Sostenibilità e approcci circolari per il monouso

    L’impulso derivato dal nuovo quadro normativo europeo in materia ha portato le aziende a individuare strade alternative di affermazione sul mercato (da Gdoweek n. 1/2020)

    Il dado è tratto. Già da qualche tempo le nostre imprese stanno investendo cospicue risorse per realizzare investimenti nell’ottica di una graduale riconversione delle produzioni verso le bioplastiche o, comunque, articoli riciclabili e/o riutilizzabili. E un’altra minaccia che incombe sulle sorti del settore è l’introduzione della cosiddetta plastic tax. L’unico dato certo è che, a valle della filiera, in questa fase si rilevano scelte ed atteggiamenti non sempre razionali e coerenti. “I consumatori finali faticano a scegliere opportunamente fra i diversi materiali e a comportarsi in maniera corretta in merito al fine-vita dei prodotti, così come gli operatori della distribuzione mostrano incertezze nella selezione degli articoli da offrire a scaffale”, spiega Giorgio Elefante, direttore generale di DOpla. “In un momento di rapida e radicale trasformazione, la nostra categoria merceologica andrebbe ridefinita per essere percepita in modo adeguato dai clienti intermedi e finali: è sbagliato parlare di prodotti in plastica (per via dell’innovazione nei materiali) e persino riferirsi genericamente a stoviglie monouso risulta limitativo, visto che stanno proliferando le proposte di soluzioni riutilizzabili”. Occorre, di conseguenza, ripartire dalla funzione d’uso assolta dai casalinghi disposable: garantire una risposta pratica ed igienica alle esigenze di consumo di cibo e bevande in svariate circostanze, convenzionali e non. “Non si prevede una prossima contrazione dei consumi di generi food & beverage, specialmente in contesti urbani e on the go, dunque i nostri articoli assicurano soluzioni adeguate ed economiche alle esigenze del pubblico. Non sembra ancora in programma, insomma, la scomparsa della categoria: anzi, si aprono spazi significativi per innovare”.

    La nuova normativa comunitaria in materia SUP (Single Use Plastics) ha suscitato un forte clamore nel nostro Paese, per nulla inatteso considerato il peso del comparto monouso, forte di oltre un miliardo di euro di fatturato. “In tempi brevi le aziende della filiera hanno cercato soluzioni alternative che ne permettessero la sopravvivenza”, afferma Andrea Cuccaro, responsabile marketing e comunicazione di Imi SpA. “Diversi produttori hanno optato per l’importazione, scegliendo di commercializzare prodotti in polpa di cellulosa provenienti da oltreoceano; pochi altri, invece, hanno preferito una strada nostrana, fatta di ricerca e studi sui materiali. IMI fa certamente parte di questo secondo gruppo: il nostro risultato è BioTable, una linea di stoviglie italiana bio-based, biodegradabile e compostabile, derivata da fonti vegetali rinnovabili (non destinate all’utilizzo alimentare), certificata da TUV Austria e molto apprezzata da CIC (Consorzio Italiano Compostatori)”.

    Presso alcune superfici di vendita la definizione dello scaffale appare piuttosto ondivaga. “L’incertezza regna sovrana”, stigmatizza Marco Grillo, amministratore delegato di Aristea. “Molti operatori della distribuzione non hanno ancora le idee chiare in merito a quali soluzioni adottare per sostituire eventualmente le stoviglie in plastica. Molti ne hanno anticipato l’esclusione, pensando di rimpiazzarle con le più svariate alternative eco-friendly, ma il costo medio elevato delle stesse ha provocato un momentaneo dietrofront. E, per quanto ci riguarda, analizzando le recenti dinamiche dei segmenti che compongono la categoria monouso, le stoviglie in Pet si confermano ancora in crescita grazie ai plus che ne contraddistinguono il profilo: brillantezza, eleganza, infrangibilità e riciclabilità 100%”.

