Branding con lo spazio? Sì, ma solo se la marca diventa smart

    L'editoriale della direttrice Cristina Lazzati (da Gdoweek n. 5)

    Brand ed esperienza un tema infinito, perché, se nel food il passaggio è più semplice: dagli assaggi al ristorante, tutto si può fare, meno semplice è creare un mondo di marca per i brand che non si possono “mordere”.

    Ma l’inventiva non manca e così Louis Vuitton apre il suo primo ristorante griffato: Sugalabo V, a Osaka affiancato da una più democratica versione: Le Café V, il tutto in un palazzo disegnato dal giapponese Jun Aoki e dal celeberrimo Peter Marino. Ambienti che non risparmiano sui famosi monogram per spazi e piatti tutti instagrammabili. Prada da tempo di è comprata Marchesi, e lo ha infilato nelle sue boutique, mentre per Bar Luce, ha chiamato quel visionario di Wes Anderson per colazioni, pranzi e aperitivi al “sapore” della maison.

    Gucci sul cibo è già fornita con l’Osteria di Massimo Bottura a Firenze e il Cafè in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, anche qui firmati tovagliolini e sottobicchieri e ancora una volta griffe cerca griffe e trova il maestro Knamm per l’offerta di dolci. Ma il cibo non basta e la casa fiorentina (da un pezzo in portafoglio Kering) ripensa i temporary e li chiama Pin: l’icona delle famose G appare anche su Google Map per iniziare a giocare subito. Gli store sono spazi a tema, legati alle collezioni, aperti nelle grandi città -uno dei più recenti a Chicago- dove si gioca con la realtà aumentata e, tramite la app, con i filtri per Snapchat e Instagram, per uno shopping interattivo e sempre connesso. Obiettivo? Gen Z e Millennials.

    Temporary anche per Monclear che, con Genius, ha rivoluzionato il suo mondo con una batteria di firme street e supertrendy, mettendole, dopo un primo giro in assolo, tutte insieme in The House of Genius. Aperti in contemporanea a Milano, Tokyo e Parigi, sono colorati come Luna Park, con tanti effetti speciali, sono un condominio pop, che incrocia stili diversi ma pensati per un unico target, un connubio di,“offline e online, unità e molteplicità” Non sono mancate sessioni creative, incontri con gli artisti ed eventi dal vivo.

    Obiettivo farli diventare: “Hub per la creatività, apprendimento e scambio culturale”. La marca, quando ci si mette, fa le cose in grande!

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