Intervista a John Grant sul cambiare il mondo comunicando la sostenibilità

“Dovremmo guardare alle api e a come si organizzano per imparare a co-esistere. Rappresentano un eco-sistema perfetto di collaborazione, da studiare per costruire una nuova visione della società.” Chi parla è John Grant, conosciuto anche in Italia come il guru del green marketing grazie al libro Green Marketing, il Manifesto. Anche il suo ultimo libro, il quinto, Co-opportunity, torna a parlare di sostenibilità, puntando a un nuovo modello possibile basato sulla collaborazione. “Niente di nuovo -afferma- basta guardare a ciò che già esiste, dai social network alle social venture, al cloud computing, all'innovazione open source. Nuovi modi di relazionarsi, di risolvere problemi della collettività, di organizzare progetti e stare insieme nella vita quotidiana. Sono prodromi di una nuova democrazia, una sorta di 'village democracy' che dimostra come una maggiore co-operazione attraverso reti collaborative possa essere un modo, a portata di tutti, per aumentare il benessere comune".

È una logica che potrebbe funzionare anche per le aziende? Queste innovazioni sociali e tecnologiche non sono più il prodotto esclusivo di grandi società e centri di ricerca, ma incorporano la quotidiana creatività di individui, piccole imprese e comunità produttive
autorganizzate. Le aziende potrebbero e dovrebbero proprio guardare a questo modello per sostituire l'attuale “cultura economica predominante”, che blocca l'innovazione, in nome di un “non più possibile” controllo sui saperi comuni con brevetti ed altre forme di proprietà. E anche pensare a un modello più flessibile, aperto. Amazon, per esempio, a seconda dell'ora, consuma solo dal 10 al 40% delle capacità del proprio data center. E il resto? Lo condivide, lo affitta, senza timori di essere violato. Ci sono problemi di offerta verso una domanda che si riduce sempre più, problemi di efficienza ed economie di scala, che potrebbero essere mitigati grazie a una visione collaborativa.

Un modello applicabile anche al marketing?

Unirsi per un mondo migliore dovrebbe essere l'obiettivo del nuovo marketing. Ovvero unire una visione sostenibile della nostra società con quella del marketing. Se le persone sempre più vogliono essere trattate da persone e non da clienti, le
aziende devono imparare a coinvolgere le persone piuttosto che alienarle. Imparare a lavorare con loro. Oggi, è un mondo diverso, abbiamo più macchine fotografiche nei nostri cellulari e con queste abbiamo il potere di cambiare le cose, se ci cola morte di un prodotto (o di un leader politico). La sfida per le aziende è creare reali benefici e valori umani, in linea con i nuovi desideri e priorità. Il futuro è oggi; ci sono già milioni di persone che pensano che il mondo è già questo: sono coloro che animano i social media. Questa nuova visione del marketing è guidata dal consenso democratico, dove sono i cittadini che creano i loro brand e che formano la domanda. La sostenibilità e il marketing possono, allora, lavorare insieme per innovare la società.

Quali brand si stanno già muovendo in tal senso?

Questo è ciò che guida brand come Nike, Levis, Pepsi -30 milioni di persone negli Stati Uniti hanno partecipato, con il crowd funding, per scegliere idee ad alto impatto sociale poi finanziate da Pepsi- solo per citarne alcuni. Sono marche che collaborano con i loro clienti. L'opportunità oggi è dare alle persone il potere di sentirsi parte di una comunità. Il valore è l'esperienza che possiamo creare per sentirci parte attiva di qualcosa di nuovo che sta nascendo e che ha come priorità il bene comune.

Quali sono i migliori canali e/o tecniche per comunicare la sostenibilità di un'impresa o di un brand?

Comunicare messaggi di sostenibilità con le tecniche e i mezzi tradizionali porta alla stagnazione. Esattamente, dove in parte giace oggi il cosiddetto consumo sostenibile. La ricerca di awareness non è sufficiente. È necessario innovare anche la comunicazione: è il caso, per esempio, della campagna “Glass of water” di Toyota, che ha vinto ai recenti Green Awards a Londra il premio come migliore campagna integrata. Nata con l'obiettivo di sensibilizzare verso una guida eco, si è sviluppata sull'idea che, se devi guidare con un bicchiere pieno d'acqua sul cruscotto senza farla cadere, dovrai stare attento a come acceleri o freni. Un genere di guida che riduce del 10% il consumo medio di un'auto, pari a due milioni di tonnellate di CO2 l'anno. Al centro della campagna, un'applicazione iPhone che simula il bicchiere d'acqua sul cruscotto. La pubblicità non dice niente, è semplicemente sabbia nel deserto. Ma non dobbiamo fare l'errore di pensare che l'innovazione sia solo nel digitale, che è certamente importante, ma, da sola, non è sufficiente. L'esperienza reale è altrettanto significativa.
Un'altra bella campagna, sempre premiata ai Green Awards, è “Walk more drive less” che, a Shangai, ha animato le strade, una sorta di performance collettiva per sensibilizzare a camminare e lasciare a casa le auto. I pedoni che attraversavano la strada inconsapevolmente disegnavano di verde la sagoma di un albero, prima passando sopra una striscia di pittura verde, poi lasciando impronte verdi su un enorme telo raffigurante un albero spoglio. A fine giornata, i teli, come enormi graffiti, venivano esposti sulle facciate dei palazzi, a dimostrazione che camminare è più verde che prendere l'auto.

Volendo sintetizzare: quali sono i pilastri per il nuovo marketing e la nuova comunicazione?

Innovazione ed educazione. Tesco, per esempio, si è data una visione 2020, intervenendo sul proprio business per ottimizzarlo in tutti i suoi processi, ma ha anche capito che quello che può fare, anche insieme a tutti i suoi fornitori, è cento volte inferiore a quanto possono fare insieme ai loro clienti. Solo il trasporto utilizzato da questi ultimi per raggiungere i supermercati conta il 50% delle emissioni di CO2 dell'insegna. Si sono, allora, dati un ulteriore obiettivo: aiutare i clienti a ridurre l'impronta ecologica del 50%. Oltre a una campagna e a centri educational dedicati, questo approccio sta portando Tesco ad entrare in nuovi mercati, come quello dell'abitare sostenibile, offrendo prodotti per rendere più green ed efficiente la casa.

La vera discriminante per una società sostenibile sono i comportamenti. Come la comunicazione e il marketing possono contribuire a definirne di nuovi?

Per cambiare i comportamenti, non basta informare, è necessario coinvolgere le persone. La moda, come il marketing, è come la psicoanalisi negli anni Cinquanta, una nuova scienza che cercava di far fare alle persone ciò che non volevano. Cosa succederebbe se fossero le persone a guidare la società? Cosa succederebbe se fossimo noi stessi a guidare le campagne politiche o di comunicazione? Le aziende possono -devono- coinvolgere le persone per costruire una diversa società. In molti Paesi, ciò sta già avvenendo, è una rivoluzione silenziosa. Nel Regno Unito, sta diventando normale comprare green. Solo i prodotti Fairtrade, l'anno scorso, sono cresciuti di oltre il 50%. Si compra bio per ragioni di salute, non perché è green. Nelle scuole, crescono i programmi per educare i bambini a uno stile di vita green. Così come è, ormai, culturalmente inaccettabile lavorare per un'azienda non sostenibile e per un'azienda trovarsi in fondo a una black list di Greenpeace. Questo sta diventando la nuova normalità. A poco a poco, il green è meno speciale e meno caro e più sarà normale, più sarà invisibile e diffuso. Perché questi comportamenti diventino mainstream, sono necessari modelli di comportamento cui ispirarsi. Esempi icona possono essere individui, brand, il tuo vicino di casa, il collega, un amico di Facebook, il primo ministro o una star del cinema. Esempi diffusi di un nuovo modo di essere e consumare (o non consumare). Passione, desiderio, pathos guidano questo movimento silenzioso, che tocca quasi ogni angolo del pianeta, non grazie a internet, che ne è semplicemente l'amplificatore. Questa è la speranza dei prossimi dieci anni.

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