Fairtrade controcorrente, i prodotti equosolidali salgono del 20%

I consumatori chiedono un new deal per il commercio, in cui giustizia ed equità diventino parte integrante degli scambi. È quanto emerge dalla ricerca commissionata da Fairtrade Labelling Organizations (il coordinamento internazionale dei marchi di garanzia del commercio equo) in 15 Paesi, che evidenzia anche quanto Fairtrade sia in ascesa.
Più del 75% dei consumatori intervistati crede che le aziende non facciano abbastanza e che dovrebbero aiutare concretamente le comunità e favorire lo sviluppo nei Paesi poveri. E l'Italia è al primo posto tra i paesi che ritengono la certificazione un plus imprescindibile per attestare la responsabilità di impresa.

Un brand credibile
La metà degli intervistati ha molta familiarità con il marchio di certificazione Fairtrade: di queste persone, nove su dieci hanno fiducia nel marchio e il 64% crede che Fairtrade possieda standard severi. “È incoraggiante vedere come l'impegno verso il Fairtrade sia molto forte in questo periodo di crisi -ha detto Rob Cameron, direttore di Fairtrade Lebelling organizations international-. I produttori dei paesi poveri hanno bisogno del Fairtrade ora più che mai. Devastati dalla crisi globale del cibo, ora diventano due volte più sfortunati a causa della recessione globale. Molti brand internazionali vedono in Fairtrade un investimento importante per il loro futuro. Tra questi Starbucks, Ben & Jerry's e Cadbury”.

Il trend in Italia
Il livello di credibilità e di fiducia del marchio è coerente con le scelte di acquisto, come mostrano i risultati di vendita dei prodotti Fairtrade, cresciuti del 75% in Svezia, 45% in Inghilterra, 24% in Austria. In Italia, dove le vendite a valore sono stimate in 43,5 milioni di euro nel 2008 contro i 39 milioni del 2007, l'incremento è stato del 20%.
I prodotti maggiormente performanti nel nostro paese sono quelli composti (snack, biscotti, ma anche semifreddi), uniti alla frutta fresca, tra cui, in particolare, l'ananas. Cresce anche la percentuale di prodotto bio sul totale: circa metà delle referenze Fairtrade hanno anche la certificazione biologica.
Nel 2008 nuove insegne hanno scelto la certificazione Fairtrade per le loro private label: Dico (nella seconda metà dell'anno) mentre si annuncia l'ingresso di Conad e Despar nel 2009.
 “C'è ancora molto da fare -ha affermato Paolo Pastore, direttore di Fairtrade Italia-. Il nostro impegno sarà rivolto a rafforzare ancora di più il rapporto con i distributori in Italia e ad esplorare nuovi canali, come il vending e le mense, e a proporre nuove referenze”. Come per esempio il cotone, che per ora conta solo su sei aziende italiane licenziatarie e quello della cosmesi e della detergenza, che attualmente coinvolge un'unica azienda licenziataria.

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