La sfida degli eTailer? Il brick&mortar

Cresce il numero degli eCommerce che, grazie alla lettura dei dati dall’online, creano catene fisiche con nuove caratteristiche. Ad Amazon, che, nelle sue diverse formule, opera con quasi 550 negozi tradizionali, si aggiungono altre esperienze (da Gdoweek n. 16)

Cosa rende, oggi, un negozio fisico anche una destinazione per chi lo frequenta? Una domanda che coinvolge tutti i retailer, compresi quelli online che, in linea con le logiche di omnicanalità, stanno diventando sempre più fisici. Se lo chiede sicuramente Amazon, che continua ad aprire concept fisici focalizzati su temi diversi: dal negozio self con pagamento automatico (Amazon Go) all’esperienza “aumentata” dal digitale di Amazon 4-star, fino ad Amazon Books e alle novità in arrivo. Ormai Amazon opera con una rete fisica totale di oltre 540 punti di vendita e non ha nessuna intenzione di fermarsi.

Amazon 4-star, oggi attivo con 4 location, estremizza il tema del contesto portando in negozio solo i prodotti più apprezzati online e richiesti proprio nell’area nella quale il negozio gravita: una funzione che il digitale può potenziare grazie ai dati, ma che i negozi hanno sempre sviluppato focalizzandosi sul territorio e a volte anche sul singolo cliente attraverso il contatto con il personale. L’assortimento punta su giocattoli, videogiochi, libri, elettronica, oggetti per la casa e la cucina, articoli di uso più o meno quotidiano selezionati in base alla frequenza d’acquisto e alle valutazioni online dei clienti della zona, che non devono essere minori di 4 stelle. Una proposta che tiene conto dell’importanza dei giudizi dei clienti, al centro, letteralmente, attraverso i dati sui comportamenti di shopping. L’analogia fisico-digitale di Amazon riguarda anche la comunicazione instore: sugli scaffali si trovano consigli in base ai desideri dei clienti o alla probabilità di un prodotto di essere acquistato in abbinamento a un altro. Ancora, l’esperienza digitale diventa strumento per esplorare l’assortimento dello store fisico, integrando anche le novità di prodotto: articoli di tendenza secondo Amazon.com, come la private label, in questo caso mirata al target degli studenti che frequentano le vicine sedi universitarie. L’offerta cambia seguendo le variazioni delle tendenze espresse online. A differenza dell’eCommerce, qui tutto si può provare, anzi, l’invito a farlo è esplicito.

Analogo l’approccio per la rete Amazon Books, 19 negozi, la cui offerta, lo dice il nome, si concentra sui libri ed è integrata con tutto il mondo dei prodotti elettronici (come Alexa) firmati Amazon.

Passando ai prodotti alimentari, Amazon Go (16 punti di vendita) rappresenta da tempo un’innovazione (molto osservata e con tentativi di riproduzione) sotto l’aspetto dell’esperienza pura: l’emozione di uscire senza passare dalla cassa (e quindi senza pagare) è potente, anche se illusoria, mentre è concreta la soluzione della coda alle casse, storico tallone d’Achille di ogni retailer. A livello di mission, Amazon Go si conferma un negozio studiato per le emergenze alimentari, con un’offerta di piatti pronti e con tutto quanto serve a risolvere rapidamente il problema del pasto; è funzionale, perché c’è solo ciò che serve ed è adatto al contesto: risponde, infatti, alle esigenze di un’area ricca di uffici.

Funzionalità e praticità si confermano anche nell’app come strumento di utilizzo, una soluzione che funziona molto bene per Amazon (e per pochi altri), ma che rischia di diventare un limite perché l’idea di averne una per ogni negozio in cui ci serviamo mette in crisi le memorie degli smartphone.

L’interesse per il food versione brick&mortar di Amazon non si fermerebbe qui: secondo il Wall Street Journal, da qualche mese il colosso di Seattle pianifica l’apertura di un’altra catena alimentare, indipendente da Whole Foods (acquisita nel luglio del 2017) che oggi conta 504 punti di vendita, 36 dei quali aperti nell’era Amazon. Si tratterebbe inizialmente di 12 location distribuite tra Los Angeles, Chicago e Philadelphia.

