Il retail appartiene a tutti noi. È uno spazio della nostra vita

    L'editoriale della direttrice Cristina Lazzati (da Gdoweek n. 4)

    Un’architettura di contesto, che guardi fuori, che apra finestre reali e di pensiero al mondo che la circonda. Quando si pensano (o ripensano) i punti di vendita questa dovrebbe essere la mission. Entrano nella progettazione nuovi stimoli, come gentrificazione: un’area che si rinnova, che fornisce una nuova immagine che si irradia anche a ciò che la circonda dando valore agli immobili circostanti, risollevando aree disagiate, offrendo spazi sicuri.

    Alla gentrificazione si accosta la socialità che, a sua volta, richiede una rinnovata sensibilità rispetto al territorio; servizi che possano essere adattati al “pubblico” cui si rivolgono. Infatti, non più clienti, non necessariamente consumatori, i cittadini si trasformano in pubblico, quando si avvicinano al retail non per necessità, non solo per la bontà dell’offerta o per la convenienza dei prezzi, ma perchè lo sentono parte del loro mondo, che sia un negozio o un centro commerciale, è uno spazio di vita. La loro vita.

    Il retail (è un fatto) è parte del mondo che ci circonda, fatto di cose, di persone, di emozioni. Volerlo estrapolare, renderlo un minaccioso pericolo, della famiglia, dei piccoli artigiani, del territorio è una forzatura, facile demagogia. Oggi molti retailer si muovono in sintonia con il territorio e quando non lo fanno, in maniera naturale (anche se talvolta dolorosa), vengono espulsi ... altrettanto naturalmente.

    Il potere del retail è sottostimato, spesso anche dagli stessi operatori, e quando scrivo potere non penso alla versione impositiva che spesso si associa a tale termine, piuttosto alla potenza propulsiva che esso può avere. Certo, c’è aria di cambiamento, l’obiettivo dei negozi oggi è accogliere, è invitare a tornare, la piacevolezza che sembra d’obbligo solo per alcuni formati e per alcuni settori, adesso è un obbligo per tutti. L’omnicanalità sta riportando al centro dei negozi il personale. Il fattore umano diventa strumento di competizione sul territorio. Un cambiamento naturale, che non vuole intromissioni che rischierebbe di mettere in pericolo un equilibrio che solo la libera concorrenza può garantire.

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