La pubblicità diventa non convenzionale

Il marketing non convenzionale è già sperimentato da qualche tempo e da più di un pioniere (in genere con successo, come nel caso di Burger King con la trovata del “pollo servizievole”). Per molte aziende, tutavia, non fa ancora parte in modo strutturato delle strategie di promozione.
Il marketing non convenzionale è definito da parole-concetto che, perlomeno per gli addetti ai lavori, sono già entrate nel quotidiano. Una di queste è guerrilla marketing, che fa riferimento ad attività o a un tipo di comunicazione dal forte effetto “sorpresa” sulle persone. Poi c'è il marketing virale, che fonda la propria forza su un prodotto o un messaggio che tende a diffondersi spontaneamente tra le persone, proprio come un virus. Non è una tecnica che si improvvisa, dato che per cimentarvisi è necessario partire dal progetto del cosiddetto viral Dna e dall'identificazione delle persone potenzialmente interessate, per poi trasferire il “prodotto” al network sociale di riferimento, che può essere il tradizionale bar ma che si identifica più naturalmente con il social networking sul Web.

L'effetto passaparola
Il rivoluzionario viral marketing è legato a dopio filo con un altro asset del marketing non convenzionale, il vecchio passaparola che in gergo tecnico viene chiamato “word of mouth”. E l'effetto “buzz”, il ronzio di chiacchiere e riferimenti a una novità, si scatena proprio quando un'operazione word of mouth è ben riuscita.
«Il passaparola, soprattutto su Internet, vale molto di più della pubblicità nel momento di fare un acquisto - sottolinea Alex Giordano, fondatore di Ninja Marketing.it e co-autore del testo Marketing non-convenzionale, intervenuto presso il recente convegno Branding Italia 2008 organizzato da Marcus Evans -. Bisogna fare attenzione alla percezione della marca e a non parlare sempre al pubblico come se si stesse facendo pubblicità».
I cardini fondamentali dell'advertising sono ribaltati: qui sono le idee che trovano il medium e non viceversa. Non si studia una campagna appositamente per “quel” medum. Si tratta di sfruttare idee in momenti particolari e non ripetibili per realizzare campagne a effetto temporale circoscritto. «Dentro il concetto di marketing non convenzionale - sintetizza Giordano - c'è il senso di innovazione continua».

Integrazione con l'advertising tradizionale
Non va però buttato tutto ciò che è “vecchio”: il marketing non convenzionale deve essere più che altro un'attitudine costante come parte di un media mix che potrà comprendere tutte le forme di promozione più tradizionali. Un concetto, questo, sottolineato anche da Federico Galimberti, direttore divisione Asi di Ipsos, business unit che si occupa di ricerca sulla pubblicità: «i cambiamenti nell'advertising negli ultimi cinque anni sono stati più grandi che negli ultimi 50. La sfida però è sempre quella di essere capaci di emergere dal brusio di fondo, riuscire a influire sul comportamento del consumatore e giustificare l'investimento, e questo oggi è un po' più difficile. Tutti vedono Internet come il mezzo su cui investiranno maggiormente nei prossimi anni, ma non sarà la fine per lo spot da 30 secondi classico, perché comunque la Tv resta importante per la sua capacità di persuadere». Il punto, anche secondo Galimberti, è individuare il mix ideale tra i vari media, sfruttando tutte le possibili sinergie.

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