Nella ristorazione verso una sicurezza diffusa

Nuovi protocolli, ambasciatori dell’igiene e flessibilità. Come la ristorazione veloce sta gestendo riaperture e dinamiche delle nuove ondate della pandemia (da Gdoweek 2/15 fenbbraio 2022)

Sicurezza, velocità di adozione di nuove dinamiche aziendali e flessibilità sono diventati i concetti a cui la ristorazione ha imparato ad ancorarsi per far fronte alle incertezze dettate dalla pandemia. Situazioni, queste, che devono orientarsi contemporaneamente verso i dipendenti e verso i clienti, garantendo un alto livello di tranquillità dettata dal rispetto e dalla messa in pratica di forme di tutela per la prevenzione dal contagio.
In principio fu il plexiglass, unito a sanificazione continua, mascherine, guanti, gel disinfettante e take away. Il distanziamento dei tavoli, l’allestimento di dehors dell’ultimo minuto sono stati un primo passo verso la definizione di protocolli di sicurezza che hanno riguardato, in modo importante, il mondo della ristorazione veloce. La strada da percorrere è ancora lunga e porta a galla le questioni non ancora risolte che un’emergenza sanitaria dai netti contorni economici e sociali determina nel mondo della ristorazione.

Interessante a tal proposito la ricerca Ucla Labor Center study che, pubblicata a gennaio 2022, inserisce i lavoratori della ristorazione tra le categorie a maggior rischio contagio, anche a causa della mancanza di controllo, strumenti e protocolli di protezione forniti dalle aziende. Lo studio, Ucla’s Fast-Food Frontline: COVID-19 and Working Conditions in Los Angeles, che considera un significativo campione di lavoratori dei fast food di Los Angeles, è in realtà specchio di situazioni dai confini geografici ben più ampi.
Con il diffondersi delle varianti e l’introduzione del super green pass è d’obbligo intensificare le attenzioni per la prevenzione del contagio insieme alla promessa di sicurezza sia per i clienti affinché possano vivere un’esperienza soddisfacente, che nei confronti dei lavoratori ai quali si affida, di fatto, la vera fotografia di qualità del ristorante.

Come muoversi, dunque? Intanto, guardando agli esempi virtuosi e aggiornando la propria check list Covid sia nel rispetto di quanto previsto dalla normativa che attraverso il confronto con dipendenti e clienti. Il gruppo Jollibee, per esempio, ha creato, sin dal 2020, degli ambasciatori dell’igiene che, presenti in ogni team, si occupano di formare il personale, verificare la realizzazione dei protocolli e monitorare la situazione nei diversi ristoranti. Non solo: oltre a intensificare gli standard di sicurezza, fornendo indicazioni relativamente a sanificazione degli ambienti (ripetuta ogni 30 minuti), lavaggio delle mani e relazione con colleghi e clienti, Jollibee ha fornito al personale insieme ai dispositivi di protezione anche specifici integratori vitaminici per mantenersi in buona salute durante il servizio. Tra i primi a muoversi per tutelare la salute e la sicurezza di dipendenti e clienti c’è McDonald’s che ha implementato le sue linee di procedura e le ha fatte validare dalla Direzione dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” - IRCCS, che le ha giudicate “coerenti con le indicazioni delle autorità sanitarie nazionali e le attuali conoscenze scientifiche”. Quello di McDonald’s rappresenta, ad oggi, un unicum nel settore della ristorazione e coinvolge le diverse modalità di consumo dei prodotti, siano essi al tavolo che utilizzando i servizi di delivery e take away.

Alla base delle procedure convalidate, l’accesso limitato per garantire il distanziamento sociale, il mantenimento delle distanze di sicurezza, l’uso di maschere e guanti, gel sanificante e pannelli di plexiglass, impianti di ventilazione e filtraggio dell’aria.
Tutti elementi, questi, che di fatto rimangono i punti di partenza ai quali vanno aggiunte le direttive più severe rispetto all’igiene del locale e del personale, al lavaggio delle mani e all’incentivare le procedure contacless con acquisti tramite app o chiosco digitale evitando, per quanto possibile, il consumo al chiuso. Un recente pubblicato sulla rivista scientifica Epidemiology ha confermato che l’incidenza del Covid-19 durante il 2020, dove era stato istituito il divieto di consumazione all’interno è risultata ridotta del 61%.
Certo, non era ancora partita la campagna vaccinale che ha permesso di dare una importante svolta a questa percentuale anche grazie all’incremento delle procedure e ad iniziative come quella di Burger King, “Torniamo concorrenti” dove nei primi mesi del 2021 sono stati messi a disposizione strutture e personale medico sanitario per vaccinare 4000 piccoli ristoratori italiani.

Sul tema vaccini la prima realtà del mondo fast restaurant a prendere una posizione netta è Starbucks America. La società, che ha garantito la retribuzione anche per i periodi di autoquarantena, aumentato i salari e adottato speciali protocolli di sicurezza, con un messaggio inviato a fine 2021 dal presidente di Starbucks North America John Culver, ha richiesto di rivelare lo stato di vaccinazione, proponendo, di fatto, una strategia per implementare nuove regole federali che richiedono ai dipendenti di vaccinarsi o, qualora decidano di non farlo, di testarsi settimanalmente ma a proprie spese.

La ristorazione, uno dei settori che più ha dovuto fare i conti con la pandemia, ha intensificato l’attenzione verso tutte le pratiche di sicurezza anche attraverso il confronto con i dipendenti e i clienti

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome