Valore percepito, un’opportunità per aumentare i prezzi

Utilizzare il fattore prezzo come leva strategica, in tempi come questi che lasciano pochi margini di azione, non è una cosa semplice. Eppure al pricing dei prodotti e servizi offerti le aziende devono sempre guardare con attenzione, dato che oltre ad avere un immediato impatto sui ricavi si tratta della leva di marketing più veloce e flessibile da utilizzare.
Soprattutto, praticare un prezzo sbagliato può costare l'esclusione dal mercato: un'indagine di McKinsey dimostra che abbassare dell'1% il prezzo sotto quello ottimale porta in media a una riduzione sul margine dell'8%.
L'attuale contesto è stato ben inquadrato da Andrea Rossi, docente di marketing e amministratore della società di consulenza InnovActing, presso un evento organizzato da Assolombarda: “Siamo in un momento di stagflazione e peggio di così non potremmo andare. In aggiunta Internet trasmette trasparenza su prezzi e offerte: non si può mentire al cliente o arroccarsi su posizioni dominanti”. E ha lanciato una provocazione, Rossi, affermando che persino in questo scenario esistono le opportunità che consentono di aumentare i prezzi, o per lo meno di mantenerli.
Dietro tale dichiarazione c'è una constatazione scientifica: a fronte di una precisa analisi si può scoprire di poter commercializzare un prodotto a un listino più alto di quello praticato. Difficilmente, tuttavia, le aziende effettuano analisi preliminari: secondo i dati riportati dal consulente Pallme & Network, solo l'8% decide sui prezzi secondo una precisa strategia e dopo aver fatto indagini di mercato.

Il prezzo basato sul valore
“Una opzione da non sottovalutare - ha osservato Rossi - è quella del “value based pricing”, un criterio che consente di ottenere la massima efficacia dai prezzi praticati dato che offre la marginalità più elevata”. Per attuarlo correttamente bisogna individuare il prezzo "giusto" per ciascun cliente, quanto è disposto a pagare, lavorando poi all'indietro per determinare i costi di produzione. Esiste una precisa metodologia da seguire, che porta a definire il valore reale percepito dal cliente attraverso i benefici che il prodotto o servizio è in grado di offrirgli.
È necessario, però, ottenere buone segmentazioni di mercato per definire i differenti target, cui poi vanno indirizzate altrettante fasce di prodotto con i relativi prezzi.
Il value based pricing è uno dei tre criteri utilizzabili per la definizione del prezzo. Gli altri due rispondono a fattori più immediati e di certo richiedono meno sforzi: somma dei costi di produzione più margine oppure allineamento ai prezzi praticati dalla concorrenza.
L'applicazione del prezzo basato sul valore può quindi far emergere una netta differenza tra il valore percepito dal cliente e quello effettivo del bene ricevuto. È così nei settori della moda e del lusso, e oggi vale spesso per molti oggetti high-tech (si pensi all'iPhone), ma questa dinamica è stata osservata anche nell'ambito di prodotti commodity.
Come nel caso di Goodyear che, nel 1992, si risollevò da una pesante crisi finanziaria grazie all'introduzione sul mercato del pneumatico Aquatred a un prezzo quasi doppio rispetto quello praticato dalla concorrenza. Sembrò una follia, invece la strategia funzionò perché il valore del prodotto percepito dai consumatori giustificava ai loro occhi un tale esborso.

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