Speciale Cibus 2016 – Pomodoro trasformato addio alla commodity?

L’inserimento di referenze premium e a elevato livello di servizio mira a recuperare marginalità al reparto. Centro strategico è la marca del distributore (da Gdoweek 8 - 2016)

C’è un obiettivo che accomuna retail e industria nel mercato del pomodoro trasformato: essere competitivi a scaffale e, contemporaneamente, generare valore per aumentarne la redditività. Il comparto vanta un livello di penetrazione che sfiora il 100%, eppure nella gdo ha iniziato a perdere quota in tutti i segmenti. In controtendenza appaiono solo i sughi pronti, che crescono (+5%), ma rappresentano una piccola quota del mercato. Per ribaltare la situazione nella restante parte del mercato, le aziende si stanno impegnando a creare prodotti, packaging e formati nuovi. Puntano su qualità e italianità delle materie prime, etica del lavoro e sostenibilità ambientale. In parallelo c’è da vincere la sfida della comunicazione, non solo pubblicitaria ma anche divulgativa: far capire ai consumatori l’importanza di un’alimentazione sana, della quale il pomodoro può essere un elemento fondamentale. Infine, ultimo ma non meno importante, occorre migliorare l’integrazione e aggregazione di tutti i componenti della filiera per distribuire meglio le risorse, anche perché nelle campagne, soprattutto al Sud, si fa fatica a far quadrare i conti.

102_GDOWEEK08_2016_Pomodoro_intRidurre l’incidenza promozionale
Alla distribuzione il mondo della produzione chiede principalmente una cosa: smettere di considerare i derivati del pomodoro come commodity. Un atteggiamento che concretamente porterebbe una riduzione delle vendite in promozione. L’incidenza promo oggi riguarda circa il 37% del totale. Forse è anche per questo motivo che quella dei derivati del pomodoro è una delle categorie dove il consumatore risulta più infedele al brand e finisce per scegliere in base al prezzo. Dal canto loro i retailer cercano al contrario un difficile equilibrio tra la necessità di trasmettere ai consumatori un elevato percepito di convenienza con promozioni e prodotti di primo prezzo e il bisogno di aumentare i margini. Lo perseguono con l’inserimento di referenze premium, allargando la platea bio, spingendo sulle private label (nonostante nel 2015 la quota di vendita sia calata dell’8% a volume e a valore), dando sempre più spazio a prodotti con un alto livello di servizio come le passate aromatizzate e i sughi pronti. Questo il quadro che emerge dalla ricognizione fatta sentendo le principali aziende di trasformazione, le catene della gdo e cercando un riscontro sul campo su come sono organizzati gli scaffali di alcuni ipermercati.

Nuova linfa al comparto
“Per dare dinamicità e nuova linfa a questo comparto la nostra strategia è lavorare su prodotti innovativi, nuove ricette che abbiano anche alto valore aggiunto -spiega il direttore acquisti di Crai, Carmelo Carriero-. In primis cerchiamo di presidiare i nuovi trend: non a caso nella linea Crai Bio che è stata lanciata da poco ci sono due referenze di pomodoro, la Passata e la Polpa di Pomodoro Bio”. Osservando la gondola Crai in un punto di vendita in provincia di Torino si nota come la passata a marchio dell’insegna nel classico formato da 700 grammi sia collocata nella migliore posizione a scaffale, sovrastando la stessa tipologia proposta dalla marca di riferimento. I pelati si guadagnano soltanto la parte bassa, ma lo schema riproposto è il medesimo: in posizione prioritaria la private label, poi i marchi. Una zona riservata è dedicata al bio: ai concentrati e alle referenze particolari, con formati più ridotti. La scontistica è applicata principalmente sulle referenze a marchio del distributore. “La private label è uno dei nostri asset strategici -sottolinea Carriero- è un elemento caratterizzante della vision e della strategia di Crai che insieme ad altri elementi, come il format, l’assortimento e la comunicazione, consente di rafforzare la brand identity dell’insegna. Inoltre, è un elemento che fidelizza la clientela”.

Esposizione consolidata
Nell’iper di Casalecchio, alle porte di Bologna, Carrefour propone uno scaffale piuttosto tradizionale. Anche in questo caso nel ripiano centrale spicca la passata private label (nelle varianti classica e rustica), sopra e sotto i principali brand nazionali. Nello scaffale inferiore finiscono i pelati, il concentrato e una gamma di primo prezzo quasi del tutto composta da referenze a marchio dell’insegna. Poco spazio viene concesso al bio e per questa categoria manca il prodotto del distributore. Alla fine dello scaffale, affacciata sul corridoio centrale, risalta l’isola di offerte su bancale. “È una categoria di traffico che vive molto di attività promozionali soprattutto su passata e polpa -ammette il direttore drogheria dolce e salata Carrefour Italia, Roberto Borin-. C’è molta competizione sui prezzi, con il risultato di svilire la categoria. Carrefour sta cercando di portare valore aggiunto lavorando con fornitori e brand che investono in maniera adeguata sulla qualità, sui prodotti legati al territorio e sulla comunicazione”.

Un ruolo d’onore al bio
Esselunga nel reparto derivati del pomodoro mette in primo piano la passata bio con il proprio marchio. In generale lo scaffale del retailer di Pioltello si caratterizza per un alto numero di referenze premium, molte delle quali in piccoli formati. Alta immagine, pur mantenendo una percezione di prezzo conveniente. L’integrazione viene lasciata alle marche principali del mercato italiano. Anche Esselunga propone la classica isola promozioni fuori scaffale. Lo schema espositivo viene replicato sulla polpa, con molto spazio per la private label, sia classica che bio. In un iper situato in una zona popolare della periferia di Bologna, Coop mostra un reparto dove le marche d’impresa hanno più spazio dell’etichetta della cooperativa; il bio c’è , ma non troppo in evidenza. Lo caratterizza però il fatto di essere affidato a prodotti di aziende del territorio. Anche Conad ha costruito lo scaffale puntando sul proprio marchio con le passate classica e rustica, entrambe inserite nel paniere dei ‘bassi e fissi’. Attorno a queste ruotano i brand più noti, poi una buona scelta di prodotti bio e di sughi pronti.

L’articolo completo su Gdoweek n. 8 – 2016

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