La distribuzione deve affrontare la crisi dei consumi

Se, di questi tempi, si legge l'edizione del mercoledì dei quotidiani popolari inglesi (giorno tradizionalmente dedicato alla pubblicità della distribuzione moderna), si resta colpiti dal taglio dei prezzi promozionali nei quali domina lo sconto del 50%. Tesco, leader assoluto del mercato inglese del largo consumo con un terzo di quota di mercato, ha migliorato del 22,9% il risultato netto del primo semestre, grazie a un ribasso dei prezzi dello 0,4%. La concorrenza, quindi, non poteva non adeguarsi sperando di rilanciare quelle vendite che, in tutta Europa, sono in drammatico calo. Le analisi sulla crisi dei consumi puntano su fenomeni congiunturali quali il costo della bolletta energetica e la ripresa dell'inflazione, trainata dai prezzi dell'alimentare. La diagnosi è condivisa dai governi, che tentano la carta della liberalizzazione delle autorizzazioni (vedi la Francia), e dalle stesse catene che ricorrono ai tagli promozionali. La ricetta, però, sembra non funzionare, perché l'involuzione dei consumi, e quella conseguente delle vendite al dettaglio, viene da lontano ed è determinata da un profondo cambiamento del quadro economico-sociale e dei modelli di consumo, così radicale da consentire di affermare che la rivoluzione distributiva ha esaurito la sua spinta innovatrice e declina insieme ai sussulti del consumismo.

Ristrutturazioni
Rispetto a questo cambiamento epocale, la distribuzione moderna, lanciata sulla via del gigantismo delle superfici, degli assortimenti e delle concentrazioni, non ha saputo rispondere con l'innovazione del suo modello di business. Le forme di commercio moderno sono arrivate, nel mondo occidentale, a dominare la produzione e il mercato dei beni di largo consumo sull'onda di uno straordinario periodo di pace e di crescita del reddito che ha generato la saga dei consumi in cui, a ogni bisogno corrispondono mille soluzioni governate non dalla logica del valore, ma da quella del merchandising dei prezzi e della segmentazione dell'offerta. È sufficiente, così, una lieve differenza di prezzo per giustificare, nei confronti di un consumatore più avido di acquistare che di consumare, la presenza di un nuovo prodotto. La saturazione dei bisogni primari e la perdita progressiva di potere di acquisto hanno fatto invertire la tendenza, prima in modo incerto, per cui si è parlato di crisi congiunturale, poi con moto accelerato che ha fatto sorgere il sospetto che il problema avesse radici più profonde. A smontare il meccanismo del merchandising e a confondere le idee ai consumatori molto ha contribuito l'euro con l'aumento dei prezzi (complice anche la distribuzione) e con l'azzeramento dei riferimenti che tenevano in piedi scale prezzo remunerative e correzioni promozionali poco dolorose. I consumatori hanno reagito aumentando il nomadismo e la selettività, come indica il successo di prodotti e settori fra loro molti diversi, e sono attratti dal prezzo, solo se è abbinato all'eccellenza, come nel caso di Tesco. Che i prezzi non rappresentino la soluzione è dimostrato dal fatto che i discount, pur essendo in trend positivo, non hanno fatto registrare record di vendite e che la Germania, loro patria, in pieno rilancio economico, le vendite della distribuzione vanno, forse, peggio che altrove.

Crm controproducente
La distribuzione alimentare negli ultimi anni, certamente dopo il 2000, ha cercato di contrastare il tono cedevole dei consumi con lo sconfinamento in altri settori, con l'ampliamento dell'offerta delle categorie più performanti allocate in spazi di vendita sempre più grandi, ma sempre legati agli stessi meccanismi di vendita, corretti dall'esasperazione dei principi di Crm in fondo ai quali c'è il ritorno al droghiere sotto casa. La distribuzione non alimentare, viceversa, ha innovato lungo tutta la filiera, ha fatto sistema integrando produzione, logistica e distribuzione, conferendo più valore al consumatore (tempestività continuità, novità a prezzi molto bassi o con marchi prestigiosi. I segnali di cambiamento che vengono dal sistema distributivo, forse postmoderno, sono indotti dal consumatore più che da volontà innovatrice e ci dicono di un generico ritorno della funzione di prossimità (quale fra le tante possibili?), della correlata difficoltà delle grandi superfici, ma sono segnali che non colgono le attese di consumatori sempre più distratti.

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