Speciale Cibus 2016 – Formazione e high tech per il vino in Gdo

Trasmettere il reale valore del vino è un obiettivo strategico per retailer e produttori. Occorre migliorare la cultura del consumatore (da Gdoweek 8 - 2016)

Tante, forse troppe, le etichette di vini esposte sugli scaffali della grande distribuzione. Certamente abbastanza da creare disorientamento nel consumatore che, colto dall’imbarazzo della scelta, passa nel reparto vino più tempo rispetto agli altri settori. Come salvarlo dall’improvviso capogiro, che la semplice divisione tra rossi, rosati, bianchi e bollicine, non è sufficiente a calmare? Le ricette messe a punto dalle varie insegne tengono conto di un percorso di maturazione che lo shopper ha seguito in questi anni. Attento al prezzo sì, ma anche alla qualità. Curioso, sensibile agli stimoli conoscitivi e ai consigli, predilige le denominazioni d’origine come garanzia della provenienza ed è intrigato dalla riscoperta dei vitigni autoctoni nei quali ritrova il richiamo all’autenticità dei sapori. Per questo cliente, le insegne hanno ripensato il category management del reparto, arricchendolo d’informazioni e cercando di ridurre i tempi d’individuazione del vino. Ma troppe suddivisioni e troppa cartellonistica rischia di ottenere l’effetto opposto. Perciò ci si affida alle nuove tecnologie per dar voce alle etichette.

86_GDOWEEK08_2016_Vini_itUn tuffo in cantina
Puntano sulla divisione tra vini basic e vini di qualità, Iper La grande i e Conad. La prima sta creando all’interno del reparto degli ambienti distinti, evocativi delle cantine, per i vini più meritevoli con zone degustazioni (o li sposta in altri reparti per suggerire degli abbinamenti). “Spesso nel formato 0,75 -spiega Antonella Emilio, direttore comunicazione e responsabile relazioni esterne Iper Montebello Spa- ci sono vini di qualità medio bassa, caratterizzati da denominazioni non restrittive che consentono l’imbottigliamento anche in luoghi diversi rispetto a quello di produzione, forniti da grandi cantine o imbottigliatori. L’esigenza di Iper, La grande i è quindi, per prima cosa distinguere, magari in un altro scaffale, posizionati insieme ai grandi formati, i vini “da consumo” da quelli di valore, da “cantinetta” a prescindere dal formato”. Luci soffuse e un ambiente stile cantina è il concept del reparto ideale anche per Valerio Frascaroli, buyer bevande alcoliche di Conad: “Una volta separati i vini da tavola, sui quali c’è ben poco da dire, la comunicazione al consumatore va concentrata sui vini Doc/Docg e Igt qualitativi, la maggior chiarezza a scaffale la si ottiene attraverso una sistemazione per regione; poco efficace la divisione per fasce di prezzo poiché rischia di ghettizzare alcuni prodotti ottimi, ma di medio costo. A parte, ma tutti insieme, andrebbero messi i vini da pasticceria e da dessert, così come gli spumanti e gli champagne. Detto questo, grandi investimenti andrebbero rivolti alla formazione del personale di reparto: non un sommelier, ma semplicemente alcuni degli addetti del punto di vendita che nei momenti di maggior afflusso diano consigli sugli abbinamenti o sulla corretta modalità di consumo”. La formazione degli addetti è fondamentale anche per Michele Bonato, buyer di Ecornaturasì: “Proponiamo la divisione dell’assortimento per regioni, evidenziando aspetti importanti per il nostro consumatore quali: filiera, vini vegani con relativo marchio di certificazione, vini senza solfiti, ecc, caratteristiche che il personale deve saper spiegare”.

La geografia conta
La provenienza regionale è il modello di segmentazione del reparto più diffuso nella gdo. È considerato il più efficace, per citare alcuni esempi, da Italy Discount, spiega Giovanni Filippini della direzione acquisti, “insieme al prezzo e alla destinazione d’uso”. Adelio Bellagente, responsabile commerciale di S&C Consorzio Distribuzione Italia, manifesta un’attenzione particolare alla localizzazione del negozio “lasciando la possibilità ai Soci di meglio adattare gli assortimenti e le attività promo alle caratteristiche della clientela del singolo punto di vendita”. Mentre l’abbinamento tra vini autoctoni e prodotti tipici locali è la strategia scelta da Selex. “La linea Le vie dell’uva -sottolinea Dario Triarico, buyer Mdd di Selex- conta oggi più di 50 etichette e circa 3 milioni di bottiglie vendute all’anno. Oggi il nostro marchio rappresenta un punto di riferimento chiaro e preciso sui nostri scaffali”.

Educare il cliente

Nell’attesa che gli addetti instore diventino esperti di vino, Carrefour si avvale ancora a un sommelier professionista a supporto di attività di degustazione in store, che aumentino la competenza e la conoscenza del prodotto da parte dei clienti e conseguentemente il grado di frequenza d’acquisto della categoria. “Le etichette parlanti -precisa Umberto Mazza, senior buyer manager Carrefour- possono rappresentare una delle modalità di comunicazione maggiormente efficace con l’obiettivo di integrare informazione e qualità dei singoli prodotti”. La strada dell’educazione al consumo e dell’autonomia nella scelta è stata intrapresa anche da Despar, che ha organizzato -racconta Simone Pambianco, product manager Mdd Despar- dei corsi serali teorico-pratici con esperti qualificati, rimborsando completamente il costo di iscrizione con un buono spesa”. Sigma ha invece utilizzato dei video tutorial di degustazione condotti da sommelier di prestigio internazionale, trasmessi all’interno dei punti di vendita e sul sito internet. In Sigma si intende “operare con strumenti integrati che mirino a rafforzare la cultura del buon bere nei clienti. Il 2015 -dice Alessandro Pritoni, national category manager Sigma- ha visto il realizzarsi di un’operazione che ha coinvolto i vini a nostro marchio come acceleratori di punti per la collection avente come premi oggetti inerenti il mondo dei vini (calici, decanter, strumenti di degustazione)”.

Etichette parlanti
Alla necessità di comunicare una mole di informazioni non gestibili nello spazio disponibile a scaffale, viene in soccorso la tecnologia. “Il Gruppo Vegé -spiega Fabio Bocchini, category manager- ha introdotto, per la prima volta nella distribuzione italiana, in 100 supermercati, il sistema beacon, attraverso cui i consumatori hanno ricevuto automaticamente sul proprio smartphone informazioni dettagliate su alcune etichette esposte davanti a loro”. Penny Market sta lavorando molto sulla leggibilità delle etichette dei suoi fornitori completandole con schede tecniche a cui il consumatore può accedere attraverso il QR code. “Per le referenze 75cl -afferma Michele Jeva, direttore acquisti di Penny Market- guardiamo a fornitori diretti che in etichetta evidenzino la cantina di produzione e imbottigliamento, le caratteristiche del prodotto, il momento di consumo, la temperatura di servizio e i possibili abbinamenti durante i pasti”.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome