La coerenza è alla base di un buon marchio

Il brand è sempre stato una risorsa importante per la vita delle aziende, ma nell'economia contemporanea lo è ancora di più: i consumatori orientano gran parte delle loro scelte d'acquisto sulla base delle emozioni associate a una certa griffe, mentre l'enorme diffusione della contraffazione a livello mondiale impone l'esigenza di una protezione che solo la registrazione del marchio può garantire. Ma le politiche di branding non possono essere improvvisate e, anzi, se mal effettuate, possono incidere in maniera molto negativa sui fatturati (reali) dell'azienda). È quanto emerso dal convegno “Come gestire e valorizzare il marchio d'impresa”, organizzato da Sistema Moda Italia, e a cui hanno partecipato Daniele Mangiarotti e Monica Pesce di Valdani Vicari & Associati.

I brand non sono trasversali
La principale funzione del brand (che è l'insieme delle promesse, associazioni, immagini ed emozioni che l'impresa crea e utilizza per rafforzare la fedeltà dei propri clienti) è quella di distinguere e tutelare i prodotti/servizi di un'azienda da quelli dei suoi concorrenti. Per questo motivo sono due le domande fondamentali che un'impresa che vuole creare un nuovo marchio deve porsi: innanzitutto quali sono gli elementi (tangibili e intangibili) che rendono distinguibile quella determinata griffe, e, in secondo luogo, qual è il pubblico di riferimento. I due esperti di Valdani Vicari & Associati hanno sottolineato infatti come al giorno d'oggi non esistano più brand “trasversali”: è dunque necessario individuare in modo puntuale i consumatori di riferimento, cercando di comprenderne il comportamento d'acquisto. Ma non basta: è importante capirne anche le percezioni e associazioni rispetto ad altri brand, in modo da non commettere errori di posizionamento. Una volta risposto a questi interrogativi si può pensare alla scelta di un nome e di un logo, decisione che deve essere ovviamente ben ponderata: in un mercato complesso come quello attuale non può essere sufficiente scegliere un nome accattivante e una bella grafica.

La coerenza in tutti i momenti di interazione con il cliente
L'aspetto fondamentale è quello della coerenza: è inutile (o addirittura controproducente) scegliere un nome seducente se poi il prodotto reale con cui il cliente entra in contatto non è corrispondente con la “brand promise”, ovvero con quello che il brand promette con il suo messaggio. La gestione del marchio deve anche tenere conto della coerenza della brand promise in tutti i momenti di relazione cliente-impresa, comprese anche le fasi pre acquisto (come il sito web) e post acquisto (programmi fedeltà e customer service). Come ha spiegato durante il convegno Sandro Veronesi, Presidente di Calzedonia: «L'importante è la coerenza, altrimenti i consumatori rimangono disorientati. Noi abbiamo deciso di mantenere ferma l'identità dei nostri negozi monomarca nei diversi paesi, senza snaturarci per venire incontro alle specificità locali. In quei singoli mercati che non hanno recepito il nostro messaggio abbiamo preferito andarcene». Molta importanza ha anche la scelta dei testimonial delle campagne di comunicazione: occorre fare attenzione a non scegliere personaggi già impegnati con numerosi sponsor, magari di prodotti e target incoerenti tra loro. In questi casi il rischio è di sbiadire il messaggio del brand.

Un monitaraggio puntuale delle strategie
Se la strategia e il posizionamento di branding sono effettuati in maniera corretta, i vantaggi per l'azienda possono essere evidenti: un marchio ben costruito è in grado di garantire un maggiore tasso di fidelizzazione dei propri clienti, che diventano meno sensibili a eventuali variazioni sul fronte prezzo e più ricettivi ai messaggi delle campagne di comunicazione. Ma, dal momento che i consumatori vivono in un mondo in continua evoluzione di valori e di contesto sociale, è chiaro che le soluzioni risultate vincenti in passato possono, da un certo momento in poi, non esserlo più. È necessario perciò un attento monitoraggio della strategia di brand: così come le aziende controllano normalmente l'andamento dei propri bilanci e dei propri investimenti, allo stesso modo è cruciale verificare il ritorno sugli investimenti nelle politiche di branding. L'ideale, hanno sottolineato i due esperti di Valdani Vicari & Associati, sarebbe effettuare un audit sulla percezione del marchio da parte dei consumatori ogni 3 anni. Anche perché i dirigenti delle aziende hanno la tendenza a “innamorarsi” del proprio marchio e a non accorgersi dunque di eventuali difficoltà. Il continuo controllo è doppiamente importante, perché il rilancio di un brand “appannato”, quando possibile, comporta delle spese almeno pari a quelle della sua creazione ex novo.

Come correggere in corsa un progetto: il gruppo Burani 
Nel convegno organizzato da Smi varie testimonianze del mondo dell'imprenditoria hanno confermato come le politiche di branding vadano studiate passo dopo passo: ad esempio, Luca Bertolini, Direttore Generale di Mariella Burani Faschion Studio, ha raccontato di come alcuni anni fa il gruppo Burani, specializzato in abbigliamento di alta gamma, avesse provato a lanciare una linea di prodotti lontana dal suo core business, ovvero dedicata al mondo dei teen ager. «Sottovalutammo quella operazione - ha ammesso il manager - adottando i soliti sistemi (canale, pubblicità) a cui eravamo abituati. Il mercato infatti, fin dai primi tempi, non rispose in modo positivo. Dopo aver analizzato la situazione abbiamo compreso che avevamo sbagliato il target di riferimento, così come il testimonial». Il gruppo Burani ha in seguito optato per un deciso cambiamento di rotta dell'intera operazione, lavorando insieme a partner abituati a comunicare con il pubblico giovane e curando con attenzione la parte web. Risultato, la stessa linea di prodotto che sembrava bocciata dal mercato, oggi funziona e cresce in misura confortante.

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