Centri commerciali, pesante calo delle aperture

Interessanti come sempre i convegni di Confimprese. E quello di oggi in particolare, a Milano nel centralissimo palazzo Unicredit di via Grossi, nel corso del quale Gian Enrico Buso, managing director di Reno, ha presentato la ricerca, in esclusiva per Confimprese, sui centri commerciali, consistenze numeriche, trend e prospettive.
Non è questa la sede per diffonderci sui dettagli del survey (lo faremo in un prossimo articolo), ma segnaliamo due novità: la classificazione in base ai criteri delle "centralità commerciali" (381 identificate a livello nazionale) e il rating stile Moody's o Fitch per i centri commerciali, in base ai visitatori. In questo senso i primi 5 shopping center a livello nazionale sono: I Gigli di Campi Bisenzio (18,6 milioni di visitatori annui), Porta di Roma (18 milioni), Euroma2 (13), Le Gru (11,8) e Romaest a Lunghezza.
Meno performanti i centri commerciali "prime" attivi a Milano: Carosello a Carugate e Fiordaliso a Rozzano: pur contando su circa 100
punti di vendita ciascuno, hanno la metà dei visitatori dei primi due in classifica, solo 9 milioni
l'anno.

Caduta delle aperture,
ma positivo il trend 2015-2016

Analizzando la situazione dei centri commerciali lo studio segnala la pesante caduta delle aperture nel 2014: solo 6 contro le 8 del 2013 che, a loro volta erano già la metà rispetto al 2012; dunque in due anni il settore  ha perso il 60% delle aperture.
Positivo invece il trend sul biennio 2015-2016: la pipeline prevede rispettivamente 16 e 18 aperture (inclusi ampliamenti) di nuovi centri commerciali, rispecchiando in questo modo gli stessi numeri registrati nel 2011-2012. Nulla a che vedere, però, con le 50 aperture del biennio 2005-2006 e addirittura le 58 del 2007.

Su Milano ci sono all'attivo 2 megaprogetti: Westfield Milan a Segrate (2017-2018) con Galeries Lafayette come ancora non alimentare, e il grande centro commerciale ad Arese sull'ex Alfa Romeo, un investimento da oltre 700 milioni di euro su un'area di 1,6 milioni di mq, in vista di Expo 2015.

Fra gli operatori serpeggia molto scetticismo sul fatto che nel 2015-2016 si rispetterà il calendario stimato da Reno: gli slittamenti sono all'ordine del giorno in questo settore e in Italia in particolare.

I "prime" sono un club
ristrettissimo (troppo)

"Rispettare i piani di apertura - precisa Mario Resca (foto), presidente Confimprese, che ha aperto il convegno - dipenderà non solo dalla situazione del Paese fortemente instabile, ma anche dalla contrazione dei consumi, principale responsabile della flessione del traffico nelle gallerie. I retailer sono intenzionati ad aprire nuovi punti di vendita, ma a patto di avere garanzie certe sulle tempistiche, costi più equi e meno burocrazia.
Solo 11 dei 924 centri commerciali in Italia, cioè il 6,7% del totale, sono 'prime', dato che non trova riscontro nella situazione degli altri paesi europei. Servono progetti innovativi, che permettono al consumatore di vivere una entertainment experience come accade all'estero, dove la percentuale di punti vendita della ristorazione nelle gallerie arriva al 20% contro il 6-8% dell'Italia, l'offerta è differenziata da centro a centro e il cliente è attratto dall'offerta della galleria commerciale più che dall'ancora food, il cui peso si sta progressivamente riducendo".

Andamento dei canoni
Nel capitolo "affitti", Reno evidenzia la tenuta degli shopping mall classificati come prime, dove i prezzi hanno subito leggere variazioni solo a seconda della metratura. Nei centri commerciali di fascia secondaria (BBB, BB) si sono verificate maggiori variazioni. Aumentano i vacancy rate (con punte del 19,7% per i centir di rating più basso) e si è cercato di ancorare il valore dell'affitto all'andamento dei fatturati.

La seconda parte della ricerca riguarda i trend attualmente in atto a Milano con una doppia analisi del comparto non food e food. Il non alimentare si focalizza su vie ad alto traffico, tendenzialmente posizionate nel cuore della città dove la clientela ha una preponderante componente turistica: è la zona Duomo ad aggiudicarsi la pole position come centro dello shopping per eccellenza.

Milano, l'ascesa di via Torino
Particolarmente significativo il caso di via Torino (tratto Via Orefici-piazza San Giorgio), una delle vie più promettenti del momento, lunga oltre 1 km e con circa 120 punti vendita, animata da recenti refurbishiment di grido (come il nuovo Trony al posto di Fnac) e nuove aperture come Nike.
I conteggi di pedonalità hanno suggerito l'adeguamento del rating della via da AA a AAA, tanto che ancora prima dell'apertura di Nike (16 settembre 2014) via Torino era in grado di sviluppare una media di 11 milioni di passaggi all'anno con punte da 14, suddivisi tra residenti, clientela business, turisti e studenti.
Il profilo dei punti di vendita si è trasformato da negozi 'di rinforzo' in 'prima scelta', con un'offerta che va dal fast fashion al casual food.
Malgrado la via continui a essere attraversata da auto e mezzi pubblici, o forse proprio per questo, i grandi marchi hanno cominciato ad aprire flagship, soprattutto di moda giovane e veloce. Stanno arrivando ancore in ambito food (Magnum e Cioccolati Italiani) e sono ripartiti gli investimenti immobiliari, basti pensare alla completa ristrutturazione del nuovo palazzo Ras.
Se nel 2012 il vacancy rate era del 17%, oggi è sceso al 5%. E le unità vuote sono in larga misura oggetto di riqualificazione o in attesa di apertura. Gli affitti vanno da un minimo di 900 a un massimo di 2.500 euro. Il range aumenta se si passa a via Dante (1.500-2.600), corso Vittorio Emanuele (2.500-4.000) e piazza del Duomo (2.000-7.000).
Il lusso nei periodi di crisi resta una garanzia.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome