proprietà industriale, tecnologia e know how. I conferimenti in diritti reali e know how non possono comunque superare il 20% del capitale sociale.

L'evoluzione
In passato questa seconda soluzione era osteggiata dal governo cinese, interessato ad accompagnare gli operatori esteri con soggetti locali capaci di assorbirne imprenditorialità e know how. Per restare al settore automobilistico, la joint venture era una scelta obbligata e anche numericamente limitata (non più di due). In seguito all'ingresso della Cina nel Wto, molti di questi vincoli sono stati rilassati. Due sono i principali vantaggi della Wfoe. Primo, maggior autonomia e rapidità decisionale, non essendoci una controparte (cinese) con cui dover condividere ogni scelta. Una controparte che spesso presenta motivazioni diverse da quelle occidentali e collocate su un orizzonte di (più) breve periodo. Secondo, maggior controllo sul know how e tecnologia trasferiti in Cina, e dunque minori rischi di espropriazione della proprietà intellettuale. D'altra parte, una joint venture consente eventuali contenziosi legali tra parti entrambe cinesi. Tuttavia la totale proprietà estera, e dunque l'assenza di un partner, può generare problemi di inserimento nel contesto locale, con possibili difficoltà di approvvigionamento, reclutamento, legittimazione sociale e tutela legale. Aspetti non irrilevanti in un ambiente dove l'appartenenza relazionale (“guanxi”) costituisce una criticità importante del business. Esistono inoltre alcuni benefici fiscali (e più in generale agevolazioni governative) rivolte alle Jv e assenti per le Wfoe.

(*) Università di Udine

VANTAGGI

JOINT VENTURE
• Presenza di partner autoctoni che possono garantire un miglior inserimento nel contesto industriale locale e e alcuni benefici fiscali
• Superiore protezione in caso di contenzioso

WHOLLY FOREIGN OWNED ENTERPRISE
 • Maggior livello di controllo
• Flessibilità strategica e operativa
• Riduzione del rischio di perdere know how

SVANTAGGI

JOINT VENTURE
• Decisioni necessariamente condivise
• Obiettivi non convergenti
• Partner problematici
• Sottrazione di tecnologia proprietaria

WHOLLY FOREIGN OWNED ENTERPRISE
• Investimenti
• Costi di switching
 • Tempi superiori

*Università di Udine

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