Centromarca: caratteristiche del trading down nel 2023

Il consumatore farà fatica ad assorbire più del 3% di inflazione. Nel caso di valori più elevati ci sarebbe contrazione dei volumi con ulteriore corsa verso il discount

Per il 2023 gli scenari ipotizzati dal convegno di Centromarca di Milano sono due. L’aspettativa è che i prezzi non scendano e continueranno a salire nella prima parte dell’anno per rientrare nella seconda parte. “Il primo senario è scenario con un’inflazione media annua del 3,5% e un secondo vicino al 7%. Il consumatore farà fatica ad assorbire più del 3%. Se si avverasse il primo ci sarebbe una tenuta; nel secondo caso ci sarebbe contrazione dei volumi con ulteriore corsa verso il discount, riduzione della pressione promozionale e aumento strategie di difesa”.

Come si è chiuso il 2022

A fronte di un aumento record del pil nel 2021 del 6,7% il 2022 ha segnato un arretramento con il forte rialzo inflattivo e il consumatore ha reagito con il trading down dopo anni di trading up. “Il 2022 si è chiuso con inflazione dell’offerta al 7,9% e della domanda (la misurazione dell’inflazione che il consumatore mette nel carrello operando delle scelte) del 7,4% -ha spiegato Angelo Massaro, managing director Italy Iri-. Il trading down si è espresso comprando nei discount, unico canale che cresce (anche l’ecommerce si è fermato), di oltre due punti, trainando anche la mdd, che vale per il 60% in questo canale. O facendo scelte di mix nel punto di vendita. Di fronte ad aumenti mai visti nel largo consumo ci saremmo però aspettati trading down maggiori: la domanda ha invece tenuto come dinamica dei volumi (-0,5%). Negli ultimi 3 mesi del 2022 i volumi sono però entrati in campo negativo” (anche se nel confronto con l’ultimo trimestre 2021 pesa la maggiore spesa in gdo perché il fuori casa non era ancora pienamente ripreso).

Cambiate le priorità

Un principio della fisica sostiene che a ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria. Si spiega forse così uno degli elementi sorprendenti di questa crisi ovvero la crescita del fuori casa, un effetto evidentemente delle restrizioni prolungate dei lockdown che hanno cambiato anche le scale valoriali. “Sui consumi sono cambiate le priorità, non si vuole rinunciare agli spazi di gratificazione, qualità. Non si rinuncia al fuori casa. Il viaggio diventa essenziale. Anche nel rapporto del lavoro, si mette al primo posto l’equilibrio tra occupazione e vita personale. Vengono premiate le aziende che fanno investimenti in welfare e sostenibilità che è collegata, nel percepito, alla qualità” ha spiegando Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos. La transizione permanente suscita aspettative positive di cambiamento ma genera ansia perché non si vede approdo e cosa produrrà.

Deterioramento del clima

Il Censis parla di malinconia sociale. “Le policrisi, o permacrisi, Covid, inflazione e crisi energetica, hanno prodotto un deterioramento del clima complessivo. C’è ancora un 20% preoccupato per il Covid e un 6% ritiene che il peggio debba ancora venire. Quattro cittadini su 10 (38%) sono pessimisti sulla situazione dell’Italia a sei mesi. Due su tre fanno fatica a far quadrare i conti e il 43% non si può permettere acquisti che vorrebbe fare. Eppure nel 2020-21 c’è stato incremento dei risparmi privati: 70 miliardi nel 2020 e 80 miliardi nel 2021. Più un “ansiolitico” che per investimenti futuri. Quale strategia? Abbandonare l’idea di evoluzione lineare: “Bisogna essere pronti a governare l’incertezza e cambiare la rotta: finita l’era della resilienza, siamo nell’era dell’agilità”.

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