Gli ecoprodotti piacciono, ma le certificazioni non funzionano

Il grado di sostenibilità dei prodotti orienterà sempre di più in futuro le scelte di acquisto dei consumatori, ma per il momento il sistema delle certificazioni ambientali non funziona come dovrebbe. È questa la conclusione principale del convegno “Ecoprodotti, un nuovo mercato”, organizzato dalla Camera di commercio di Milano. «Siamo abituati a definire tutti gli articoli presenti sul mercato - ha spiegato il sociologo Giampaolo Fabris - come beni di consumo. In realtà deve essere chiaro che accanto ai beni di consumo esistono i “mali di consumo”, ovvero tutti quei prodotti che attentano all'ambiente e alla qualità della vita». Secondo Fabris negli ultimi anni si è assistito a un crescente interesse verso i prodotti sostenibili: «Oggi il consumatore - spiega il sociologo - ha la consapevolezza di avere dei doveri e delle responsabilità anche in fase di acquisto. Le marche devono racchiudere un surplus di eticità». Ecco perché sempre più persone (23,4%, secondo un'indagine del 2007) sono disposte a spendere qualcosa in più per articoli rispettosi dell'ambiente. Una conferma arriva anche dall'ottimo trend del biologico: in un anno non certo florido dal punto di vista economico come il 2008, questo settore è aumentato del 7%, nonostante i prodotti bio costino in media il 25% in più rispetto a quelli “normali”.

Un'immagine da cambiare
Affinché sempre più consumatori si avvicinino agli ecoprodotti sarà però necessario avviare una rivoluzione dell'immagine di questi articoli. Come ha infatti illustrato Medardo Chiapponi, preside della facoltà di Design e arti dell' Università Iuav di Venezia, gli ecoprodotti sono ancora ritenuti dalla maggioranza delle persone come oggetti brutti esteticamente, costosi e poco efficienti. Un qualcosa di molto distante dalla tipica immagine degli oggetti di design made in Italy. «In realtà non esiste un'alternativa tra design e ecodesign - ha evidenziato Chiapponi - Tutti i prodotti hanno un impatto sull'ambiente e il design può aiutare a trovare delle soluzioni». Il design italiano, secondo Chiapponi, dovrebbe però riscoprire i suoi elementi originari e non concentrarsi esclusivamente sull'estetica. «Nel passato - ha spiegato il preside della facoltà veneziana - il design nazionale ha mostrato un grande interesse verso le sperimentazioni e le novità tecnologiche. Io sono convinto che in questa fase l'ambiente possa rappresentare un grande fattore di innovazione».

I problemi dell'ecolabel
Ma nonostante i progressi e le aspettative riposte sugli ecoprodotti, molto rimane da fare soprattutto dal lato della certificazione. Lo dimostrano i 15 anni di vita dell'Ecolabel europeo, il più importante sistema di riconoscimento della qualità ambientale di prodotti e servizi del Vecchio Continente. Secondo Fabio Iraldo, docente della Iefe Bocconi, i risultati dell'Ecolabel non sono soddisfacenti: «In Italia esistono soltanto 250 linee di prodotto che hanno ottenuto questo riconoscimento. Il settore dove l'Ecolabel è più diffuso è quello della carta, ma le aziende “etichettate” rappresentano appena il 3,5% dell'intero mercato. Una ricerca Iefe, inoltre, ha evidenziato che appena il 4% dei consumatori conosce l'Ecolabel». 

Il nuovo regolamento
Eppure, secondo un'indagine europea condotta su un campione di 200 imprese dotate di questa certificazione, i vantaggi sarebbero evidenti: il 57% degli imprenditori intervistati ha riscontrato incrementi nella quota di mercato grazie all'introduzione dell'Ecolabel. L'aumento di fatturato ottenuto, in media, è valutato intorno al 5%, con punte massime che raggiungono il 30%. I difetti del sistema Ecolabel hanno però indotto l'Unione europea a modificare alcuni dei meccanismi del sistema di certificazione. Secondo un regolamento recentemente approvato dal Parlamento europeo, il nuovo Ecolabel dovrà infatti aprirsi ai prodotti alimentari, ed essere più allettante anche per le Pmi, grazie a una riduzione degli oneri amministrativi e a una semplificazione delle procedure.

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