Cbre: riprendono gli investimenti esteri real estate in Italia

L'attività d'investimento nel settore immobiliare in Italia ha proseguito il trend di crescita nel secondo trimestre 2013, confermando l'accenno di ripresa emerso nei primi tre mesi dell'anno. Secondo dati ancora preliminari elaborati da Cbre, il volume investito nella prima metà dell'anno supera di poco i 2 miliardi di euro, con un incremento del 16% rispetto allo stesso periodo del 2012.

Aumenta numero e valore medio delle transazioni
Aumenta il numero di transazioni, con un valore medio di 42 milioni di euro, decisamente superiore ai 20 milioni del 2012.
Ritornano gli investimenti dall'estero: nella prima metà dell'anno sono il 62% del totale del capitale investito, un'incidenza più che raddoppiata rispetto alla media (sotto il 30%) dei primi semestri 2009-2011, periodo più forte della crisi che aveva allontanato gli investitori internazionali dal nostro Paese.

Investitori stranieri: cambia il profilo
Per quanto riguarda il capitale straniero investito in Italia nella prima metà del 2013 bisogna osservare due fattori: saldo positivo per 278 milioni di euro tra chi ha acquistato e chi ha venduto, e cambiamento della tipologia e della provenienza geografica degli investitori stranieri.
Fra i net buyer figurano nuovi investitori che entrano per la prima volta in Italia (Qatar, Norvegia, Svezia), mentre nei net seller spiccano gli europei (Germania, Francia).
I Fondi aperti tedeschi stanno lentamente lasciando il posto a Fondi di private equity, Family office e privati.

Non è ancora vera ripresa
"Non possiamo, tuttavia, ancora parlare di una vera ripresa del mercato dei capitali in Italia -commenta Alessandro Mazzanti, Ceo di Cbre Italia (in foto)-. Basta confrontarci con alcuni mercati fuori dal nostro Paese. Per esempio, nel 2012, in Irlanda, gli investimenti hanno registrato un'impennata significativa grazie a un mix di fattori: le banche irlandesi hanno svalutato gli asset in bilancio, si è verificato un repricing reale, con prezzi in diminuzione, anche del 70% rispetto al picco massimo del mercato, senza dimenticare la buona qualità degli asset in vendita. Queste sono tutte condizioni che in Italia non si sono ancora avverate pienamente. Le banche sono ancora rigide su ipotesi di svalutazione degli asset non performing. Il repricing, a parte rare operazioni, è ancora limitato e la qualità degli beni in vendita, spesso, non rispecchia i desiderata degli investitori".

Crollo dei prezzi
In particolare, confrontando i dati sui valori per uffici “prime” a Dublino, Madrid, Barcellona e Milano, rispetto all'ultimo trimestre del 2007, ultimo picco massimo del ciclo, non può non sorprendere la differenza nelle variazioni registrate nel primo trimestre 2013: Dublino - 76%, Madrid -55%, Barcellona -53% e Milano -8%.

Mercato italiano sbilanciato
"Il mercato italiano, che nel corso degli ultimi anni è stato fortemente penalizzato dalla crisi del debito sovrano, sconta ancora una debolezza strutturale dei player nazionali che, per la stragrande maggioranza, operano entro i confini nazionali -continua Mazzanti- presentando, rispetto all'andamento registrato a livello mondiale, un'allocazione degli investimenti delle diverse asset class subottimali, troppo sbilanciato nel settore uffici rispetto a quello dei centri commerciali. Ciò ha determinato nel passato, e continuando anche nel presente, distorsioni nei prezzi che rendono il mercato meno liquido e dinamico."
"In sintesi -conclude Mazzanti- una ripresa piena del mercato immobiliare passerà non solo da un miglioramento della situazione macroeconomica, ma anche, in parte, da una svalutazione degli asset non performing da parte delle banche e da un'ulteriore evoluzione dei maggiori player domestici".

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