Conad Centro Nord: focus sulle categorie

Tione Dao Conad
La cooperativa sta rivedendo la struttura acquisti per passare dal modello tradizionale basato sul fornitore (buyer) a quello più attuale orientato alla domanda (da Gdoweek n. 3/2017)

Attiva in Lombardia e nelle province di Reggio Emilia, Parma e Piacenza, Conad Centro Nord è una delle 8 cooperative associate al consorzio nazionale Conad. Associa 436 imprenditori con oltre 240 punti di vendita tra diretti e affiliati/associati con quota di mercato del 6,49%. La cooperativa sta riorganizzando la struttura acquisti per focalizzarla sul category management, per mettere al centro la categoria. Questo processo durerà per il prossimo biennio, come spiega Stefano Ferrari, vice direttore commerciale e marketing di Conad Centro Nord.

A quale modello organizzativo tende Conad Centro Nord?
Il modello organizzativo che si vuole portare avanti è quello che riunisce in un’unica figura il ruolo di buyer e category, per porre al centro della negoziazione la categoria, e non, come una volta, il fornitore. Il category avrà la responsabilità dei margini dei prodotti di una categoria ed è un processo ormai inevitabile perché legato al nuovo progetto assortimentale di Conad. L’aspetto positivo consiste in una struttura più leggera rispetto ad altri modelli organizzativi che separano l’attività di category da quella di buying, con una figura, quella del category, dallo sguardo più ampio e con più margini d’azione, e con attenzione prevalente alle vendite.

Che ruolo ha la marca del distributore?
La marca del distributore è prioritaria e fondamentale per costruire la categoria, perché l’assortimento fa parte della relazione con il cliente, ne è il punto di partenza, con ruolo economico e di distintività per l’insegna. Riteniamo questa nuova organizzazione molto più logica, anche perché questo approccio è già in atto da qualche anno a livello nazionale.

Qual è la gerarchia nella definizione degli assortimenti?
L’approccio per categorie è partito dalla Centrale:  l’assortimento Lcc è per il 70-75% definito su base nazionale, per il rimanente 25-30% su base locale, con differenze anche rilevanti a seconda delle categorie e tenendo in considerazione la possibilità di opportunità negoziali con l’industria. Nelle marche del distributore l’assortimento è omogeneo su tutto il territorio con scelte locali molto limitate: per esempio, i formati della pasta oppure il vino. Gli assortimenti sono definiti dalla Centrale in 4 declinazioni, corrispondenti ai canali Ipermercato, Superstore, Conad e City. La novità a livello locale è il passaggio da una gestione molto orientata al magazzino a una logica di vendita, quindi di punto di vendita con il nuovo progetto di Assortimento Obbligatorio a PuntoVendita.

In che cosa consiste quindi il ruolo del category?
Stiamo lavorando su 7 cluster assortimentali, o punti di vendita ideali, “spacchettando” l’assortimento definito a livello nazionale: per esempio, l canale Conad  (600 -1.500 mq), si divide a sua volta  in 3 tipologie: il ruolo del category consiste appunto nel definire e classificare quel 25-30% di quota locale dell’assortimento. I suoi strumenti sono le linee guida assortimentali della Centrale, le indicazioni strategiche e il patrimonio informativo di cui dispone; inoltre il category si interfaccia con un’altra funzione di recente costituzione e nella quale lavorano 3 addetti, quella dei planogrammi, utile perché le referenze trovino poi collocazione su un display coerente alle strategie espositive e linee guida definite. Il magazzino appena avviato sarà il risultato di tutti questi elementi, a favore di una maggiore omogeneità della rete. L’obiettivo è far evolvere il ruolo dei category, anche individuando un percorso mentale “comune, omogeneo” e strumenti operativi standard.

E la distintività?
Probabilmente è la sfida più complessa del progetto e dell’evoluzione richiesta ai category. La marca del distributore è il primo mezzo, ma distintività significa anche “asciugare” la parte mainstream del mercato, dove gli attori si sono moltiplicati solo per motivi tattici e non quindi indispensabili per il consumatore.  Mantenendo la leggibilità della scala prezzi occorre operare sui segmenti premium, che aggiungono valore e varietà all’assortimento, migliorando vendite e redditività dello scaffale.

Parliamo di prezzi e promozioni
La struttura assortimentale è assimilabile a un rombo con dimensione marginale di primo prezzo e premium price, e con la parte mainstream dominante; ma tende ad assumere la forma del triangolo, dove viene marginalizzato il primo prezzo (anche  in seguito alla politica Edlp basata sulle Private Label) e cresce il vertice cioè il segmento premium, che include le nuove tendenze di consumo. Alcune categorie andranno razionalizzate, altre ampliate. L’indirizzo strategico di Conad punta a ridimensionare la promozionalità, destinando risorse al posizionamento quotidiano. Anche le marche dovranno adeguarsi al percorso delle private label, passate dagli anni del “Bis” all’attuale claim “Bassi e Fissi”. È un percorso graduale rallentato dal fatto che mentre il continuativo viene letto dal consumatore nel medio termine, la diminuzione della promozionalità mostra immediatamente i suoi effetti sulle vendite.

Le conseguenze sulla contrattazione con l’industria?
Se il category dovrà massimizzare la resa economica degli spazi, in base al ruolo della categoria, puntando su vendita (categorie di traffico) e redditività (categorie di servizio), allora nella contrattazione la responsabilità del successo (o dell’insuccesso) di un prodotto ricadrà prevalentemente sull’industria, la quale, anche grazie a un rapporto più trasparente con la distribuzione, dovrà proporre prodotti che diano un valore aggiunto al distributore. Il percorso però è ancora lungo.

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