L’inflazione trasforma la Gdo

Era dal settembre 1996 che l'inflazione, secondo le rilevazioni di marzo dell'Istat nelle grandi città, non raggiungeva quota 3,3 e addirittura il 3,5 nella zona euro e, naturalmente, questo evento ha suscitato molto scalpore e molti commenti. Se è vero che da molto tempo l'aumento dei prezzi non raggiungeva livelli così alti, è anche vero che, dalla seconda metà del 2005, l'inflazione generale e i prezzi dei prodotti alimentari hanno seguito un andamento di crescita costante e parallelo. Un andamento che non è certamente dovuto a fenomeni stagionali, ma a un complesso di cause di cui la principale è l'aumento della domanda di prodotti alimentari base da parte dei paesi emergenti. Si tratta di un fenomeno di vaste proporzioni, simile a quanto accade per il petrolio, e di una tendenza, risvolto della globalizzazione, che ha connotazioni strutturali, ed è destinata, quindi, a durare e a produrre effetti più importanti di quelli che normalmente provoca la variazione di un singolo indice macro. La tendenza in atto si manifesta nei paesi occidentali, contrariamente a quanto è successo in passato, in presenza di una caduta della domanda e di un ridotto peso della quota dei prodotti alimentari nella spesa delle famiglie. La prima conclusione che se ne può trarre è che non saranno solo le classi più disagiate della popolazione a soffrire dell'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, ma anche quella che in passato si definiva ceto medio, da cui proviene il grosso delle vendite della distribuzione di massa. L'effetto combinato della stagnazione dei redditi, della pressione fiscale e dell'inflazione provoca inevitabilmente la contrazione del potere d'acquisto dei consumatori che, con ogni probabilità, è una delle cause principali del ritorno d'interesse per la prossimità e per il commercio di centro città.

Nuovi sintomi
All'inizio degli anni '90 una situazione analoga culminò con la svalutazione della lira e fu affrontata dalla distribuzione con l'inserimento di un centinaio di prodotti di primo prezzo che non provocò, naturalmente, nessun effetto. La situazione si normalizzò grazie alla ripresa dell'economia innescata dal recupero di produttività dovuto alla svalutazione reale della lira. Successivamente, in occasione dell'adozione dell'euro, il rimescolamento delle scale prezzi e la difficoltà di comparare i prezzi, consentì alla distribuzione di sistemare i bilanci, innescando una reazione di sfiducia che ha cercato di mitigare aumentando la pressione promozionale e riducendo, di fatto, il valore medio dei prezzi. Oggi è da escludere che si possa porre rimedio alla situazione con aggiustamenti tattici come il ricorso ai primi prezzi o l'aumento della pressione promozionale. Entrambi sono soluzioni non perseguibili, sia perché il popolo dei primi prezzi, che non è composto solo da poveri, è servito da un sistema discount efficace che ha conquistato una quota importante e in continua crescita delle vendite della distribuzione moderna, sia per la debolezza della domanda alla cui ripresa non basta la leva promozionale.

Le possibili cure
Sarà necessario un ripensamento dei meccanismi di formazione dell'offerta e di riposizionamento delle insegne che si ottiene combinando in modo diverso più variabili di marketing retail, di cui la più importante è la composizione degli assortimenti per fasce di marche e prezzi. Il dato di fatto è che la maggioranza dei consumatori non è disposta a rinunciare alla qualità così come, in linea di principio, a fare sacrifici per il cibo e i prodotti di largo consumo correnti che non rappresentano più una priorità rispetto ad altri consumi, come dimostra chiaramente - a conferma del cambiato atteggiamento dei consumatori - il deprezzamento in atto del mix delle vendite dei prodotti grocery. Al cambiamento di stile di vita e della scala delle priorità dovrà corrispondere un cambiamento del modello di business che sappia coniugare convenienza con qualità, da recuperare nell'area dei prodotti a marchio e delle specialità e il rilancio della prossimità, su medie e grandi superfici che consentano l'ampliamento dell'offerta oltre l'alimentare. Esempi di come questo si possa fare con successo sono presenti in Italia o in Svizzera, da Migros o nel format City della Coop.

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