Se Amazon corre, anche altri eTailer stanno lavorando su loro store fisici (non necessariamente temporary). Un report di Jll riferito agli Stati Uniti quantifica nel 2018 in 850 punti di vendita il numero di location fisiche che i retailer “click to brick” (cioè digitali che si muovono nel fisico) apriranno tra 2018 e 2023. Le insegne citate sono Casper, 200 negozi di materassi in tre anni; Adore Me, intimo femminile, con oltre 300 punti di vendita; Allbirds, calzature di lana, che per ora ha un flagship a Soho, New York, e sta per aprire altri negozi, sempre in città.

Nella classifica delle location preferenziali per aprire pop up e negozi fisici, troviamo ai primi due posti New York e Los Angeles; in terza posizione Toronto e Chicago.

Il 74,3% dei click to brick è costituito da insegne di abbigliamento e accessori, come Bonobos, Untuckit, BaubleBar; l’11,4% vende arredamento e casalinghi, il 5,7% cosmesi e beauty; il 5,7% altri prodotti specialistici, e il 2,9% elettronica di consumo. Il 49% rientra in una fascia prezzo premium, il 32% si attesta nella media, l’1% è lusso, cui si aggiunge un altro 11% di lusso “lite” e un 7% di discount.

Paradigmatica la storia di Casper. Nato digitale per risparmiare ai clienti la noia di acquistare materassi in negozio, ha portato nel fisico un’esperienza d’acquisto alternativa. Accanto a un allestimento accattivante, con colori riposanti e un ambiente gradevole, la novità riguarda la possibilità di testare direttamente materassi, cuscini e lenzuola, scegliendo tra 6 camere da letto dove fare un pisolino.

Un’esperienza migliorata è anche quella del concept di Allbirds, retailer statunitense di calzature in lana ecologiche e modaiole. Se online è facile trovare il numero di scarpa giusto, non è sempre così nei negozi di calzature. Allbirds ha pensato di attrezzare i propri 4 negozi con un bancone per consegnare le scarpe direttamente al cliente che deve provarle, senza tutti i commessi che viaggiano su e giù dal magazzino. In aggiunta c’è la sensorialità: in bella mostra, e da toccare, i materiali con i quali le scarpe vengono prodotte, ordinati per colore e raccontati attraverso un collegamento fisico tra il rifiuto e il prodotto del suo riciclo che diventa calzatura, come le bottiglie di plastica trasformate in filamenti per i lacci.

Provare le cose di persona fa bene al fatturato: secondo Econsultancy i guideshop di Bonobos, showroom dove gli abiti si indossano ma non si portano a casa, realizzano vendite doppie rispetto all’online, grazie all’esclusività dell’esperienza. Le formule veramente funzionali saranno probabilmente quelle che assicurano un travaso di informazioni dal fisico al digitale, e viceversa, a vantaggio di entrambi i canali. Un esempio è Madison Reed, che ha annunciato il lancio del franchising per i propri Color Bar, evoluzione fisica di un concetto digitale e nel contempo umano e famigliare: il parrucchiere per tingere i capelli a casa propria. Il processo di scelta e acquisto della colorazione può avvenire in modalità multicanale, scegliendo il colore online con la consulenza di esperti, e applicandolo autonomamente a casa, oppure andando in un Madison Reed Color Bar diretto o in franchising. Il cliente verrà comunque riconosciuto e i suoi acquisti saranno registrati insieme al suo profilo, per non sbagliare mai tintura e assecondare ogni esigenza: una sorta di digitalizzazione dei segreti del parrucchiere.

In definitiva, i retailer digitali non utilizzano la tecnologia per stupire i consumatori con effetti speciali, ma, al contrario, stanno inventando nuove soluzioni (più facili in termini di accesso e utilizzo) per fare meglio il classico mestiere della vendita al dettaglio: evitare la coda alle casse, suggerire un prodotto da acquistare, farlo provare, consegnarlo a casa, ricordare le preferenze del cliente. Più che a una digitalizzazione del fisico, ci sembra di assistere a un’umanizzazione del digitale.

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