    Qualche operatore ravvisa danni all’immagine della categoria presso gli end-user ma non a livello trade. “Al cliente finale i contenuti della Direttiva SUP sono pervenuti in modo parziale ed estremamente vago -puntualizza Alberto Conti, Italian sales & marketing manager di Goldplast - con l’unico effetto di aver in qualche modo legittimato le campagne indiscriminate contro la plastica che, per quanto continuino a dimostrarsi incoerenti e fuorvianti sul piano dei contenuti, hanno suggestionato l’opinione pubblica, influenzando la percezione del prodotto e i conseguenti comportamenti di acquisto. Più razionale la reazione dei clienti intermedi: la pubblicazione di molti studi e ricerche che dimostrano come le stoviglie in plastica abbiano un impatto ambientale sensibilmente inferiore a quello delle alternative in materiali compostabili, ha migliorato il giudizio sulla categoria da parte della distribuzione”.

    La progressiva transizione verso l’eco-sostenibilità trova già riscontro nelle rotazioni a scaffale: un sentire comune che tende a demonizzare la plastica tradizionale non fa che supportare i risultati dei prodotti in materiali biodegradabili e compostabili, o comunque alternativi al classico polipropilene o al Pet.

    “Con il varo della nuova Direttiva stiamo assistendo ad un cambiamento epocale”, dice Agnese Cartini, product manager di Gabbiano. “Tutti i clienti della gdo -alcuni più velocemente di altri- stanno cercando di eliminare dai propri scaffali le referenze monouso convenzionali per sostituirle con soluzioni biodegradabili e compostabili. C’è, però, ancora molta incertezza: la normativa stessa non risulta chiara in merito ai materiali ammessi e a quelli vietati e, di conseguenza, genera indecisione. Certo è che, analizzando i recenti dati di sell out, si profila un graduale ma deciso spostamento delle preferenze dei consumatori verso articoli più rispettosi dell’ambiente e in linea con le nuove regole di gestione dei rifiuti: nel segmento piatti, da maggio/giugno 2019 si è manifestata un’impennata nelle vendite di referenze biodegradabili a discapito di quelle in plastica”.

    “L’introduzione delle nuove norme sta naturalmente creando una maggiore domanda di prodotti in materiali alternativi, a discapito di quelli in plastica convenzionale, da parte dei nostri clienti diretti e dei consumatori”, concorda Giovanni Donini, sales manager per la business unit foodservice e fresh food packaging di Ilip. “Tuttavia, esiste ancora una conoscenza superficiale circa le materie prime disponibili, le differenze tra biodegradabile e compostabile, l’etichettatura e la normativa di riferimento, per cui non è sempre scontato che il distributore o l’end-user effettui una scelta consapevole e consona con le sue specifiche esigenze. È il motivo per cui, all’interno dei nostri nuovi cataloghi Ilip Bio, abbiamo inserito contenuti informativi su queste tematiche, oltre ai dettagli tecnici sulle singole referenze”.

    L’individuazione dei comportamenti di consumo più trendy consente di focalizzare nuovi fronti di sviluppo della gamma. “L’innovazione nei materiali rappresenta il tratto che accomuna tutti i segmenti nei quali operiamo, dai bicchieri da birra a quelli per il vending, dai piatti al packaging alimentare”, sottolinea Elefante di DOpla. “All’interno di ciascuna area, la ricerca del nuovo segue una strada finalizzata alla miglior soddisfazione della funzione d’uso per cui i prodotti sono pensati e offerti. Con riferimento ai bicchieri per il consumo on the go, per esempio, la nostra linea di articoli in i-Plastic è stata recentemente premiata con l’Innovative Packaging Award in Gran Bretagna”. Una soluzione per uscire dall’impasse consiste nella transizione dal monouso al casalingo durevole. “Abbiamo scelto di sviluppare le linee di prodotti resistenti e riutilizzabili che oggi fanno parte della collezione Tabletech”, precisa Conti di Goldplast.

    “Si tratta di bicchieri e piatti realizzati con tecno-polimeri di ultima generazione, testati per resistere a molteplici cicli di lavaggio (da un minimo di 125 e fino ad oltre 500), infrangibili, riciclabili e spesso indistinguibili dalla tradizionali versioni in vetro e porcellana. I test LCA dimostrano che -con solo 10 riutilizzi- tali stoviglie permettono di abbattere l’impatto ambientale di oltre l’80%”.

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