La creatività diffusa favorisce l’innovazione

Alla fine degli anni '80 (così come oggi) innovazione e invenzione coincidevano: trovare nuovi prodotti/servizi era considerato la chiave di volta per sbaragliare i concorrenti nel mercato. E gli investimenti in Ricerca e Sviluppo aumentavano, per mettere a disposizione dell'inventore le risorse necessarie a scoprire nuovi ritrovati della scienza e della tecnica. La conclusione sembrava ovvia: esiste un legame diretto e proporzionale tra i budget spesi per inventare nuovi prodotti/servizi e i ritorni economici per l'azienda. Negli anni '90 questo trend ha subito un brusco stop; in diversi settori di mercato, all'aumento dei budget in R&D non è corrisposto un aumento in ritrovati e scoperte, sia perché i successi in termini di prodotti inventati progrediscono in maniera non lineare, sia perché nuove barriere si frappongono per la scoperta di sempre più rivoluzionarie invenzioni. Inoltre, l'inventore è una merce costosa e rara; spesso è un individualista che agisce da solo. La risposta allo “stallo delle invenzioni” è stata il passaggio a un numero più ampio di persone: affidarsi a manager capaci di perseguire la creatività aziendale. La competenza distintiva per i manager è rappresentata dal Pensiero Laterale in grado di generare nuove idee e concetti; un pensiero esplorativo che procede per “salti”, differenziandosi dal Pensiero Verticale che é invece logico, selettivo e sequenziale.

Dal manager creativo alla creatività diffusa
 Benché si sostenga che la creatività non sia una dote innata, ma una competenza che può essere modellata attraverso percorsi formativi, i manager creativi rimangono un manipolo ristretto nel mercato del lavoro e diventano l'obiettivo principale delle ricerche di personale delle aziende, che se li rubano vicendevolmente (la guerra dei Talenti). Si fa largo l'idea che non debbano operare solo pochi “specialisti della creatività”, ma che la propensione a generare idee debba essere ricercata fra tutta la popolazione dell'organizzazione, di qualsiasi ruolo e livello professionale. Tutte le risorse umane vengono finalmente riconosciute come “materia prima della creatività”. È questa “creatività diffusa”, questa ricerca delle idee allargata a tutta la popolazione aziendale, che costituisce l'approccio all'innovazione, non legata al genio dell'inventore e a una stretta cerchia di manager superdotati, ma dipendente dalla capacità dell'organizzazione di far leva su tutte le risorse della popolazione per generare il “pensiero laterale”. È necessario, quindi, che l'azienda ponga in atto una serie di politiche che facilitino l'insorgere di nuove idee, che ne premino la proposizione, che non le affossino quando non sono in linea con la logica sequenziale sempre adottata (considerando quindi anche l'errore o l'insuccesso come eventualità possibili e accettabili).

Innovazione e competitività
Nel panorama delle aziende che il Great Place To Work Institute Italia ha indagato in questi anni, non mancano esempi significativi di società che hanno fatto della capacità di sfruttare le doti di innovazione delle persone un valore aziendale e uno strumento essenziale della propria competitività. Il vero problema è però rappresentato dal fatto che molti imprenditori e manager non ne sono convinti... spesso si sente ancora dire che solo la competizione stimola l'innovazione. La semplificazione pare eccessiva: se la mancanza di competizione può generare immobilismo, non è esclusivamente la competizione esasperata che può far nascere una forte spinta all'innovazione. A dimostrazione di ciò, basta guardare il panorama che ci circonda: la competizione c'è, è serrata, … Ma l'innovazione? Ed allora si invocano gli investimenti in ricerca e sviluppo - che sono sacrosanti - ma che da soli non possono garantire i risultati attesi.  


*Amministratore Delegato Great Place to Work Institute Italia

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