Intervista con Roger Botti: per la marca non basta la seduzione ci vuole il rituale

Il consumatore cambia e con lui cambiano i modi del processo, emotivo e razionale, che porta alla scelta del prodotto e all'atto di acquisto. “Si tratta di una tesi che potrebbe suonare lapalissiana -afferma Roger Botti direttore creativo di RobilantAssociati- se non fosse che, per via dello sviluppo dei media interattivi, il rapporto fra la marca e il consumatore ha subito una fortissima accelerazione verso situazioni inimmaginabili fino a pochi anni fa”.

Allude al fatto che il marketing ha puntato sulla visibilità dimenticando la credibilità?

La visibilità come must appartiene alla fase precedente a quella attuale. Prima una marca trasmetteva dei valori identitari che sembravano irrinunciabili. Cosa è cambiato? I prodotti sono diventati indifferenziati. Lo prova il fatto che, benché il consumatore sia abitudinario e conservatore nelle scelte, improvvisamente è diventato infedele verso le marche e le insegne. Una contraddizione apparente: in realtà continua a essere abitudinario, solo che con l'appiattimento dell'offerta considera ininfluente il valore della marca. Il prezzo rimane una variabile importante, ma in termini diversi rispetto ad anni fa: si usava dire infatti “chi più spende meno spende”. Ora invece si pensa “chi meno spende è sveglio e in gamba”. Guardiamo, per esempio, a come sono considerati nel loro entourage gli anziani che comprano singoli prodotti alle condizioni migliori qua e là nella gdo dopo aver letto tutti i volantini delle varie insegne: diventano degli opinion leader.

Quindi la marca deve reinventare i paradigmi della comunicazione?

Le aziende cercano comunque di lavorare sul valore della marca che, però, deve partire da valori di prodotto differenzianti, altrimenti è un lavoro del tutto inutile, compresi gli investimenti. Quando si disegna un nuovo pack la sua memorabilità, riconoscibilità, coerenza con la marca, continuano a essere paradigmi tutt'ora in essere. Tuttavia bisogna prestare attenzione al fatto che non basta più qualificare il prodotto in modo suggestivo, eroico, vincente, bensì occorre puntare soprattutto alla credibilità, per esempio mediante un uso appropriato della parte testuale che compare sul retro del pack. Lì il linguaggio è tecnico, adatto a descrivere aspetti nutrizionali e tecnico-scientifici, che si rivolgono alla parte razionale del consumatore. Sono informazioni utili, talvolta imposte dalla legge, che mirano alla parte innovativa dei consumatori, caratterizzati da un livello di consapevolezza molto più alto da quando usano il web. Navigano su internet per qualunque fesseria, leggono la confezione e vanno subito a controllare.

La credibilità diviene basilare e dipende dal livello d'informazioni disponibile ...

Dirò di più, è il retro del pack il key point. Non si tratta solo del suo ruolo, come rinforzo della credibilità del prodotto e quindi della marca, ma anche come link fra il pack fisico e il web che offre un prolungamento virtuale del pack. Entrambi questi oggetti sono interattivi al contrario dell'advertising che piove dall'alto in modo unidirezionale, ed è uguale per tutti, non personalizzabile. Il pack, invece, è sempre stato interattivo, lo apri, lo chiudi, lo usi, ci lavori. E il web lo è per definizione. L'interazione fra web e pack è un ambito su cui investigare, insostituibile quando si studia la comunicazione di un prodotto al fine di aumentare la credibilità. Se prima credibilità e visibilità viaggiavano insieme e bastava spendere in pubblicità, ora non si è nemmeno certi che investendo si ottenga visibilità.

Quindi non è più possibile costruire marche mito come Martini o Mulino Bianco?
I grandi brand sono grandi totem. Però creare un grande totem oggi è una mission impossible. Tutti i grandi miti si sono costruiti nel tempo e ora cercano di preservare il loro valore: ma se si parte da zero è costosissimo. Intendiamoci, se un azienda ha i mezzi può tentare l'impresa, ma non è detto che funzioni perché tutte le giovani generazioni, che preannunciano le caratteristiche dei consumatori di domani, non guardano la Tv generalista. Guardano solo le trasmissioni più dissacratorie, sulle Tv musicali, e per di più in multitasking, cioè scrivono un sms, mentre hanno aperto facebook e la Tv è accesa. Difficile che gli rimanga impresso qualcosa basato sulla comunicazione classica.

E come fare per intercettarli?

Bisogna ridimensionare gli obiettivi numerici con una segmentazione più precisa del target in gruppi e sottogruppi, sviluppando con essi una relazione di tipo interattivo. Le marche una volta avevano una posizione imperativa con la quale imponevano dall'alto prodotti e stili di vita. Ma una posizione imperativa significa una comunicazione sovraccarica, con destinatari che sono ormai stanchi. E la reazione più pronta viene proprio dai giovani che con il loro desiderio di autodeterminarsi finiscono per amare le posizioni “contro”. Questo, in termini di mercato, significa che cercano marche che dimostrano di parlare specificatamente a loro. Attenzione però: se si progetta di rivolgersi a loro non è un impresa facile, perché il loro linguaggio ha dialetti molto di nicchia. E se un adulto prova, invece, a usare il loro linguaggio senza conoscerlo a fondo, viene subito scoperto e trattato come un vecchio rimbambito. Esattamente lo stesso effetto che si ottiene quando le aziende si affacciano su Facebook. Come fare allora? Si tratta di riuscire a instaurare una relazione, del tipo uno a uno, dove non solo la marca non è imperativa, ma sono i giovani a sceglierla lasciando a loro anche spazi d'interazione, modifica, personalizzazione. In questo senso possono diventare molto generosi assumendo il ruolo di propalatori del messaggio al posto dei media.

Su cosa punterebbe quindi per far sì che un prodotto di marca si affermi?

I prodotti sono da guardare con un'ottica diversa perché possiedono molte altre caratteristiche potenziali rispetto a prima. Fra queste, la più interessante è il rituale di consumo che è determinante per costruire affezione. Se, infatti, un prodotto è in grado di realizzare una nuova ritualità di consumo, entra con forza nel nostro abitudinario ed è poi molto difficile annullarlo. In sintesi, ci vuole un prodotto in grado di proporre un rituale, rinforzato da una comunicazione non imperativa, ma interattiva, basata non solo sulla seduzione, ma su cose vere da raccontare e da verificare sul web. L'applicazione del rituale farà il resto.

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