Retail italiano confinato nella nicchia

Cosa sta succedendo al retail italiano in relazione a quanto avviene a livello internazionale? Alcune indicazioni interessanti emergono dal consueto rapporto annuale Deloitte, che nell'edizione di gennaio 2008 conclude l'analisi dell'esercizio finanziario 2006. Un'annata positiva, vissuta al traino di economie sparse omogeneamente nel mondo: Argentina, Canada, Cina, Germania, India, Russia, Regno Unito, Stati Uniti; che ha lasciato un segno positivo nelle vendite di gran parte dei 250 top retailer inseriti in graduatoria, per un incasso complessivo di 3.250 miliardi di dollari. Nell'analisi fra entrate e uscite nella graduatoria, poco cambia per l'Italia. Si ripropongono i 6 gruppi già presenti, con una conferma delle posizioni. Coop, Conad ed Esselunga nel primo terzetto; Luxottica, Pam e Finiper nel secondo. Al di là della posizione in classifica, si tratta di insegne inserite solo marginalmente nelle dinamiche che caratterizzano i protagonisti di riferimento dei mercati mondiali: siano essi europei, americani o del resto del mondo. Questi si dividono in due macrogruppi, fra chi punta decisamente a sfruttare il mercato domestico e chi, per contro, lavora dettagliatamente all'internazionalizzazione della rete. I primi incamerano incassi più consistenti e realizzano sui giri d'affari tassi di crescita medi elevati (9,8% vs 7,5%) ottimizzando le conoscenze del mercato di casa. Il primatista italiano, pur crescendo, è molto meno rapido dei campioni domestici stranieri. I secondi (quelli attivi in almeno 10 paesi) registrano marginalità medie di assoluto interesse (4,7% vs 3,1%) e valorizzano i costi più bassi dello sviluppo in mercati oltreconfine.

L'alimentare italiano e internazionale
Fra i rappresentanti dell'alimentare italiano l'internazionalizzazione è ancora un capitolo non scritto. Posizionarsi al di fuori dei due driver principali del commercio mondiale comporta, allora, questo risultato: 1) prima di veder comparire il leader della penisola, Coop Italia, si mettono in mostra 49 retailer, riconducibili a 12 paesi differenti, dei quali 8 in Europa. Ben 7 mercati inseriscono in quelle 49 posizioni almeno 2 imprese (o più). Da segnalare che prima del leader italiano entrano in classifica 6 società tedesche (nelle prime 30), 6 società francesi (nelle prime 40) e altrettante britanniche (nelle prime 49). C'è anche la Spagna (2 retailer) e, da considerare, il leader islandese; 2) precedono Conad, primo follower italiano, 79 gruppi commerciali riconducibili a 15 paesi, dei quali 9 in Europa. Sono 11 i mercati che vedono attivi ben 2 retailer prima del secondo italiano. Nel frattempo i britannici ne inseriscono altri tre (9), come pure i francesi (9), due i tedeschi (8). Il Canada (30 milioni di cittadini) vanta 5 top retailer; 2 la Svizzera (7,5 milioni di cittadini). Da segnalare come effetto positivo: l'internazionalizzazione di Conad - via Coopernic - ha dato dinamismo al gruppo, che registra infatti un +28,3% nell'anno, un +9,5% nel quinquennio (migliore dell'8,7% medio) che equivale a un balzo di 19 posizioni; 3) davanti a Esselunga si collocano 123 retailer, di 22 paesi differenti, 12 dei quali in Europa. In termini di fatturato sovrastano lo specialista italiano dell'alimentare anche il primatista cinese, la coppia di riferimento finlandese (5 milioni di abitanti), il primo indipendente austriaco e il leader danese.

Conclusioni
Coprire con intensità capillare e qualitativa il mercato di casa oppure proporsi con aggressività in una decina di mercati costituiscono nel 2008 i must dimensionali. L'alternativa risiede nell'eccellenza di nicchia, per lo più familiare: non per niente Superquinn e Tegut non rientrano nelle danze dei top 250. Da assegnare al migliore offerente?

Plus • La conoscenza dei mercati domestici resta un atout fondamentale per tutti (italiani compresi)

Minus • La copertura incompleta in casa richiede, però, un allargamento delle attività all'estero (fattore mancante)

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