Pastificio Amato: più garanzie ai lavoratori per evitare il crac

“La nostra famiglia si identifica con l'azienda e con il territorio, per cui avere a cuore la qualità significa interpretare lo spirito e lo stile di vita locale, con cui competere meglio a livello globale": così il Dg Giuseppe Amato jr, 36 anni, imprenditore di quarta generazione dopo il fondatore Antonio (1901-1979), dichiarava sei mesi fa a Gdoweekm@il (vedi n° 40, pag 19), in occasione dell'inaugurazione di una nuova linea di produzione, finalizzata ad aumentare la capacità produttiva del Pastificio Amato.
Peccato che l'azienda salernitana, che nell'arco degli ultimi 15 anni ha raggiunto la notorietà a livello nazionale -anche grazie ai rilevanti investimenti in comunicazione, e in particolare alla sponsorizzazione della Nazionale di calcio- sia oggi in liquidazione e stia addirittura rischiando il fallimento.

Oltre 100 milioni di euro di debiti
I debiti che gravano sul pastificio -in parte pare dovuti all'insolvenza
di alcuni distributori locali- ammonterebbero a oltre 100 milioni di
euro, ai quali si
aggiungerebbero i 35 vantati da vari istituti di credito (MPS, Banca
nazionale del lavoro e Banca Campania).
Respinte le offerte di
acquisizione avanzate da alcuni pastifici (tra i nomi fatti quelli di Garofalo e persino di Barilla)
interessati ad annettersi l'azienda -che oltre alla notorietà di marca
vanta appunto impianti produttivi di prim'ordine, un magazzino
all'avanguardia e un molino di proprietà- la proprietà ha accettato il
"salvagente" di 50 milioni di euro messo a disposizione
dall'imprenditore siciliano Giovanni Giudice -attivo nel settore
dei fertilizzanti e fornitore del pastificio- in cambio di un fitto
d'azienda che prevede anche il passaggio di proprietà del molino. Questo, unito a un piano di recupero dei 10 mln/euro di crediti e a un investimento di 7 mln/euro da parte della famiglia Amato, si sperava bastasse a scongiurare il fallimento.
Il piano industriale a 30 mesi presentato in questi giorni dalla
famiglia al Tribunale fallimentare per ottenere un concordato
preventivo, però, non ha convinto il giudice, che ha richiesto maggiori garanzie per i 140 dipendenti, da mesi in cassa integrazione
straordinaria. Il nostro auspicio è che si trovi una soluzione equa per le parti: in gioco c'è il destino di una storica aziende del made in Italy.

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