Ristorazione, la ripresa minacciata da nuove emergenze

Il Rapporto Ristorazione 2021 Fipe evidenzia non pochi problemi del settore: nuovi allarmi vengono dagli aumenti dei costi energetici e delle materie prime

Il Rapporto Ristorazione 2021, realizzato dall’ufficio studi di Fipe-Confcommercio, la Federazione italiana dei pubblici esercizi, in collaborazione con Bain&Company e Tradelab, e illustrato oggi a Roma alla presenza di Lino Enrico Stoppani (presidente Fipe) e di Romina Mura (presidente della Commissione lavoro della Camera dei Deputati), si potrebbe riassumere in questi termini: l’anno della ripartenza, il 2021, ha mantenuto la promessa solo per il 16% delle imprese, i cui fatturati sono cresciuti, "mai però più del 10%". Per il 73% degli imprenditori il calo del volume di affari è stato verticale, a causa delle lunghe limitazioni con conseguente contrazione dei consumi. Gli italiani hanno speso oltre 24 miliardi di euro in meno nei servizi di ristorazione rispetto al 2019, equivalente al 27,9%. Conseguenze? La prima è la scomparsa di 194.229 posti di lavoro rispetto al periodo pre-Covid19.

Per il 63% del campione ristoratori le tempistiche di ripresa ai livelli pre-Covid sono rimandate al 2023 (36%) e al 2024 (27%). Solo per il 37% si parla di ritorno entro il 2022 ai ritmi precedenti alla pandemia. Ma nel 2021 in Italia si parlava ancora solo di Covid. Quest'anno si è aggiunta una tragedia per alcuni versi peggiore, una guerra che potrebbe alterare ancora più gravemente il quadro dell'economia reale, attraverso il meccanismo incremento materie prime (energetiche e commodity)-inflazione importata-aumento dei prezzi finali. “La fotografia scattata attraverso il nostro rapporto –sottolinea il presidente di Fipe, Lino Enrico Stoppanisi arricchisce di ulteriori elementi di stringente attualità. Il deflagrare del conflitto bellico in Ucraina sta infatti avendo e continuerà ad avere un impatto fortissimo sulle nostre attività, sia per gli effetti sulla dinamica dei prezzi delle materie prime energetiche e sull’approvvigionamento di specifiche materie prime alimentari, sia per le giuste e necessarie sanzioni elevate dalla comunità internazionale a carico della Russia e sia per l’effetto domino sui flussi turistici, linfa vitale per il nostro settore. Stante così la situazione non è più rinviabile l’eliminazione delle misure restrittive adottate in Italia per mitigare la pandemia. Misure che oggi, grazie ai vaccini, possiamo e dobbiamo cancellare, anche per ricostruire un clima di fiducia in grado di riavviare i consumi in forte sofferenza. Alle emergenze prezzi e consumi se ne aggiunge una terza, l’occupazione. In questi due anni le imprese hanno subito una pesante perdita di capitale umano a cui occorre rimediare con la massima urgenza recuperando produttività ed attrattività”.

Il lavoro resta l’emergenza più grave generata dal Covid: oltre 194.000 occupati in meno rispetto al 2019 e il 21% delle imprese lamenta di aver perso manodopera professionalizzata e formata. Per 4 imprenditori su 10 mancano candidati e competenze adeguate. Entrando nel dettaglio, il 72% dichiara di non aver subito perdite, il 28% ha perso addetti nella maggior parte dei casi qualificati e in forza da tempo. Fatto 100 la quota di imprese che hanno cercato nuovo personale nel 2021 (32,6%) il 64% ha avuto difficoltà di vario grado (abbastanza e molte). Le prime 3 ragioni di difficoltà nel reperire candidati sono "scarsità di personale con le competenze cercate" (40,3%), concorrenza di altre imprese (33,5%), sostegni alternativi al reddito (32,4%) e mansioni ritenute poco attrattive (32%).

Il saldo delle imprese

Per il secondo anno consecutivo si conferma la forte frenata della nascita di nuove imprese, 8.942 nel 2021, a fronte di un’impennata delle cessazioni di attività, 22.894. Il saldo negativo ammonta a 13.952. Tra 2020 e 2021 le imprese che hanno chiuso i battenti sono oltre 45.000. Per l’86% delle imprese il fatturato nel 2021 è ancora al di sotto dei livelli del 2019. Nel 2021 i consumi si sono ulteriormente ridotti di 24 miliardi di euro rispetto al 2019.

Dopo l’emergenza Covid19, l’87% degli imprenditori ha registrato un aumento della bolletta energetica fino al 50% e del 25% per i prodotti alimentari. Rimangono tuttavia contenuti gli aumenti dei prezzi ai consumatori: nel febbraio 2022 lo scontrino medio è salito solo del 3,3% rispetto all'incremento generale dei prezzi (+5,7%). Il 56,3% di bar e ristoranti non prevede di rivedere a breve il rialzo dei propri listini prezzi.

Il 57,5% dei pubblici esercizi prevede un aumento dei ricavi rispetto al 2021, ma non mancano valutazioni negative tra chi, al contrario, prevede un calo del fatturato (10,1%) o addirittura non ha alcun obiettivo quasi a prefigurare il rischio chiusura (2,6%).

 

 

 

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome