L’alimentare tiene, solo 2 consumatori su 10 riducono la spesa

Un 2008 difficile per l'industria alimentare italiana, che comunque evidenzia la sua capacità di tenuta in un momento complesso per l'economia nazionale. Lo dimostrano i dati economici presentati a Parma in occasione dell'assemblea annuale di Federalimentare: rallentano i consumi e la produzione, mentre cresce l'export.  “Nonostante le difficoltà dovute alla congiuntura internazionale -ha spiegato Gian Domenico Auricchio, presidente di Federalimentare- l'industria alimentare si conferma secondo settore produttivo del Paese, con un fatturato pari a 120 miliardi di euro dei quali l'export rappresenta il 16,7%, con una crescita in valore di quasi il 10% sul 2007.”
Federalimentare ha voluto fotografare lo spaccato della produzione e dei consumi alimentari, raccogliendo e presentando le tendenze in atto raccolte nel focus La spesa in tempo di crisi, elaborato dal proprio Centro Studi.     
Il consumatore che fa la spesa nella gdo, tra i dati prioritari del focus, continua ad avere fiducia nei prodotti di marca (+7% a fine 2008), consentendo così a 7 piccole e medie imprese del settore alimentare su 10 di guardano al 2009 con fiducia.

Svago e tempo libero i più sacrificati
Una ricerca realizzata da GPF per conto di Federalimentare (sulla base del Food monitor, ma anche attraverso un campione on line di 400 casi rappresentativi della popolazione italiana adulta), dal titolo Gli italiani e la crisi economica, conferma che i cosumatori sono molto preoccupati per gli effetti della crisi soprattutto in termini di disoccupazione (95%), precarietà del lavoro giovanile (90%), incertezza, paura del futuro e pessimismo (86%), ma anche per la tangibile e innegabile perdita del potere d'acquisto (84%). Un fattore che, come rileva la ricerca, ha già causato, nell'ultimo anno, una riduzione delle spese generali (alimentare e non) da parte dell'81% degli italiani e che nei prossimi 12 mesi vede spaccarsi il campione (esattamente al 50%) tra i pessimisti (che pensano di spendere un po' o molto di meno) e i più ottimisti, che al contrario contano di spendere di più (11%) o perlomeno la stessa cifra (39%) di quest'anno.
Le previsioni di risparmi e tagli, rispetto al budget familiare, si concentrano su svaghi e tempo libero fuori casa (il 61% degli italiani prevede tagli), abbigliamento (55%), viaggi e vacanze (51%); arredo della casa (47%); strumenti tecnologici per il tempo libero (41%); automobile (35%). Sono, invece, solo 2 su 10 (19%) gli italiani che pensano di ridurre le spese per acquisti alimentari, voce che risulta in coda alla graduatoria, subito prima della spese mediche e sanitarie (2%). Inoltre, vi è anche un 18% che pensa addirittura d'incrementare il budget dedicato a cibo e bevande.
Accano all'84% degli italiani attenti (per ragioni di budget) a sconti e offerte speciali, resta infatti lo zoccolo duro (più o meno attorno all'80%) di quanti cercano comunque la migliore qualità, che oltre il 70% degli italiani ritrova nei prodotti di marca. Si tratta di uno dei livelli più alti registrati negli ultimi 30 anni: basti pensare che per tutti gli anni Ottanta questo indice ha viaggiato tra il 55% e il 65%.
E, se il mangiare  -conferma la ricerca della GPF- resta “uno dei piaceri della vita” per 8 italiani su 10, risulta invece in flessione il piacere di cucinare: oggi avvertito da 5 italiani su 10 (erano 6 10 anni fa).
La crisi, per più di 6 italiani su 10 (il 64%) è però anche uno stimolo “per diventare più creativi e innovativi, inventare soluzioni, lavori, prodotti”.

Innovazione, antidoto per la crisi
La produzione del settore alimentare, nel primo trimestre 2009, a
fronte di un crollo del settore industriale nel suo complesso (-21,0% a
parità di giornate lavorative), ha segnato una flessione molto più
contenuta: -4,3%. Un dato che testimonia una migliore tenuta per le
note doti anticicliche del settore. In particolare a marzo, con un
-1,0% a parità di giornate lavorative sullo stesso mese 2008, il
settore ha segnato la migliore performance, prevalentemente registrata
da quei comparti legati ai prodotti di ricorrenza pasquale.
Una spiegazione deriva dalle strategie imprenditoriali del settore: il 79% delle piccole e medie imprese dell'alimentare, secondo l'ottava indagine Unioncamere e Mediobanca sui bilanci aziendali, in perfetta controtendenza rispetto al totale delle pmi (che prevedono una contrazione di fatturato e produzione nel 67% dei casi) si attendoe una conferma o in alcuni casi un aumento di fatturato nel 2009. E le strategie messe in atto per raggiungere questo obiettivo sono chiare: il 71% (contro il 40-50% di quelle degli altri comparti industriali) ha messo in cantiere investimenti, mentre il 43% ha attuato una strategia di upgrading dei prodotti. Si tratta di scelte coraggiose, soprattutto se si pensa che, nel 2008, gli acquisti alimentari delle famiglie italiane hanno raggiunto i 144,3 miliardi di euro, con un calo a valori costanti del -2,4% sull'anno precedente e che, nello stesso anno, il valore aggiunto espresso dal settore (sempre a valori costanti) è arretrato dell'1%.
Comunque, in generale, chi prevede investimenti nell'anno in corso pensa soprattutto a formule di promozione o pubblicità (42,6%), all'introduzione di nuovi prodotti sul mercato (49,1%) o al miglioramento di prodotti esistenti (57,5%), sia in termini di qualità sia di packaging.
Un approccio che contribuisce a guardare all'export con fiducia: l'83% vede possibile una conferma o un aumento di ordini (si scende al 30% circa nel caso d'imprese di settori della meccanica, beni per la casa e la persona o chimico-farmaceutico). Si tratta di proiezioni e di speranze che andranno verificate in rapporto all'evoluzione della crisi. Va detto, infatti, che a livello macro, i dati dell'export alimentare 2009 stanno esordendo con tagli prossimi al -6/7% in quantità e ancora superiori in valore.

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