Più labile il confine tra marche private e industriali

Il confine tra marca privata e marca industriale, negli ultimi anni, è stato travalicato e, soprattutto nell'area delle promozioni, non si riesce più a notare la differenza (concettuale) tra le promozioni delle private label e quelle dei marchi industriali. I primi segnali si scorgono dalla lettura di semplici indicatori quali la pressione promozionale e la profondità degli sconti. La pressione delle private label ha raggiunto livelli significativi, rasentando in diverse categorie quelli dei prodotti leader.

Se partiamo dal presupposto, come giustamente sostiene il prof. Gianpiero Lugli, che la marca commerciale ha una bassa penetrazione di mercato, non dovrebbe di conseguenza essere utilizzata per la promozione delle vendite. Dato che gli sconti si rivolgono a consumatori che non sono clienti abituali dell'insegna, il prezzo normale della commerciale non può essere noto ai consumatori che si vuole attrarre. Un'offerta poco efficace, in quanto il cliente è disposto a cambiare insegna per inseguire la convenienza nell'acquisto quasi esclusivamente per le marche industriali.

La genesi del processo
Per comprendere questa apparente contraddizione, è importante studiare la genesi del processo. Con il mercato in recessione, le marche industriali leader hanno perso punti di quota e, nel tentativo di riconquistarli, hanno abiurato il loro “credo” inforcando la leva promozionale. In un semplice gioco causa-effetto ciò si è riflesso sulla marca commerciale, seguendo pedissequamente il mark down rispetto alla marca. Di conseguenza, per rianimare le vendite di marca commerciale, molte insegne hanno realizzato una promozione di prezzo almeno pari, come incidenza alla media delle vendite in promozione, della categoria vendite del proprio portafoglio prodotti.

Basta l'instabilità delle quote dei leader a giustificare l'esplosione della promozionalità della marca commerciale? Se la marca leader cessa di svolgere il suo ruolo di difesa del valore ricorrendo alla promozione, la marca commerciale non può che subire una riduzione della sua quota. Di conseguenza, molte insegne hanno ritenuto che, per le marche commerciali posizionate a ridosso del leader, non vi era altra possibilità al di fuori dell'inseguimento del competitor di riferimento nella riduzione del valore.

Spesso i retailer dimenticano che l'obiettivo dell'industria di marca è l'aumento delle vendite del proprio portafoglio prodotti, mentre il retail dovrebbe
avere l'occhio sempre fisso sull'Ebit di pdv e l'aumento delle vendite della marca commerciale deve essere solo strumentale al raggiungimento di tale risultato e non il fine ultimo. Il problema è che ci si è lasciati prendere la mano: si notano in giro comportamenti un po' buffi, come la promozionesulla marca commerciale di primo prezzo o su quella premium. Tutto ciò è forse anche colpa delle condizioni d'acquisto in quanto il dead net è difficoltoso? Chi può dirlo! In ogni caso,
se si vuole essere coerenti con la nomenclatura, forse occorrerebbe ristabilire il giusto e reale confine tra la gestione di una marca privata e un prodotto di marca.

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